domenica 5 giugno 2016

III DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

Le domeniche dopo Pentecoste, nel rito ambrosiano, ci fanno ripercorrere da Adamo ed Eva in avanti gli eventi principali della storia della salvezza così come vi ene raccontata dalla Bibbia, per vedere ogni volta in che modo Gesù ha compiuto le pagine dell’Antico Testamento facend oci capire qual è il disegno di Dio. Per cui le let ture sono collegate tra di loro collegate ed è sempre dalla p rima lettura
che bisogna partire. Peccato che il lu ngo racconto della Genesi richiederebbe ore di spiegazione per essere ben capito, perché è uno dei brani della Bibbia più difficili da interpretare, tanto è vero che quest’anno la catech esi per gli adulti che hanno partecipato l’ho fatta proprio su questi racconti, così poco compresi, tanto è vero c he molti anche oggi continuano chi a credere che Ad amo ed Eva sono il primo uomo e la prima donna nati sulla terr a e chi a credere che sia una favoletta, quando inv ece è un racconto che vuole provare a spiegare chi è Dio, ch i è l’uomo, perché esiste il male e qual è il proge tto di Dio. Per cui non mi metto a spiegarlo, ma solo provare a individ uare il suo collegamento con la lettura di san Paol o e col vangelo che ci porta con anticipo in un’atmosfera natalizia . Io penso che il filo rosso che lega queste lettur e sia questa frase di san Paolo che dice: dove con Adamo abbondò il pe ccato, per mezzo di Gesù Cristo sovrabbondò la graz ia. Adamo ed Eva siamo noi. Adamo ed Eva è il nostro secondo nome e il serpente è la nostra coscienza che si las cia sedurre dal male. Il peccato è credere che Dio sia nemico della nostra gioia, che Dio sia un inquisitore che vuole metterci i bastoni tra le ruote ed è lì pronto a punirci quand o sgarriamo. Infatti quali sono le prime parole che Adamo dice a Dio, come abbiamo letto? “Ho avuto paura” (Gen 3,10 ). E invece Gesù ci fa capire perché Dio stava cerc ando Adamo ed Eva dopo il loro peccato. Per dire loro quello l ’angelo dice a Giuseppe nel vangelo: “Non temere”! Ho già detto altre volte che, sembra incredibile, ma in tutta la Bibbia, “non temere” o “non avere paura” è una fra se ripetuta 365 volte, come per dire che è una frase che dobbiamo s entirci rivolgere dal Signore ogni giorno. La paura è il contrario della fede. Perché non devo avere paura? Perché il figlio che nascerà da Maria tu lo chiamerai Gesù e salverà il suo popolo dai suoi peccati. Gesù significa “Dio-salva” : è il nome di Dio, è così che Giuseppe e ciascuno di noi deve chiamare Dio. Chiamandolo così riconosco che è prop rio perché sono un peccatore che Lui mi ama, non pe rché sono bravo. Dove abbondò il peccato sovrabbondò la grazi a. Il perdono è l’unica arma a disposizione di Dio con la quale egli può amarci salvaguardando la nostra libertà. P erché altrimenti saremmo delle marionette nelle sue mani, invece no, siamo liberi. Il desiderio di Dio, fin dalla co mparsa sulla terra del primo uomo e della prima don na, la sua volontà, è che siamo felici, e per esserlo dobbiamo non aver e paura di Lui, fidarci della sua Parola, e la sua Parola ci dice che anche quando gli siamo infedeli, non rimaniamo nel suo amore, egli continua a venirci incontro perdona ndoci perché torniamo a Lui e così, ripieni del suo amore, ricev iamo la forza di vivere compiendo il bene. Ho giust o partecipato i giorni scorsi, a Roma, al Giubileo dei preti, e a q uesto proposito Papa Francesco ha usato espressioni molto eloquenti per esprimere proprio quanto sto dicendo. Ha parlat o della nostra vergognata dignità, un’espressione s trana per dire che è proprio nei momenti in cui ci accorgiamo con vergona della nostra miseria e del nostro peccato c he possiamo sperimentare l’amore del Signore che ci solleva e t orna a riempirci di dignità per permetterci di ripr endere il cammino. Il Signore, dunque, non ci pulisce semplic emente dal peccato, ma nel nostro peccato ci incoro na, è proprio lì che ci mostra quanto ci ama. Per cui, proseguiva il Papa, dobbiamo diventare ricettacoli di miseric ordia, ed è proprio il nostro peccato il ricettacolo supremo di questa misericordia, perché è nel perdono di Dio c he la scopro. E ci invitava a saper lasciarsi gudardare da Maria, perc hé lei è stata ricettacolo supremo della misericord ia di Dio. I suoi occhi misericordiosi, ha detto il Papa, sono il mig lior recipiente della misericordia, nel senso che p ossiamo bere in essi quello sguardo indulgente e buono, di cui abbi amo sete, perché Maria è colei che col suo si ha ac colto e ci ha donato Gesù, colui che come dicevamo viene a salvar e ciascuno di noi dal suo peccato. E dunque, conclu do, se il nostro secondo nome è Adamo ed Eva, facciamo bene a ricordarci che il nostro terzo nome, quello più be llo, che ci dona il Signore, è Giuseppe e Maria, perché il Sign ore ci vuole così come loro, ed essi queste cose le capirono e le vissero. Che sia così anche per ciascuno di noi.