Le domeniche dopo Pentecoste, nel rito ambrosiano,
ci fanno ripercorrere da Adamo ed Eva in avanti gli
eventi
principali della storia della salvezza così come vi
ene raccontata dalla Bibbia, per scoprire ogni volt
a in che modo Gesù
ha realizzato, compiuto, spiegato le pagine dell’An
tico Testamento. Per cui le letture sono tra di lor
o collegate ed è
sempre dalla prima lettura che bisogna partire per
individuare il tema di ogni domenica. E il brano di
oggi è molto
famoso, però occorre interpretarlo bene, come del r
esto tutti i racconti dei primi undici capitoli del
libro della
Genesi, che ho giusto spiegato negli incontri di ca
techesi degli adulti di quest’anno. Per farla breve
: Caino e Abele,
come Adamo ed Eva, non sono singoli personaggi stor
ici, ma rappresentano tutti e ciascuno di noi: la l
oro storia è la
nostra storia. Il peccato di Adamo ed Eva letto dom
enica scorsa qual è? Fuggire da Dio, pensarlo come
nemico della
gioia e non come Padre, essere noi a decidere il be
ne e il male, facendo diventare bene il male e male
il bene. Qual è
la conseguenza? Che facendo così diventiamo come Ca
ino: se Dio non è un Padre che ci vuol bene come fi
gli e io lo
fuggo, di conseguenza Abele non è mio fratello, e q
uesto genera odio, guerra, violenza, prevaricazione
, omicidi.
Abele, il cui nome “hebel”, in ebraico, significa s
offio, alito di vita, rappresenta la vita umana che
è fragile e
transitoria e soccombe davanti alla forza e alla vi
olenza del più forte. Di lui nel breve brano della
lettera agli Ebrei si
dice che per la fede offrì a Dio un sacrificio più
prezioso di quello di Caino, e nel capitolo success
ivo a quello che
abbiamo letto viene addirittura paragonato a Gesù,
l’uomo giusto per eccellenza che viene ucciso sulla
croce. Invece
Caino è presentato come esempio da non imitare. Ma
perché Dio gradisce l’offerta di Abele e non quella
di Caino,
scatenando così la sua ira nei confronti di Abele?
A quei tempi, come presso molti popoli primitivi, l
e offerte e i
sacrifici venivano fatti per ottenere la benedizion
e di Dio. Nonostante questo, poi c’erano persone a
cui le cose
andavano bene e quelli a cui andavano male. E allor
a, coloro a cui le cose andavano male, pensavano ch
e le loro
offerte non fossero state gradite al Signore. Anche
oggi noi spesso viene da ragionare come Caino quan
do le cose
vanno male, come vedete ci siamo dentro tutti. Cain
o vede il benessere di suo fratello, è invidioso e
si chiede: perché
a lui va tutto bene e a me va tutto storto? Evident
emente Dio mi sta castigando perché i miei sacrific
i non gli sono
graditi. Vado a Messa, prego, faccio il bene, e poi
guarda cosa mi succede. Ecco l’errore di fondo. Cr
edere che queste
cose siano dei sacrifici e dei piaceri che noi facc
iamo a Dio e per i quali egli ci debba pagare. Se n
on ci paga o è
perché non sono sufficienti o è perché Dio è cattiv
o, per cui molti perdono poi la fede. Perché si dim
entica che è
esattamente il contrario: celebrare i sacramenti e
compiere il bene non sono favori e dei sacrifici ch
e facciamo a Dio
per ottenere qualcosa, ma sono l’unico modo per res
tare nel suo amore, per vivere una vita vera e aute
ntica e per
ricevere la forza di affrontare le croci della vita
. Se invece di pensare Dio come Padre io lo penso c
ome un datore di
lavoro che non mi da la paga, ecco il delitto: Dio
non è Padre, Abele non è mio fratello, e infatti Ab
ele viene ucciso.
Dov’è Abele tuo fratello? Gli chiede il Signore. No
n lo so, sono forse io il custode di mio fratello?
Vedete? Se non si
rimane nel giusto rapporto con Dio, di conseguenza
gli altri non sono miei fratelli, ma diventano nemi
ci da
combattere. Ma così facendo si esce dalla società,
si diventa come Caino raminghi e fuggiaschi, destin
ati a propria
volta a subire la vendetta degli altri. Per cui c’è
solo un modo per frenare il dilagare della violenz
a: che nessuno
tocchi Caino, che anche Caino torni ad essere consi
derato un fratello, altrimenti si diventa come lui.
Ecco in che
modo Gesù realizza e porta a compimento tutto quest
o. Ecco perché Gesù è paragonato ad Abele, il giust
o, che
muore per gli ingiusti, perdonando. Il perdono è l’
unica arma che può fermare il proliferare del male.
Questo
significa amare i nemici, come dice Gesù nel vangel
o di oggi. Questo è l’autentico significato del qui
nto
comandamento che Gesù viene a svelare. Certo, non u
ccidere: per forza, perché è il minimo che io possa
fare verso
l’altro. Se io uccido è impossibile la relazione. N
on devo uccidere perché l’altro è mio fratello, anc
he se si chiama
Caino. A volte, in confessione, capita di sentire q
ualcuno che dice: io sono a posto, non ho ucciso, n
on ho rubato,
ecc. E no, dice Gesù, io vi dico: non uccidere non
significa soltanto non ammazzare qualcuno fisicamen
te, ma amare i
propri nemici. E tra il non uccidere fisicamente qu
alcuno e l’amare i nemici vi sono in mezzo un’infin
ità di sentimenti,
di parole e di gesti che dimostrano concretamente s
e siamo o no custodi dei nostri fratelli. Gesù ne s
tigmatizza
alcuni. Il sentimento dell’ira, che non a caso è un
vizio capitale. L’ira è omicidio del cuore, perché
nego che l’altro sia
mio fratello, e allora uccido me stesso perché non
mi considero figlio. E poi ci sono le parole che uc
cidono più della
spada. E non sono le parolacce. Stupido vuol dire d
isprezzare, considerare l’altro inferiore a me, non
un uomo, e
quindi posso ucciderlo. Pazzo, nel senso di empio,
come se l’altro fosse il male in persona da elimina
re. Chi dice al
fratello “pazzo” sarà gettato nel fuoco della Geenn
a. La Geenna era una valle fuori le mura di Gerusal
emme, dove
c’era un altare al dio Moloch al quale si sacrifica
vano vittime umane. Gli ebrei lo avevano dissacrato
bruciandovi le
immondizie. Gesù sta dicendo: chi non considera l’a
ltro come fratello e lo vuole eliminare, ha sacrifi
cato la propria
vita di figlio e la butta nell’immondizia. Certamen
te qui si aprirebbero molti discorsi circa la legit
tima difesa dagli
aggressori ingiusti che può comportare anche la leg
ittima uccisione dell’altro, ma non possiamo addent
rarci perché il
discorso, molto interessante, sarebbe anche molto l
ungo. Soffermiamoci solo su questa domanda: in che
modo io di
fatto mi sento figlio di un Dio che è Padre e cerco
di amare ogni uomo come mio fratello, come ha fatt
o Gesù?