C’è una bellissima parola che tiene unite le lettur
e di questa ultima domenica del tempo dopo il Marti
rio di san
Giovanni Battista, la parola accoglienza, ospitalit
à. La lettura racconta del profeta Elia che viene a
ccolto in casa da
una vedova, che era una donna pagana. Il salmo desc
rive l’amore di Dio che accoglie la preghiera di ch
i confida in lui.
Il brano della lettera agli Ebrei, che tocca divers
e
questioni che ora tralasciamo, è stato scelto per
la frase iniziale che
dice: non dimenticate l’ospitalità, alcuni pratican
dola hanno accolto degli angeli senza saperlo. E qu
i i riferimenti
sono ad Abramo quando accolse i tre i uomini alle q
uerce di Mamre, a Lot quando accolse due angeli nel
la sua casa,
alla madre di Sansone quando accolse l’angelo che l
e annunciò la nascita del figlio, a Tobia che accog
lie l’arcangelo
Raffaele che lo accompagna nel suo viaggio. La paro
la angelo significa messaggero che annuncia la Paro
la di Dio, e
indica dunque Dio stesso che si manifesta, che parl
a, che chiede di essere accolto. Il primo modo per
accogliere Dio è
quello di ascoltare la sua Parola. Quanto tempo nel
la vita dedichiamo per fare questo? Magari neanche
quando
siamo in chiesa dove la Parola di Dio viene letta e
alcuni dormono e altri non la capiscono e non fann
o nulla per
cercare di approfondirla. Vengono in mente le parol
e dell’Apocalisse, dove il Signore dice: Ecco, io s
to alla porta e
busso. E cosa succede a chi apre la porta e lo fa e
ntrare? Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre l
a porta, io verrò
da lui, cenerò con lui ed egli con me. Cosa vuol di
re questa frase? Ce lo spiega il Vangelo di oggi. G
esù manda i suoi
discepoli in missione. Ed è interessante. Noi pensi
amo che la missione sia andare a fare qualcosa per
qualcuno.
Invece Gesù manda i discepoli in missione per esser
e accolti. Chi li accoglie, accoglie lui. Non sono
i missionari a
dover portare l’acqua a chi non ce l’ha, ma sono qu
elli che li accolgono a dover dare ai missionari un
bicchiere
d’acqua fresca a loro. E’ forte questa cosa, non ce
ne rendiamo conto a sufficienza. Io vengo da te po
vero, senza
niente, così come sono, per quello che sono, e quin
di ti metto nella condizione di accogliermi non per
quello che ti
do, ma per quello che sono. Io chi sono? Sono figli
o di un Dio che è Padre. Se tu mi accogli così come
sono, e mi dai
da bere dell’acqua fresca, cosa succede? Che mi tra
tti come un fratello, e così tu accogli Gesù perché
diventi anche
tu, come lui, figlio di Dio. E io a mia volta accol
go te per quello che sei e ti dico: vedi chi siamo
noi? Figli amati di un
Dio che ci è Padre e che a sua volta ci ama come fi
gli perché noi ci amiamo come fratelli. Cenerò con
lui ed egli con
me. Ecco cosa vuol dire: che diventiamo tutti una c
osa sola col Signore. Dio tutto in tutti: il Regno
di Dio che si
realizza. Siate misericordiosi come il Padre, era l
a frase centrale del vangelo di domenica scorsa, ri
cordate?
Misericordioso è un aggettivo che significa che l'e
ssenza, la sostanza di Dio Padre, è che è Madre, p
erché la parola
ebraica misericordia si riferisce all'utero materno
, all'utero della madre che accoglie e da la vita.
Dio è perfetto a
differenza nostra, perché ci ama così, e noi divent
iamo come Dio se diventiamo misericordiosi come Lui
.
L’accoglienza, l’ospitalità, è la traduzione concre
ta della misericordia, del modo in cui Dio ci ama e
noi dobbiamo
imparare ad amare. Provate a pensare, nel concreto.
Il verbo greco che viene tradotto con accogliere s
ignifica sentire
e capire le parole dell’ospite, i suoi desideri e i
suoi bisogni, e dunque accoglienza significa ascol
to, compiacenza,
gentilezza, amicizia, stima. Mi vengono in mente le
bellissime parole che si dicono gli sposi nella ri
nnovata formula
del matrimonio. Non più: prendo te, ma accolgo te,
cioè ti ospito nella casa del mio cuore, ospito i t
uoi desideri e
bisogni, ti offro tutta la mia stima per quello che
sei così come sei. E’ così che ci accoglie Dio, ed
è così che dobbiamo
farci accogliere e accogliere gli altri. Questa è l
a missione della Chiesa e quindi di ciascuno di noi
. Nella Bibbia si
ripete spesso che Dio ama lo straniero, e Israele d
eve (è un comandamento) amare gli stranieri e i ri
fugiati che vi
arrivavano per trovarvi pace e lavoro in tempo di c
arestia o per fuggire persecuzioni e ostilità, perc
hé Dio per primo
ha amato Israele quando Israele ancora non era un p
opolo e quando era straniero in terra d’Egitto, com
e ama
ciascuno di noi quando gli diventiamo stranieri e n
emici coi nostri peccati, perdonandoci. Dunque chi
offende,
opprime, non rispetta lo straniero si pone al di fu
ori dell’alleanza, del retto rapporto con Dio. E qu
esto, vedete, non
sono io o papa Francesco a dirlo, ma Dio stesso. E
Dio lo ha detto facendosi lui povero e straniero pe
r essere accolto,
fin dalla sua nascita, e per lui e i suoi genitori
subito non vi fu accoglienza nelle case di Betlemme
. Nella sua vita
pubblica Gesù era uno straniero che chiedeva accogl
ienza e ospitalità presso amici, non aveva dove pos
are il capo, e
spesso veniva rifiutato. Ma rispondeva al rifiuto a
ccogliendo a sua volta tutti coloro che venivano da
lui, a partire da
coloro che Israele giudicava stranieri o peccatori.
Capite le ripercussioni politiche di questa parola
che oggi ci
raggiunge in un momento così epocale come quello ch
e stiamo vivendo? Ma senza andare troppo lontano, n
on
dimentichiamo come spesso sia difficile accogliersi
in famiglia, accogliere il vicino di casa, il coll
ega di lavoro, la
persona presente qui in chiesa di fianco alla quale
magari uno non si siede perché non la sopporta. Pe
r un discepolo
del Signore, nessuno è straniero e ogni uomo è frat
ello a prescindere da tutto, e come tale deve esser
e considerato e
trattato, perché è così che Dio tratta ciascuno di
noi. Altrimenti siamo fuori dalla comunione con Dio
, e fuori dalla
vita eterna. Questa cosa deve darci seriamente molt
o da pensare. Perché, ripeto, non sono io a dirlo e
neanche il
Papa.