PAROLE DI VITA
Quante parole abbiamo ascoltato questa notte. Parole di Dio
e parole della Chiesa. Parole che, nel corso dei secoli, la Chiesa, cioè la
comunità di coloro che hanno creduto e aderito a Gesù, ha tramandato e,
raggiungendoci, vengono consegnate anche a noi. Parole di vita, in un mondo
pieno di parole di odio, di vendetta, di prevaricazione, che diventano gesti e
atti di guerra e violenza. Perciò, più che mai, avvertiamo l’urgenza di farci
penetrare dalle Parole di vita che il Signore questa notte ci ha rivolto.
Parole che non sono mai restate e non restano mai parole. Parole credibili,
perché si sono realizzate e hanno cambiato radicalmente in meglio l’esistenza
di chi le ha accolte, come ci testimoniano le vite dei santi e di tante persone
che vivono accanto a noi, oltre a quelle defunte, anche se non sono state mai elevate
all’onore degli altari. Sono parole di vita perché infondono, in chi le
accoglie, la stessa vita di Dio, una vita immortale. Parole capaci di farci
risorgere, non un giorno, chissà quanto tempo dopo la morte del nostro corpo,
ma che ci fanno risorgere già adesso, se riescono a smuovere il nostro spirito e
a sintonizzarlo con lo Spirito di Dio. E che danno il potere, a chi le
accoglie, si fida di esse e le pratica, di capire che davvero Gesù è vivo, è
risorto, perché siamo noi a sentirci risorti, vivi. La risurrezione della carne
in cui crediamo, è tutto il nostro essere, la nostra persona, che lentamente si
trasforma. Muore l’uomo vecchio e risorge l’uomo a immagine di Gesù: diventiamo
uomini e donne come Dio ci ha da sempre pensato. San Francesco direbbe che
diventiamo strumenti di pace, uomini e donne che portano amore dove c’è odio,
che portano perdono dove c’è offesa, che portano unione dove c’è discordia, che
portano fede dov’è c’è dubbio, che vivono nella verità dell’amore fraterno in
un mondo che vive nell’errore di considerare l’altro un nemico da distruggere, parole
che portano speranza dove c’è disperazione, che portano gioia dove c’è
tristezza, che portano luce dove ci sono le tenebre, che cercano di comprendere
i bisogni degli altri anteponendoli ai propri, che cercano di amare prima di
essere amati, perché sanno che c’è un amore più grande, quello di Dio, che li
precede. E, conclude san Francesco, che aveva capito tutto: chi vive così è già
adesso risorto perché sperimenta sulla sua pelle che più si vive donando, più si
riceve la vita stessa di Dio; che, se si perdona gli altri, vuol dire che il
perdono ricevuto da Dio è stato efficace, altrimenti è servito a niente.
Infine, che morendo si risuscita a vita eterna. Al punto che San Francesco
chiamava la morte con l’appellativo di sorella, non di nemica, perché capisce
che, uno che muore avendo vissuto da risorto, come Gesù, continua a vivere con
lui e come lui per sempre. Speriamo di riuscire a capire anche noi tutte queste
cose.