lunedì 1 aprile 2024

30/03/24 VEGLIA PASQUALE

 PAROLE DI VITA

Quante parole abbiamo ascoltato questa notte. Parole di Dio e parole della Chiesa. Parole che, nel corso dei secoli, la Chiesa, cioè la comunità di coloro che hanno creduto e aderito a Gesù, ha tramandato e, raggiungendoci, vengono consegnate anche a noi. Parole di vita, in un mondo pieno di parole di odio, di vendetta, di prevaricazione, che diventano gesti e atti di guerra e violenza. Perciò, più che mai, avvertiamo l’urgenza di farci penetrare dalle Parole di vita che il Signore questa notte ci ha rivolto. Parole che non sono mai restate e non restano mai parole. Parole credibili, perché si sono realizzate e hanno cambiato radicalmente in meglio l’esistenza di chi le ha accolte, come ci testimoniano le vite dei santi e di tante persone che vivono accanto a noi, oltre a quelle defunte, anche se non sono state mai elevate all’onore degli altari. Sono parole di vita perché infondono, in chi le accoglie, la stessa vita di Dio, una vita immortale. Parole capaci di farci risorgere, non un giorno, chissà quanto tempo dopo la morte del nostro corpo, ma che ci fanno risorgere già adesso, se riescono a smuovere il nostro spirito e a sintonizzarlo con lo Spirito di Dio. E che danno il potere, a chi le accoglie, si fida di esse e le pratica, di capire che davvero Gesù è vivo, è risorto, perché siamo noi a sentirci risorti, vivi. La risurrezione della carne in cui crediamo, è tutto il nostro essere, la nostra persona, che lentamente si trasforma. Muore l’uomo vecchio e risorge l’uomo a immagine di Gesù: diventiamo uomini e donne come Dio ci ha da sempre pensato. San Francesco direbbe che diventiamo strumenti di pace, uomini e donne che portano amore dove c’è odio, che portano perdono dove c’è offesa, che portano unione dove c’è discordia, che portano fede dov’è c’è dubbio, che vivono nella verità dell’amore fraterno in un mondo che vive nell’errore di considerare l’altro un nemico da distruggere, parole che portano speranza dove c’è disperazione, che portano gioia dove c’è tristezza, che portano luce dove ci sono le tenebre, che cercano di comprendere i bisogni degli altri anteponendoli ai propri, che cercano di amare prima di essere amati, perché sanno che c’è un amore più grande, quello di Dio, che li precede. E, conclude san Francesco, che aveva capito tutto: chi vive così è già adesso risorto perché sperimenta sulla sua pelle che più si vive donando, più si riceve la vita stessa di Dio; che, se si perdona gli altri, vuol dire che il perdono ricevuto da Dio è stato efficace, altrimenti è servito a niente. Infine, che morendo si risuscita a vita eterna. Al punto che San Francesco chiamava la morte con l’appellativo di sorella, non di nemica, perché capisce che, uno che muore avendo vissuto da risorto, come Gesù, continua a vivere con lui e come lui per sempre. Speriamo di riuscire a capire anche noi tutte queste cose.