Le domeniche dopo Pentecoste, nel rito ambrosiano,
ci fanno ripercorrere da Adamo ed Eva in avanti gli
eventi
principali della storia della salvezza così come vi
ene raccontata dalla Bibbia, per vedere ogni volta
in che modo Gesù
ha compiuto le pagine dell’Antico Testamento facend
oci capire qual è il disegno di Dio. Per cui le let
ture sono
collegate tra di loro collegate ed è sempre dalla p
rima lettura
che bisogna partire. Peccato che il lu
ngo racconto della
Genesi richiederebbe ore di spiegazione per essere
ben capito, perché è uno dei brani della Bibbia più
difficili da
interpretare, tanto è vero che quest’anno la catech
esi per gli adulti che hanno partecipato l’ho fatta
proprio su
questi racconti, così poco compresi, tanto è vero c
he molti anche oggi continuano chi a credere che Ad
amo ed Eva
sono il primo uomo e la prima donna nati sulla terr
a e chi a credere che sia una favoletta, quando inv
ece è un
racconto che vuole provare a spiegare chi è Dio, ch
i è l’uomo, perché esiste il male e qual è il proge
tto di Dio. Per cui
non mi metto a spiegarlo, ma solo provare a individ
uare il suo collegamento con la lettura di san Paol
o e col vangelo
che ci porta con anticipo in un’atmosfera natalizia
. Io penso che il filo rosso che lega queste lettur
e sia questa frase
di san Paolo che dice: dove con Adamo abbondò il pe
ccato, per mezzo di Gesù Cristo sovrabbondò la graz
ia. Adamo
ed Eva siamo noi. Adamo ed Eva è il nostro secondo
nome e il serpente è la nostra coscienza che si las
cia sedurre dal
male. Il peccato è credere che Dio sia nemico della
nostra gioia, che Dio sia un inquisitore che vuole
metterci i
bastoni tra le ruote ed è lì pronto a punirci quand
o sgarriamo. Infatti quali sono le prime parole che
Adamo dice a
Dio, come abbiamo letto? “Ho avuto paura” (Gen 3,10
). E invece Gesù ci fa capire perché Dio stava cerc
ando Adamo
ed Eva dopo il loro peccato. Per dire loro quello l
’angelo dice a Giuseppe nel vangelo: “Non temere”!
Ho già detto
altre volte che, sembra incredibile, ma in tutta la
Bibbia, “non temere” o “non avere paura” è una fra
se ripetuta 365
volte, come per dire che è una frase che dobbiamo s
entirci rivolgere dal Signore ogni giorno. La paura
è il contrario
della fede. Perché non devo avere paura? Perché il
figlio che nascerà da Maria tu lo chiamerai Gesù e
salverà il suo
popolo dai suoi peccati. Gesù significa “Dio-salva”
: è il nome di Dio, è così che Giuseppe e ciascuno
di noi deve
chiamare Dio. Chiamandolo così riconosco che è prop
rio perché sono un peccatore che Lui mi ama, non pe
rché sono
bravo. Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazi
a. Il perdono è l’unica arma a disposizione di Dio
con la quale
egli può amarci salvaguardando la nostra libertà. P
erché altrimenti saremmo delle marionette nelle sue
mani, invece
no, siamo liberi. Il desiderio di Dio, fin dalla co
mparsa sulla terra del primo uomo e della prima don
na, la sua volontà,
è che siamo felici, e per esserlo dobbiamo non aver
e paura di Lui, fidarci della sua Parola, e la sua
Parola ci dice che
anche quando gli siamo infedeli, non rimaniamo nel
suo amore, egli continua a venirci incontro perdona
ndoci perché
torniamo a Lui e così, ripieni del suo amore, ricev
iamo la forza di vivere compiendo il bene. Ho giust
o partecipato i
giorni scorsi, a Roma, al Giubileo dei preti, e a q
uesto proposito Papa Francesco ha usato espressioni
molto eloquenti
per esprimere proprio quanto sto dicendo. Ha parlat
o della nostra vergognata dignità, un’espressione s
trana per dire
che è proprio nei momenti in cui ci accorgiamo con
vergona della nostra miseria e del nostro peccato c
he possiamo
sperimentare l’amore del Signore che ci solleva e t
orna a riempirci di dignità per permetterci di ripr
endere il
cammino. Il Signore, dunque, non ci pulisce semplic
emente dal peccato, ma nel nostro peccato ci incoro
na, è proprio
lì che ci mostra quanto ci ama. Per cui, proseguiva
il Papa, dobbiamo diventare ricettacoli di miseric
ordia, ed è
proprio il nostro peccato il ricettacolo supremo di
questa misericordia, perché è nel perdono di Dio c
he la scopro. E ci
invitava a saper lasciarsi gudardare da Maria, perc
hé lei è stata ricettacolo supremo della misericord
ia di Dio. I suoi
occhi misericordiosi, ha detto il Papa, sono il mig
lior recipiente della misericordia, nel senso che p
ossiamo bere in
essi quello sguardo indulgente e buono, di cui abbi
amo sete, perché Maria è colei che col suo si ha ac
colto e ci ha
donato Gesù, colui che come dicevamo viene a salvar
e ciascuno di noi dal suo peccato. E dunque, conclu
do, se il
nostro secondo nome è Adamo ed Eva, facciamo bene a
ricordarci che il nostro terzo nome, quello più be
llo, che ci
dona il Signore, è Giuseppe e Maria, perché il Sign
ore ci vuole così come loro, ed essi queste cose le
capirono e le
vissero. Che sia così anche per ciascuno di noi.