lunedì 3 febbraio 2014

Festa della presentazione di Gesù al tempio

Nella Festa di oggi contempliamo il Signore Gesù che Maria e Giuseppe presentano al tempio “per offrirlo al Signore”, per dedicarlo, consacrarlo a Lui. Cerchiamo anzitutto di capire il significato di questo rito che apparteneva alla tradizione religiosa degli ebrei. Maria e Giuseppe erano fedeli alla Legge di Mosè e con profonda devozione facevano tutto quello che era prescritto (domenica scorsa, per esempio, abbiamo letto che essi ogni anno, in occasione della festa di Pasqua, si recavano come era tradizione a Gerusalemme). Ebbene, la Legge di Mosè prevedeva che quando nasceva un bambino, dopo quaranta giorni la madre
doveva offrire al Signore sacrifici di animali, e se la donna era povera, poteva offrire due tortore o due colombi. Maria e Giuseppe offrirono il sacrificio dei poveri perché
appunto erano una famiglia di gente semplice, umile, ma molto credente. Invece il figlio primogenito maschio, che secondo la Legge di Mosè è proprietà di Dio, doveva essere offerto al Signore, per ricordarsi del fatto che, al tempo dell’Esodo, Dio risparmiò i primogeniti degli ebrei. E dunque Maria e Giuseppe salgono al tempio per presentare Gesù al Signore. Ma Gesù stesso è il Signore. E così si realizza la profezia di Malachia che abbiamo ascoltato nella lettura: entrerà nel suo tempio il Signore. Gesù è il vero tempio nel quale abita il Signore, perché Dio abita in Lui (chi vede me vede il Padre, dirà Gesù), e per questo l’incontro con Gesù è fonte di salvezza. Salvezza per tutti i popoli della terra, per chiunque. Esultate, o nazioni, insieme al suo popolo, diceva san Paolo nell’epistola. Parole ripetute dal vecchio Simeone che mentre tiene in braccio Gesù esclama: questo bambino è la salvezza per tutti i popoli e la luce con la quale tu ti riveli alle genti. Festa di luce è dunque quella di oggi: ecco perché si benedicono le candele ed è detta candelora. Gesù cominciò ad essere luce dal momento della sua nascita. Non dimentichiamo quando disse di sé: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Quanto è stato crocifisso «si fece buio nella terra», ma il terzo giorno queste tenebre hanno ceduto il posto alla luce della risurrezione. Gesù è colui che illumina il buio delle nostre anime umane, le tenebre dell’esistenza, quando cerchiamo la risposta alle domande fondamentali della vita. Quante oscurità ci sono dentro di noi. E allora è bello che ognuno di noi si domandi se davvero Gesù è luce che illumina la vita e in che modo Gesù illumina la vita. E la risposta ognuno la può trovare nella riflessione e nel silenzio della preghiera personale. E credo che sia molto bello il collegamento che c’è tra Gesù luce del mondo e la giornata per la Vita Consacrata e la giornata in difesa della vita umana che oggi celebriamo, e per questo vorrei proporvi tre brevissime riflessioni. La prima. Vi sono nella Chiesa uomini e donne che come Simeone e Anna consacrano la loro vita al Signore, sull’esempio di Gesù che presentato al tempio consacra la sua vita al Padre, fino alla morte. Consacrare vuol dire dedicare, dedicarsi: dedicare totalmente la propria vita al Signore, facendo di Dio l’unico proprio bene, attraverso quelli che si chiamano “voti” di castità, di povertà e di obbedienza, i voti che fanno i frati e le suore (non parlo dei preti perché, anche se i preti sono dei consacrati, questi voti hanno un valore diverso da quelli dei frati e delle suore, ma siccome è un argomento complesso, lo tralascio). Bene, i consacrati scelgono di vivere senza sposarsi, avendo Gesù come unico sposo; di vivere senza possedere personalmente dei beni materiali, avendo Dio come unico bene; di vivere cercando di obbedire al vangelo e basta. In questo modo diventano per tutti gli altri cristiani luce che ci illumina. Perché con la loro vita e attraverso queste scelte ricordano a tutti che Dio è al primo posto, che seguire Gesù è la cosa più importante, che ubbidire al vangelo e fare la volontà di Dio è fonte di salvezza, che dedicare la vita alla preghiera e all’amore dei fratelli, di tutti i fratelli, e non solo della moglie, del marito o dei figli, è motivo di gioia. Guardando le persone consacrate noi dovremmo vedere questa luce divina riflessa in loro. Ma siccome anche i consacrati sono uomini e donne fatti di carne, e non sono angeli, dobbiamo pregare per loro, perché custodiscano sempre nel cuore questa luce così da diffonderla nella vita. Seconda riflessione per capire in che modo Gesù è la luce che illumina. I miei occhi hanno visto la tua salvezza, dice Simeone nella sua preghiera. Gesù mi fa vedere che Dio è Padre che mi indica la strada da seguire perché la mia vita sia bella, vera, autentica e col suo amore mi perdona ogni volta che non la percorro, per darmi la possibilità di rialzarmi. E questo non vale solo per i frati e le suore, perché tutti noi siamo stati consacrati a Dio quando i nostri genitori ci hanno presentato per essere battezzati. Vuol dire che non ci sono cristiani di serie A e cristiani di serie B. E allora non sono solo i frati e le suore o anche i preti chiamati ad essere veri cristiani, cristiani di serie A, come si pensa normalmente. Un consacrato che non che non vive bene la sua vocazione, che non vive da illuminato, sbaglia nello stesso modo in cui sbaglia qualunque cristiano battezzato che non vive bene il suo battesimo, né più né meno. Guardate che questa cosa è molto importante da capire. Tutti dobbiamo aiutarci perché nessuno è perfetto. Il cristiano perfetto non esiste. O meglio, non esiste nel modo che intendiamo noi, cioè senza peccato. Il cristiano perfetto esiste, ed è colui che riconosce di non essere perfetto, di essere peccatore, di avere bisogno della misericordia e del perdono di Dio, che Dio ci ama sempre a prescindere dai nostri peccati. Per questo è venuto a salvarci. E infine, ultima riflessione, se Gesù è luce che ci fa vedere che Dio è dentro ciascuno di noi col suo Spirito, vuol dire che ogni uomo e ogni donna sono preziosi, sono unici, sono figli di Dio e quindi sono nostri fratelli. Non importa il colore della pelle, non importa che siano ricchi o poveri, e nemmeno che siano santi o assassini. Non importa che siano ancora nella pancia della mamma o siano gravemente malati. Anzi, proprio quelli più indifesi, come i bambini che sono ancora nel grembo materno o i malati gravi, sono coloro che vanno maggiormente difesi, tutelati e curati. Invece, una certa cultura che poi si riversa nelle scelte politiche, crede che sia un segno di civiltà e di progresso considerare queste persone non come persone, ma come problemi, ritenendo che il modo migliore per risolverli sia quello di ucciderli, con l’aborto o con l’eutanasia. E, ripeto, questa cultura che è contro la vita e contro il vangelo, dobbiamo stare attenti che non siamo proprio noi cristiani a diffonderla. Sarebbe interessante, a riguardo, se adesso ci mettessimo, come nei talk-show televisivi, a metterci a discutere per vedere come ognuno di noi qui presente in chiesa la pensa su questi temi, e le sorprese non mancherebbero, purtroppo. Così come la si pensa sui carcerati, sugli immigrati, su come si educa in famiglia al rispetto di ogni persona, e così via. Se davvero il vangelo è luce che ci illumina, dobbiamo chiedere al Signore che almeno noi che col Battesimo siamo stati presentati a lui, consacrati a lui, cerchiamo di lasciarci illuminare da questa luce e quindi di compiere ogni giorno delle scelte che siano sempre a difesa della dignità di ogni persona.