domenica 25 febbraio 2018

II DOMENICA DI QUARESIMA

 Mi piacerebbe spiegare nei dettagli le lunghissime letture di questa domenica perché sono molto importanti, ma se lo facessi la predica durerebbe un’ora. Allora provo a dire qualcosa che aiuti la nostra riflessione e preghiera partendo dalla pagina del Deuteronomio che ci ha fatto riascoltare i dieci comandamenti. Penso che tutti li conosciamo più o meno a memoria, anche se non in ordine,
però non basta, bisogna capire bene sia il motivo per cui Dio li ha dati, sia il significato di ciascuno, sia il modo col quale Gesù li ha interpretati, altrimenti possono diventare molto pericolosi per la nostra fede. Uno potrebbe pensare che Dio ha dato dieci regole che se non le rispetti vai all’inferno. Se poi queste regole non sono capite è ancora peggio: non si capisce perché uccidere una persona, desiderare le cose o le donne degli altri (chissà perché solo le donne e non gli uomini) senza poi fare nulla di concreto, o dire una bugia siano tutti peccati gravi e mortali allo stesso modo. Così uno va a confessarsi pieno di paura e tira il fiato se almeno non ha ucciso nessuno o non ha rubato. E poi, se prendiamo i primi tre comandamenti dove si dice che solo il Dio d’Israele va adorato altrimenti ti fulmina, va a finire che tutti gli uomini che non credono in Dio o hanno un altro Dio sono tutti dannati. Mi piacerebbe far capire per esempio che “non dire falsa testimonianza contro il tuo prossimo” non è il divieto a dire le bugie, e che tutti i comandamenti, esclusi i primi tre rivolti a Dio, sono regole universali che se tutti gli uomini cercassero di praticare, il mondo sarebbe quasi perfetto perché si riassumono nell’unico comandamento dato da Gesù: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi. Perché Gesù ha insegnato che il peccato è uno solo: il male che io faccio agli altri e tutto il bene che potrei fare e che invece non faccio. È questo il significato della frase centrale del Vangelo, quando Gesù alla donna samaritana dice: i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità. Cosa vuol dire questa frase? Lo Spirito è quello di Gesù, lo spirito del figlio che ama i fratelli. La verità è Gesù stesso che ci ha insegnato che Dio è Padre e noi siamo suoi figli amati. Adorare il Padre in Spirito e Verità vuol dire che Dio non è un tiranno che vuole essere servito o un giudice che ci dà delle regole da rispettare, ma che Dio è un Padre che ci ama come figli, ed è così che vuole essere amato, amando gli altri come fratelli. I samaritani erano degli ebrei meticci perché nel corso degli anni si erano mischiati ad altre popolazioni, e quindi la loro religione era un miscuglio: c’era il Dio di Israele che invece di adorarlo nel tempio di Gerusalemme lo adoravano sul monte Garizim, e poi su altri cinque monti avevano eretto cinque altri templi ad altre divinità (trasgredendo così il primo comandamento). Potremmo dire che i samaritani erano un po’ come noi oggi in Europa e anche in Italia. Abbiamo tutti un’origine cristiana, ma nel corso degli anni siamo diventati un miscuglio di religioni, per cui sono in molti oggi ad essere cristiani ognuno a modo suo, prendendo un po’ da una parte e un po’ dall’altra: abbiamo molti dèi anziché un unico Dio, nonostante quello che diciamo nel Credo. Ad esempio è quasi normale che un cristiano la domenica vada ad adorare Dio non nel tempio che è la chiesa partecipando all’Eucaristia e andando in oratorio il pomeriggio, ma adorando il Dio pallone allo stadio, il Dio letto al mattino, il Dio denaro il pomeriggio nei grandi templi dei centri commerciali, e il Dio tv la sera. I sei mariti che aveva avuto quella donna non erano degli uomini, ma rappresentano le divinità dei samaritani, quelle che possono essere oggi le nostre che ho appena elencato. E il pozzo dove la donna incontra Gesù è come il pozzo dei desideri delle favole, l’acqua rappresenta il desiderio di gioia, e quindi questa donna siamo noi che cerchiamo la gioia in tanti modi diversi senza mai trovarla. A quei tempi, poi, il pozzo era come il bar di un paese, dove si incontravano tutti e dove ci si fidanzava. Incontrando quella donna, Gesù le fa capire di essere lui il vero suo marito, lo sposo (infatti la chiama donna che vuol dire sposa), che solo lui può darle un acqua che estingua la sua sete di gioia. Perché lui è un marito, un Dio, uno sposo diverso da tutti. Che non chiede di sforzarci ad ubbidire ai suoi comandi, come la donna si sforzava di andare a prendere l’acqua al pozzo. Accogliendo lui non abbiamo bisogno di cercare altri pozzi per trovare la felicità, ma possiamo dissetarci all’acqua del suo amore che lui mette dentro di noi, che ci fa sentire amati come una sposa dallo sposo o come un figlio da suo padre, e così diventiamo noi il tempio, la dimora di Dio, e possiamo diventare gli adoratori che il Padre ricerca, quelli che adorano in spirito e verità: riceviamo cioè le energie per amare gli altri come Dio ama noi, e scopriamo che la felicità non è in quello che abbiamo o non abbiamo, ma nell’amore che abbiamo ricevuto e che riusciamo a dare agli altri, vivendo così l’unico vero comandamento che spiega il senso di tutti i comandamenti. San Paolo riassume tutte queste cose nella bellissima frase che abbiamo ascoltato nella lettura quando dice: Dio è uno solo, Padre di tutti, al di sopra di tutti, ma che opera per mezzo di tutti perché è presente in tutti.