Lo splendido brano dei discepoli di Emmaus che la liturgia ambrosiana ci fa leggere in questa domenica che segue di
pochi giorni la solennità del l'ascensione che è stata celebrata giovedì, ci aiuta a capire molto bene cosa significa che
Gesù, il crocifisso, è risorto ed è asceso al cielo. Partiamo dalla prima parola, il crocifisso. Normalmente i condannati
a morte venivano uccisi o con la lapidazione o
con la decapitazione, mentre venivano crocifissi quelli che erano
ritenuti maledetti da Dio. Molti discepoli di Gesù, tra cui i due discepoli di Emmaus, avevano seguito Gesù perché
speravano, lo abbiamo letto, che fosse lui il Messia mandato da Dio a liberare gli ebrei dall'oppressione romana e a
guidare il popolo di Israele a conquistare il mondo. Gesù invece aveva insegnato tutto il contrario, addirittura
l’amore per i nemici, e che Israele non doveva conquistare niente perché il Regno di Dio viene quando gli uomini si
amano come fratelli. Ecco perché per Gesù fu chiesta la crocifissione dai capi del popolo, per paura che il suo
insegnamento attecchisse: chi avrebbe potuto continuare a credere in un uomo condannato alla pena dei maledetti
da Dio, pensare che fosse il Messia e addirittura il figlio di Dio? E infatti i due discepoli erano delusissimi e stavano
tornando al loro villaggio, Emmaus. Non è un caso che fosse un villaggio e nemmeno che si chiamasse Emmaus.
Quando nel Vangelo si parla di villaggio è per indicare una mentalità chiusa, non aperta alla novità. In più Emmaus
era il luogo dove anni prima c'era stata una grande vittoria degli ebrei sugli invasori greci. Quindi, tornare ad
Emmaus voleva dire: noi continuiamo a pensare Dio a modo nostro, e dunque ad aspettare un altro Messia, il Messia
potente, conquistatore. Guardate che questa cosa ci tocca da vicino. Anche noi facciamo fatica ad accettare che Dio
sia amore incondizionato e che l'unico suo volere sia che amiamo ogni uomo come nostro fratello. Noi vorremmo un
Dio potente che fa i nostri interessi e che ci libera dai nostri problemi. Ecco perché Gesù si mette con pazienza a
cercare di far capire a quei due uomini in che modo andavano interpretate le pagine della Bibbia che dicevano già
queste cose e li rimprovera dicendo che erano tardi di cuore, cioè testardi. Ma il Gesù che parlava con loro era il
risorto, ed essi non lo avevano riconosciuto. Perché? Eccoci alla seconda parola: risorto, risurrezione. Cosa vuol dire
che Gesù è risorto? Vuol dire che l'uomo Gesù di Nazaret è passato da una vita mortale a una vita immortale. Non
perché il suo cadavere nel sepolcro si è rianimato, ma perché ha assunto un corpo glorioso, spirituale, il corpo di Dio.
E perché? Perché Dio è amore, e allora chi in questa vita terrena ama come Gesù, risorge come Lui, perché è l'amore
a unirci a Dio già in questa vita, e quando il nostro corpo biologico sarà morto, noi continuiamo a vivere con un corpo
glorioso come quello di Gesù. Ecco perché è importante dire che ad essere risorto non è semplicemente Gesù di
Nazaret, ma Gesù il crocifisso, perché il crocifisso mostra che chi vive come Gesù non è maledetto da Dio, ma diventa
come Dio che si fa crocifiggere per noi. Ma questo corpo di Gesù risorto, come quello di tutti i nostri defunti che
sono come lui, noi non possiamo vederlo e toccarlo come io vedo voi e voi vedete me. Per questo i due discepoli non
lo riconoscevano. Dove lo possiamo incontrare? Lo abbiamo letto. Essi lo riconobbero allo spezzare del pane. In quel
momento, egli si rese invisibile. Certo, per dire: se vuoi sentire la voce di Gesù, ascolta la sua Parola; se vuoi toccarlo,
celebra l'eucaristia dove lui si rende presente come colui che si dona; se vuoi essere in comunione con lui e diventare
come Lui, vivi come lui, diventa anche tu pane che si spezza per gli altri. E cosi risorgiamo anche noi adesso. Infine
l'ultima parola, ascensione. Cosa vuol dire che Gesù, il crocifisso risorto, è asceso al cielo e siede alla destra del
Padre? Detto così sembra che Gesù sia seduto su un trono da qualche parte dell'universo accanto a un vecchio
signore con la barba. Invece abbiamo appena detto che non è così. Per comprendere cos'è l'ascensione dobbiamo
rifarci alla cultura del tempo, dove si pensava che Dio era lontano dagli uomini e stava in cielo, e gli uomini
naturalmente erano sulla terra. Pertanto tutto ciò che proveniva da Dio scendeva dall’alto, scendeva dal cielo,
mentre tutto quel che andava verso Dio saliva verso il cielo. Purtroppo lo pensiamo anche noi cristiani, quando
diciamo che Dio è in cielo e i nostri morti sono in cielo. Il cielo, nel linguaggio biblico, esprime la sfera divina, non la
volta celeste. Dire che Gesù è asceso al cielo è un modo ancora più intenso per dire che con la sua risurrezione Gesù
è entrato in pienezza nella condizione divina e quindi che quell'uomo che avevano condannato come un
bestemmiatore, era proprio il Signore. Seduto alla destra del Padre, poi, è un'espressione che si usava per indicare
che quando uno era seduto alla destra di un personaggio importante, come un re, voleva dire che riceveva il suo
stesso potere. Quindi, riferito a Gesù, significa che Gesù ha lo stesso potere del Padre, che è il potere dell'amore, il
potere di dare la vita eterna, di farci risorgere, di essere con lui per sempre, di essere con lui fin da adesso, e non
solo coi sacramenti, ma in ciascuno di noi con lo Spirito santo (ecco la Pentecoste che celebreremo domenica
prossima). Quindi l'ascensione di Gesù è un modo ancora più forte per spiegare cos'è la risurrezione, un modo
ancora più intenso per dirci che la morte non è qualcosa che ci allontana dagli uomini, ma una unione ancora più
intensa con Dio e con gli uomini. E Gesù continua a tornare, a venire, con i nostri piedi che fanno il suo stesso
percorso, con le nostre mani che vivono la sua carità verso i fratelli e con i nostri volti che esprimono la gioia di
sentirci abitati dall’amore di Dio.