lunedì 29 aprile 2024

28/04/24 V DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)

Le letture di domenica scorsa erano corte e semplici, mentre quelle di oggi sono lunghe e piuttosto difficili. Spiegarle in modo adeguato richiederebbe troppo tempo, perciò vi propongo una semplice riflessione che ruota intorno a una parola che compare 9 volte in queste letture, la parola “gloria”. Nel 

domenica 21 aprile 2024

21/04/24 IV DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)

Vorrei proporvi tre brevi riflessioni sulle tre letture di oggi, rileggendole a partire da quanto scrive il Papa nel suo messaggio in occasione di questa giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Parto dal vangelo, dove Gesù dichiara che le sue pecore ascoltano la sua voce e lo 

lunedì 15 aprile 2024

14/04/24 III DOMENICA DI PASQUA (ANNO B)

Le letture di questa domenica non sono facili. Mi limito a spiegare alcune frasi, soprattutto del Vangelo, che se vengono capite bene, cambiano radicalmente il nostro modo di vedere le cose, altrimenti se vengono fraintese, come accade normalmente, provocano disastri. Ai suoi discepoli scoraggiati per ciò 

domenica 7 aprile 2024

7/04/24 II DOMENICA DI PASQUA

INTRO

Si conclude oggi l’ottava di Pasqua, un’unica grande domenica, cominciata domenica scorsa e che finisce oggi. Nell’antichità, quelli che avevano ricevuto il Battesimo la notte di Pasqua, tenevano addosso per otto giorni le vesti bianca, albis in latino, e in questa domenica le toglievano, le 

lunedì 1 aprile 2024

31/03/24 DOMENICA DI PASQUA

Ieri sera, con la proclamazione della risurrezione di Gesù nella veglia pasquale, siamo entrati nell’Ottava di Pasqua. Liturgicamente, la Pasqua non finisce stasera. Domani non è “pasquetta”. Il lunedì dell’Angelo non è una “piccola pasqua”, ma è il secondo giorno dell’Ottava di Pasqua, a cui 

30/03/24 VEGLIA PASQUALE

 PAROLE DI VITA

Quante parole abbiamo ascoltato questa notte. Parole di Dio e parole della Chiesa. Parole che, nel corso dei secoli, la Chiesa, cioè la comunità di coloro che hanno creduto e aderito a Gesù, ha tramandato e, raggiungendoci, vengono consegnate anche a noi. Parole di vita, in un mondo pieno di parole di odio, di vendetta, di prevaricazione, che diventano gesti e atti di guerra e violenza. Perciò, più che mai, avvertiamo l’urgenza di farci penetrare dalle Parole di vita che il Signore questa notte ci ha rivolto. Parole che non sono mai restate e non restano mai parole. Parole credibili, perché si sono realizzate e hanno cambiato radicalmente in meglio l’esistenza di chi le ha accolte, come ci testimoniano le vite dei santi e di tante persone che vivono accanto a noi, oltre a quelle defunte, anche se non sono state mai elevate all’onore degli altari. Sono parole di vita perché infondono, in chi le accoglie, la stessa vita di Dio, una vita immortale. Parole capaci di farci risorgere, non un giorno, chissà quanto tempo dopo la morte del nostro corpo, ma che ci fanno risorgere già adesso, se riescono a smuovere il nostro spirito e a sintonizzarlo con lo Spirito di Dio. E che danno il potere, a chi le accoglie, si fida di esse e le pratica, di capire che davvero Gesù è vivo, è risorto, perché siamo noi a sentirci risorti, vivi. La risurrezione della carne in cui crediamo, è tutto il nostro essere, la nostra persona, che lentamente si trasforma. Muore l’uomo vecchio e risorge l’uomo a immagine di Gesù: diventiamo uomini e donne come Dio ci ha da sempre pensato. San Francesco direbbe che diventiamo strumenti di pace, uomini e donne che portano amore dove c’è odio, che portano perdono dove c’è offesa, che portano unione dove c’è discordia, che portano fede dov’è c’è dubbio, che vivono nella verità dell’amore fraterno in un mondo che vive nell’errore di considerare l’altro un nemico da distruggere, parole che portano speranza dove c’è disperazione, che portano gioia dove c’è tristezza, che portano luce dove ci sono le tenebre, che cercano di comprendere i bisogni degli altri anteponendoli ai propri, che cercano di amare prima di essere amati, perché sanno che c’è un amore più grande, quello di Dio, che li precede. E, conclude san Francesco, che aveva capito tutto: chi vive così è già adesso risorto perché sperimenta sulla sua pelle che più si vive donando, più si riceve la vita stessa di Dio; che, se si perdona gli altri, vuol dire che il perdono ricevuto da Dio è stato efficace, altrimenti è servito a niente. Infine, che morendo si risuscita a vita eterna. Al punto che San Francesco chiamava la morte con l’appellativo di sorella, non di nemica, perché capisce che, uno che muore avendo vissuto da risorto, come Gesù, continua a vivere con lui e come lui per sempre. Speriamo di riuscire a capire anche noi tutte queste cose.


29/03/24 VENERDI' SANTO

 LA DISCESA AGLI INFERI

Nel corso della sua vita pubblica, Gesù fece tanti discorsi, tutti belli, ma nessuno, neanche i suoi discepoli, erano riusciti a capire chi fosse davvero quell’uomo; aveva guarito tante persone, ma lo avevano scambiato per uno dei tanti guaritori; aveva operato molti prodigi, e lo avevano addirittura sospettato e accusato di stregoneria. Ma proprio l’ultimo giorno della sua vita, inchiodato al patibolo dei maledetti da Dio, agonizzante da non riuscire a parlare, moribondo da non poter guarire, debole e sfinito da non essere in grado di manifestare la potenza di Dio, finalmente qualcuno capisce chi è. E Gesù l’aveva predetto. Visto che i discorsi, le guarigioni, i prodigi erano stati inutili, un giorno disse: “Quando avrete innalzato il figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono” (Gv 8,28). La fantasia degli uomini non sarebbe mai giunta a tanto. Dio, se è Dio, si deve manifestare nella potenza, magari con qualche fulmine o terremoto. Invece, con Gesù, Dio si manifesta nel modo più lontano che gli uomini potessero immaginarsi: un uomo agonizzante, inchiodato su un patibolo. L’epifania suprema di Dio è un uomo agonizzante sulla croce. E, proprio “avendolo visto spirare in quel modo”, qualcuno finalmente capisce che Dio è quell’uomo sulla croce. Non lo capirono i suoi familiari, i suoi discepoli, tantomeno i sacerdoti e le persone pie, ma alcuni soldati romani, dei pagani, che dicono: “Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio!”. Come fecero a capirlo? Come arrivarono a questa conclusione? Erano uomini pratici di esecuzioni capitali, ne avevano viste ed eseguite tante. Ma questa volta, videro un uomo che, circondato da un'atmosfera satura di odio, tradito e abbandonato da tutti, sputacchiato e deriso, insultato e malmenato, aveva solo e unicamente risposte d'amore. Un uomo che, nello strazio dell’agonia, era capace di dimostrare che il suo amore non era stato vinto dall’odio, e continuava a manifestarlo. Un uomo capace di morire così, di dare la vita per gli altri, che usava il linguaggio universale dell’amore, comprensibile da tutti, credenti e non credenti, l’unico linguaggio che permette di comprendere ciò che è Dio e ciò che non lo è. Gesù è davvero Dio, perché parla l’unico linguaggio di Dio, che è l’amore. Un amore capace di vincere anche la morte. Infatti, scrive l’evangelista, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Solo Matteo racconta questa scena, assai misteriosa. Cosa vuole dirci l’evangelista? Vuole descriverci quella verità di fede che poi la Chiesa avrebbe inserito nel Credo apostolico quando, dopo aver detto che Gesù fu crocifisso e sepolto, anche noi oggi proclamiamo che “discese agli inferi”. E la Chiesa, Sposa di Cristo, da questo momento, fino a domani sera prima dell’inizio della grande veglia pasquale, entra nel secondo giorno del Triduo pasquale, dove contempla, appunto, la “discesa agli inferi” di Gesù. Cosa significa questa verità di fede? Prima di tutto: gli inferi non sono l’inferno, ma indicano il regno dei morti, dove gli ebrei credevano che finissero le anime dei morti in attesa di risorgere. La sepoltura di Gesù è forse ancora più importante della sua morte, perché, in quel modo, è morto solo Gesù, ma nel sepolcro ci finiamo tutti, quindi, nel sepolcro, Gesù diventa come tutti noi diventeremo e nessuno vuole diventare. Nel sepolcro, Dio incontra tutti gli uomini, di ogni tempo, perché tutti siamo mortali. E li incontra per tirarli fuori, per farli risorgere, per mostrare che la morte è solo del corpo, come quella di Gesù. A morire e ad essere sepolto è il corpo di Gesù, non il suo Spirito divino, e questo vale per tutti i santi morti che sono nei sepolcri. “Santi” erano chiamati i primi cristiani, coloro che avevano aderito a Gesù. Ma, siccome aderire a Gesù vuol dire praticare l’amore verso il prossimo, questo vale per ogni uomo e donna di ogni tempo, anche per chi Gesù non l’ha mai conosciuto o per chi non ha creduto in Lui, ma ha vissuto nell’amore. Ecco la gioiosa notizia: per coloro che hanno vissuto così la loro vita, il regno degli inferi, cioè la morte, è solo del corpo. Essi continuano la loro esistenza, con Gesù e come Gesù, in un altro modo. E dove si trovano? Matteo non scrive “a Gerusalemme”, ma nella città santa, che rappresenta la Gerusalemme celeste, la piena comunione con Dio. E’ così, dunque, che dobbiamo vedere la morte, anche dei nostri cari, se nella vita terrena hanno vissuto anche solo una briciola dell’amore del Signore. Essi non sono scomparsi o mancati all’affetto dei loro cari come, purtroppo, continuo a leggere negli annunci funebri, ma sono già risorti, sono vivi, trasformati completamente in Dio, e sono qui con noi, insieme a Gesù a lodare e ringraziare il Dio che chiama tutti a vivere per sempre, se però impariamo a risorgere già adesso, cioè ad accogliere lo Spirito dell’amore che vince la morte e che Gesù spira, soffia, nel momento supremo della sua morte.


28/03/24 GIOVEDI' SANTO

 LA NOTTE DEL FALLIMENTO