domenica 18 febbraio 2018

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA

Ogni anno la Quaresima si apre con questa pagina di Vangelo che è importantissima, ma che va capita bene se no diventa una favoletta neanche tanto per bambini, perché uno si immagina un Gesù Superman che digiuna 40giorni e 40notti che poi smette se no crepava, che per colpa della fame ebbe delle allucinazioni e infatti si mise a parlare con un essere mostruoso, il diavolo, che prima lo fa
volare dal deserto fino in cima al tempio di Gerusalemme e dopo su alto monte, e lo tenta per tre volte. Invece non è così. Allora cominciamo a vedere queste tre tentazioni. La prima. Gesù ha fame e il diavolo gli dice: “siccome sei il Figlio di Dio, trasforma queste pietre in pani”, cioè pensa a te stesso. E Gesù gli risponde: “non di solo pane vive l’uomo”, cioè non basta soddisfare i propri bisogni materiali per star bene, perché l’uomo “vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, e la Parola di Dio dice che la vita ha senso quando l’uomo impara a soddisfare i bisogni degli altri. Ricordate quando i suoi discepoli dissero a Gesù di mandare via la folla a comprarsi da mangiare, come per dire: che gli altri si arrangino? Gesù invece si fece portare tutto quello che avevano, i pani e i pesci, li divise e così mangiarono tutti. La seconda tentazione: il diavolo porta Gesù sul punto più alto del tempio di Gerusalemme e gli dice: “buttati giù, così verranno gli angeli a salvarti e tutti crederanno in te”. È la tentazione di mettere alla prova Dio usandolo per i propri interessi chiedendo miracoli. Nel vangelo Gesù verrà tentato molte volte dai suoi avversari che gli chiedevano miracoli per poter credere in lui. Anche quando sarà sulla croce gli diranno: siccome dici di essere Figlio di Dio, scendi dalla croce e ti crederemo. Ecco perchè Gesù risponde al diavolo: “non tentare il Signore tuo Dio”, cioè Dio non è un mago, ma è colui che dà la sua vita, il suo amore, perché noi impariamo ogni giorno a compiere l’unico vero miracolo, quello dell’amore gli uni verso gli altri. E infine la terza tentazione, quando il diavolo, portando Gesù su alto monte, gli dice di inginocchiarsi davanti a lui per dargli il potere. E’ la tentazione del volere che Dio faccia quello che faremmo noi se avessimo la sua forza: comandare, avere tutti sotto i propri piedi. In seguito, saranno proprio i suoi discepoli quelli che tentavano Gesù perché diventasse il re di Israele, prendesse il potere, cacciasse via i romani con la violenza. E sarà proprio uno di loro, Pietro, che quando scoprirà che Gesù andava a Gerusalemme non per combattere, ma per essere ammazzato, gli dirà: no Signore, questo mai! E Gesù risponderà a Pietro con le stesse parole che qui dice al diavolo: “Vattene Satana, Dio non è questo, non è colui che vuole essere servito, ma che viene a servire e a dare la sua vita per tutti. Dunque vedete chi è il diavolo che appare a Gesù? Non è un essere mostruoso, ma sono i suoi avversari e addirittura i suoi discepoli. Quindi questa scena racconta tutto quello che a Gesù accadrà nel corso della sua vita quando inizierà la sua missione. Gesù aveva appena ricevuto il Battesimo da Giovanni, un’epifania che manifestava la futura missione di Gesù, quella di far vedere che la volontà di Dio è quella di darci la sua vita, il suo amore, che dura oltre la morte, e che ci permette di vivere come suoi figli che amano gli altri come fratelli. Ma nel corso della sua vita, sempre, Gesù dovrà in continuazione scontrarsi con persone che gli daranno contro, che lo metteranno alla prova tentandolo a comportarsi in modo opposto. La scena, poi, si svolge nel deserto, perché il deserto nella Bibbia è il luogo della prova. Per 40 giorni e 40 notti, perché il numero 40 nella Bibbia indica il tempo in cui uno deve prepararsi per affrontare qualcosa di importante. E il digiuno di Gesù è una prova di forza da non intendersi in modo fisico, ma che esprime la sua tenacia nel far vedere che il suo cibo è fare la volontà di Dio che è il suo amore senza misura per tutti, pronto a sfidare tutti quelli che lo tentavano ad agire diversamente, disposto ad essere ucciso sulla croce senza rispondere al male che gli veniva fatto. Allora adesso, forse, riusciamo a capire meglio perché questo brano di Vangelo è così importante e perché lo si legge all’inizio della Quaresima. 40 giorni e 40 notti per imparare a deciderci a prendere sul serio il nostro Battesimo, per capire se siamo davvero discepoli di Gesù oppure no. E come lo si capisce? Con le prove, con le tentazioni che ogni giorno abbiamo e che ci inducono a fare il contrario. A scuola gli studenti non amano molto le verifiche, però servono per capire se uno ha imparato quello che doveva studiare. Lo stesso vale anche per le prove, le tentazioni che la vita ci presenta. Guai se non ci fossero. Vorrebbe dire che non siamo liberi. Invece siamo liberi di scegliere se vivere come Gesù, quindi secondo il battesimo oppure no. Ma non vanno vissute con angoscia, come se poi Dio ci desse il voto. No, la vita è un cammino, e san Paolo nel brano ai Corinti di oggi spiega che se con l’aumentare degli anni il nostro corpo deperisce, il nostro uomo interiore si accresce. Dobbiamo curare non solo l’aspetto fisico del corpo, ma la nostra interiorità. Se si accresce ascoltando la Parola di Dio, allora si accresce bene, se si accresce ascoltando altre parole contrarie a Dio si accresce male. Come il corpo: se mangiamo cibi buoni stiamo bene, se mangiamo cibi cattivi stiamo male. Ecco cosa vuol dire fare digiuno: dire no al male e fare il bene. Lo diceva già il profeta Isaia nella prima lettura: cosa serve se voi mentre digiunate continuate a litigare, ad insultarvi, a curare i vostri affari e ad angariare i vostri operai? Detto altrimenti. Al Signore non interessa che facciamo fioretti rinunciando a mangiare la carne o i cioccolatini. Al Signore interessa che noi impariamo a non mangiare gli altri, a non essere egoisti, e a diventare pane che si fa mangiare dagli altri, come lui che nell’Eucaristia si fa pane per essere mangiato da noi. Per questo la parola d’ordine della Quaresima è la conversione, l’invito a cambiare mentalità, ad assumere la mentalità di Cristo. Infatti durante il rito dell’imposizione delle ceneri al termine della messa, viene ripetuta questa frase: convertitevi e credete al Vangelo. Cosa significa questo rito? I contadini, sul finire dell’inverno, distribuivano sul terreno le ceneri accumulate nel tempo freddo per dare nuovo vigore alla terra. Allo stesso modo, la cenere che viene messa sul capo non è un segno di mortificazione e di penitenza per i peccati, ma è il segno della Parola del Signore che, come la cenere sul terreno, vuole infondere in noi e far uscire tutte quelle energie positive d’amore che sono addormentate, per farci sentire abitati dalla presenza del Signore risorto. È così che dobbiamo imparare a vivere la Quaresima, non come un tempo triste, di sacrifici e penitenze che a Dio non interessano, ma come tempo favorevole per riscoprire la gioia di essere cristiani, la gioia del nostro essere battezzati.