domenica 12 marzo 2017

II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A LA SAMARITANA

Non riesco ad abituarmi al fatto che siano così lunghe le letture delle domeniche di Quaresima. Lunghe, bellissime, difficili. E’ il Signore ci parla con la sua Parola. Siccome non posso fare una predica più lunga delle letture, aggiungendo parole a parole, vorrei provare almeno a suggerire alcuni spunti che possano aiutare la riflessione e la preghiera di tutti. Nella prima lettura abbiamo ascoltato i
10 comandamenti. Cosa sono questi comandamenti? Potremmo dire che sono le regole minime essenziali sotto le quali non dobbiamo andare. Regole minime cosa vuol dire? Faccio un esempio col settimo comandamento: non uccidere. Come minimo io non devo uccidere nessuno. Ma se mi fermo al minimo non ho capito niente. Infatti Gesù dirà: vi fu detto non uccidere, ma io vi dico cosa vuol dire questo comandamento: vuol dire che occorre amare i tuoi nemici. Se tu ti limiti a dire che non hai ucciso nessuno e dunque sei a posto, hai fatto solo il minimo. Perché non hai ucciso nessuno? Per non andare in galera o per amore verso il tuo fratello? Se è per non andare in galera ti limiti a non ucciderlo; se è per amore, non solo non lo uccidi, ma lo ami anche se ti verrebbe da ucciderlo. Per questo Gesù dirà che il comandamento è solo uno, cioè quello dell’amore. Se trasgrediamo questo comandamento, che si declina nei dieci comandamenti, è un caos. Ma non perché Dio ci punisce. Semplicemente perché è come se nel serbatoio di una macchina che è fatta per andare a benzina noi ci mettessimo la Coca Cola. Tutte le volte che la storia dell’umanità e anche la nostra storia personale va a catafascio, si riffa o di raffa è perché non seguiamo l’unico comandamento del Signore, quello dell’amore. Qual è il problema? Semplice: che non ce la facciamo. Ed eccoci dunque alla stupenda pagina del vangelo che ci svela il trucco, che ci rivela la soluzione al problema. Non ci penso nemmeno a cercare di spiegarlo nei particolari. Vado subito al dunque. I samaritani erano nemici di Israele perché adoravano altri dei, non solo l’unico Dio, e infatti avevano cinque templi su cinque monti nei quali adoravano i loro dèi, più un sesto monte, a Garizim, dove adoravano anche il Dio di Israele. Quindi dagli ebrei erano considerati degli adulteri, degli infedeli. Ecco chi sono i cinque mariti più uno che aveva la donna samaritana. La donna samaritana rappresenta ciascuno di noi che è infedele alla legge del Signore, ai suoi comandamenti, alla sua legge d’amore. Dio è lo sposo, noi siamo la sua sposa, e siamo infedeli. Infatti Gesù chiama col nome di “donna” quella samaritana, perché “donna” vuol dire appunto “sposa”. Sposa infedele, ma infedele a chi? A Dio, l’unico Sposo. È così, ci siamo dentro tutti, almeno che qui ci sia qualcuno che possa dire di essere fedelissimo all’unica legge dell’amore che il Signore ci ha dato. Bene, nelle ultime righe della lettera agli Efesini che abbiamo letto prima, san Paolo dice che Gesù è il perfetto compimento di tutte le cose. Cosa vuol dire questa frase? Che senza di Lui non capiamo niente della vita e non combiniamo niente di buono. Infatti cosa fa Gesù nei confronti di quella donna samaritana che rappresenta tutti noi? Va lì ad ammazzarla o a farle la ramanzina? No, va a riconquistarla. E cerca di farlo facendole capire che se vuole combinare qualcosa di buono nella vita, se vuole imparare ad amare, deve smetterla di andare a prendere l’acqua dal pozzo. Pensateci un attimo. In un pozzo l’acqua è stagnante, non è viva. L’acqua del pozzo rappresenta la legge, i dieci comandamenti. Gesù le sta dicendo: è inutile che ti sforzi a mettere in pratica i comandamenti, non ce la fai. Nella vita, se vuoi essere felice, devi praticare questi comandamenti, devi amare, ma non ci riesci, è inutile che ti sforzi, sarai sempre infedele, purtroppo. “Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete”. Perché la legge ci fa capire cos’è il bene e cos’è il male, ma ci fa vedere che noi siamo sempre limitati, inadeguati, inadempienti. Ma aggiunge: “Chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno”. L’acqua che dà Gesù rappresenta l’amore di Dio. E l’acqua che Gesù le vuole dare è un’acqua di sorgente, non stagnante, che zampilla. Se uno deve prendere l’acqua da un pozzo, oltretutto stagnante, deve continuamente sforzarsi. Invece, se uno beve l’acqua da una sorgente non deve fare nessuno sforzo, ma solo accogliere quest’acqua che scende e berla. E quest’acqua, che è l’amore di Dio, non è un’acqua esterna da andare a prendere a un pozzo, ma un’acqua interiore, “una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna”. Cosa vuol dire? Che non dobbiamo sforzarci di osservare i comandamenti (prendere l’acqua dal pozzo), ma dobbiamo imparare ad accogliere l’amore del Signore, a sentirci amati da Lui, sempre, anche quando gli siamo infedeli. È il suo amore che ci rende capaci a nostra volta di imparare ad amare, di mettere in pratica i suoi comandamenti. Non siamo noi ad amare Dio, ma è Dio che ama noi, ed è quando capisco questa cosa che allora mi sento riempito di gioia, perché mi sento amato con tutte le mie fragilità e manchevolezze, e allora sono riempito di un’energia vitale che saprà darmi la forza finalmente di riuscire a mettere in pratica i comandamenti. Vedete, soprattutto in Quaresima, il rischio è che noi cerchiamo di fare qualcosa in più, magari qualche sacrificio, quelli che si chiamavano e si chiamano ancora “fioretti” per migliorarci e sentirci un po’ più a posto con la coscienza. Gesù ci fa capire che a Dio non interessa niente, a lui interessa solo la nostra gioia. E allora l’unica cosa da fare, che non è un fioretto, ma è proprio un fiore bellissimo, è aprire la mente il cuore, come diceva sempre san Paolo, per comprendere la grandezza del suo amore per me. Tutto il resto verrà di conseguenza, perché imparerò a fare le cose non per dovere, ma per amore, solo per amore, e potrò farcela non perché sono bravo, ma perché mi sento amato da Dio, riempito di quell’acqua viva che zampilla perché nasce dalla sorgente dell’amore stesso di Dio.