domenica 25 maggio 2014

VI di Pasqua


Il vangelo di oggi è il seguito di quello di domenica scorsa e inizia con questa frase: vi dico tutte queste cose mentre sono ancora presso di voi. Sono le cose dette da Gesù e riportate dal vangelo di Giovanni nei capitoli immediatamente precedenti i racconti della passione, e quindi sono un po’ come il testamento di Gesù. E di cosa ha parlato Gesù in tutta la sua vita quando ha dimorato presso di noi? In quei trentatre anni in cui è stato al mondo? Con gesti, segni e parole ci ha spiegato chi è Dio veramente. Che Dio non è quello che pensano gli uomini. Non è un giudice di cui aver paura pronto a punirci se sgarriamo; non è uno da tenere buono sennò si arrabbia; non è nemmeno il mago che ci risolve i problemi o non ce li fa venire. Dio è onnipotente, ma la sua
potenza è l’amore. E Dio è amore perché è fatto da tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo che si amano tra di loro. Gesù è il Figlio che è venuto a rivelarci l’amore del Padre che ama tutti noi che siamo suoi figli nel modo in cui ama suo Figlio Gesù. E se Dio è amore e noi siamo creati a sua immagine, ecco perché noi possiamo vivere una vita autentica solo sentendoci amati e amando a nostra volta, ma non amando a modo nostro, ma amando gli altri come Gesù ha amato noi. Il peccato è pensare che Dio non è Padre, che noi non siamo figli, e quindi trattare gli altri non come fratelli. Dio ci ama cancellando questo peccato sulla croce: ogni volta che noi non amiamo e mettiamo gli altri sulla croce, stiamo mettendo Dio sulla croce, ed egli dalla croce ci perdona e torna ad unirci a Dio, perché la sua volontà non è la nostra distruzione, ma che noi possiamo vivere una vita vera, e una vita vera, abbiamo detto, è possibile solo se sentiamo che Dio è Padre, che noi siamo figli e che gli altri sono nostri fratelli. Dio, perciò, desidera essere amato, ma non perché sia un egocentrico, bensì perché solo amandolo noi veniamo inondati dell’amore che unisce il Padre e il Figlio e impariamo così ad amare a nostra volta gli altri come Gesù ama noi, capaci a nostra volta di farci servi gli uni degli altri, di perdonare, di dare la vita, di prenderci cura, e così via, cose tutte che sarebbero umanamente impossibili se noi non ricevessimo da Dio questa forza. E di fatto, quando non ci riusciamo, è perché pensiamo Dio in un altro modo e anziché ascoltare la sua Parola, anziché restare nel suo amore, anziché pregare per chiedere al Padre di diventare come Gesù, anziché venire a Messa per lasciarci mangiare dall’amore del Signore così che uscendo di qui possiamo anche noi diventare pane che si spezza per gli altri, cosa facciamo? Chiediamo a Dio altre cose. O perché non abbiamo capito questi concetti basilari e perché continuiamo a pensare Dio a modo nostro, oppure perché alla fin fine ci sembra che chiedere queste cose non sia conveniente, che vivere come Gesù non sia conveniente. In entrambi i casi, se ci pensate, vuol dire che in sostanza, ragionando così, pur venendo a Messa, siamo atei, senza Dio. E il bello, si fa per dire, è che magari poi giudichiamo quelli che in chiesa non ci vengono. Ecco, queste sono le cose che Gesù ci ha detto nella sua vita. Ma non le ha dette soltanto. Le ha realizzate sulla croce. Se prima era con noi e presso di noi, o meglio, con quelli che lo hanno visto, dal momento della sua morte e risurrezione, donandoci lo Spirito santo, che è l’amore che unisce il Padre e il Figlio, il Dio d’amore è dentro di noi, per cui da quel momento è ancora più vicino, ed è vicino a tutti coloro che non l’hanno visto. Altro che lontano, Dio è dentro di noi con lo Spirito santo, cioè con la forza del suo amore, l’unica forza che ci rende capaci, se ce ne rendiamo conto, di vivere tutte queste cose, perché lo Spirito, lo abbiamo letto, ce le continua ad insegnare e a ricordare. Noi che viviamo scentrati, lasciandoci prendere dal vortice degli eventi, dovremmo imparare il gusto del silenzio, nel quale rientrare in noi stessi per entrare in contatto con la presenza di Dio in noi soffocata dai mille nostri pensieri. Questo contatto ci trasformerebbe. E questa è la preghiera nella sua forma più pura. I frutti quali sono? Lo dice Gesù, lo abbiamo appena letto: la pace e la gioia. Se sono inquieto, non ho gioia e vivo male, è perché non sono in contatto con lo Spirito dell’amore di Dio che è in me, perché la pace e la gioia ci sono solo nell’amore. Ma la pace che dona lo Spirito non è l’intervallo tra una guerra e l’altra, quella del mondo, che resiste fino a quando il più forte riesce a dominare i più deboli. Non è nemmeno la pace di chi rimane impassibile di fronte ai disastri. Ma è la pace di chi sa che l’amore è più forte del male e della morte. Di chi sa di non essere solo neanche nelle tempeste, perché Dio ci raggiunge nelle tempeste. Di chi sa che l’amore di Dio è eterno, per cui restando nel suo amore, anche se soccombo nelle tempeste, la morte fisica diventa la porta dell’incontro col Padre, perché Gesù stesso è entrato nella morte, e quando noi entriamo nel sepolcro lui è lì a tirarci fuori, a farci risorgere. Perché lui è andato nella morte a preparare il posto anche per noi. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché è proprio andando in croce che egli entra in noi col suo Spirito. Noi, celebrando l’eucaristia, ringraziamo e abbiamo la gioia che nasce dalla certezza assoluta del suo amore. Ora, dette tutte queste cose che sono fondamentali perché toccano il cuore della nostra fede, vorrei tirare due conseguenze che possano aiutarci a vivere con lo spirito giusto, cioè con lo Spirito santo, i prossimi giorni così intensi segnati dall’arrivo della Madonna pellegrina di Fatima. Maria è davanti a noi come una di noi, come la creatura che tutte queste cose le ha vissute e sperimentate in prima persona. In Maria si realizza il disegno di amore che Dio ha su ciascuno di noi. E allora perché noi dobbiamo pregarla? Perché si realizzi anche in noi questo disegno. Questa è la vera devozione mariana. Quando qualcuno mette Maria al posto di Gesù, la trasforma in una dea, e infatti si rivolge a lei come se fosse Dio, uguale al modo di pensare Dio che hanno tutti i miliardi di uomini e di donne che non sono cristiani e che lo chiamano soltanto in un modo diverso dal nostro, il Dio che ci fa le grazie che vogliamo noi, e non vero Dio che ci ha rivelato Gesù, al quale come grazia, abbiamo detto, dobbiamo chiedere di dimorare nel suo amore per vivere come figli e fratelli così da avere la pace del cuore. Seconda conseguenza. Se è lo Spirito santo a ricordarci l’amore di Dio, e san Paolo nell’epistola di oggi diceva come questo Spirito ci fa conoscere il pensiero di Cristo, vuol dire che la Madonna apparsa a Fatima o da altre parti, non può essere lei a dirci cose nuove, e allora una devozione mariana che cerca nuovi segni, prodigi o nuove rivelazioni, è una devozione che non ha nulla di cristiano. Al contrario, se la Madonna è la dimora perfetta dello Spirito santo, alla Madonna devo rivolgermi chiedendole di aiutarmi a ricordare e vivere le cose che Gesù ci ha detto e continua a dirci col suo Spirito. Insomma, stiamo attenti a vivere in modo autentico la devozione a Maria, perché se Maria è la via più semplice che il Signore ci ha dato per aiutarci ad arrivare a lui, c’è il grande rischio che diventi la via più facile che invece ci porta da tutt’altra parte, pensando invece di essere nella via giusta. Oltre il danno, la beffa.