domenica 4 marzo 2018

III DOMENICA DI QUARESIMA

In questo lungo dibattito tra Gesù e i capi del popolo viene fuori molto bene il motivo per cui decisero di uccidere Gesù. Perché Gesù era troppo pericoloso, e adesso cerchiamo di capire perché. Oltretutto l’evangelista scrive che a volerlo uccidere erano proprio quelli che avevano creduto in lui. Gesù aveva detto loro: se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli. Vuol dire che
credere in Gesù significa essere persone che lo seguono (discepoli), e per seguirlo dobbiamo conoscerlo, e per conoscerlo dobbiamo capire la sua Parola e poi aderirvi. Vuol dire che c’è qualcosa che non va quando uno va avanti tutta la vita a professarsi cristiano senza conoscere di fatto il Vangelo. Ebbene, se rimanete nella mia parola e diventate miei discepoli, prosegue Gesù, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Liberi è il contrario di schiavi. La verità di cui parla Gesù è lui stesso: cioè Gesù è quello che ci dice e ci fa vedere chi è veramente Dio. Se io aderisco alla sua parola, credo a quello che lui mi ha detto su Dio, divento libero, e adesso vedremo perché. Gli rispondono offesi: noi siamo discendenti di Abramo e non siamo schiavi di nessuno. Al che Gesù replica: vi assicuro che chi fa il peccato è schiavo del peccato. Cosa c’entra il peccato in questa discussione? Il peccato non sono i peccati, le colpe degli uomini, ma è pensare Dio in modo sbagliato. Loro pensavano che Dio fosse un padrone, un giudice, un legislatore che rende schiavi gli uomini imponendo le sue leggi e chi non le rispetta lo fulmina. La verità proclamata da Gesù è che Dio invece è un Padre che ama i suoi figli, e i figli non sono schiavi, sono figli amati. Dunque, conoscere questa verità ci rende persone libere. Perché spesso viviamo male il rapporto con Dio? Perché anche se lo chiamiamo Padre, lo pensiamo come un padrone che dà le leggi che dobbiamo eseguire, cioè viviamo tutta la vita pensando che tutto quello che facciamo o dobbiamo fare sia per far piacere a Dio, per renderlo contento e per non offenderlo. E perché pensiamo così? Perché appunto non rimaniamo nella parola di Gesù, crediamo in altre parole. Gesù ci ha fatto vedere che Dio è un Padre, che noi dobbiamo accogliere il suo amore che ci rende capaci di amare, e così ci trasformiamo, diventiamo liberi di amare. Noi non riusciamo ad amare chi ci odia, perché siamo schiavi di questo peccato, quello di pensare male Dio, e perciò crediamo che il suo amore vada meritato, ma così facendo poi a nostra volta, verso gli altri, usiamo lo stesso metro di misura, e decidiamo chi si merita o meno il nostro amore. Gesù ci libera da questo peccato perché ci fa vedere che non è vero, che le cose non stanno così, che la verità è un’altra. E se capiamo questa cosa allora possiamo dare il nostro amore a tutti, anche e proprio a chi riteniamo che non se lo meriti, come fanno i genitori coi figli: siamo liberi perché non ci interessa più se gli altri rispondono picche, non siamo più schiavi del nostro egoismo che ci porta ad amare gli altri per avere una ricompensa o un riscontro. Perché abbiamo conosciuto la verità, che Dio non è il Dio delle leggi, che ti mette paura, che ti fa sentire in colpa, che ti fa sentire peccatore, ma che Dio è padre il cui amore è universale. A questo punto torniamo alla domanda iniziale: perché un uomo come Gesù che diceva queste cose era così pericoloso per i capi di Israele che decisero alla fine di ammazzarlo? Perché Gesù stava distruggendo il modo di pensare Dio che loro avevano. Per loro gli uomini sono qui sulla terra, Dio è lontanissimo nell’alto dei cieli, gli uomini non possono rivolgersi direttamente a lui, ma devono andare da loro, nel tempio, fare le offerte e i sacrifici, e così ci guadavano loro. Se la gente avesse creduto in Gesù, loro perdevano il potere, avrebbero dovuto mettersi loro al servizio degli altri, andava rivoluzionato tutto il sistema, e così sarebbero finiti sul lastrico. E’ più comodo servire Dio che servire gli altri. Gesù invece ci fa vedere che noi non dobbiamo servire Dio, ma è Dio che serve noi, noi dobbiamo accogliere il suo spirito, quindi non siamo schiavi di Dio, sottomessi a lui, liberi di essere noi stessi e liberi per servire gli altri. È una cosa stupenda perché è la strada delle beatitudini, che conduce alla gioia. Non è nemmeno faticosa, perché è Dio stesso ad operare in noi. La fatica vera è mentale, cioè rimanere, fidarci di questa parola, perché ciò richiede conversione, cambiamento del nostro modo di pensare e di vivere il rapporto con Dio. In realtà essi non avevano creduto in lui, perché credere vuol dire fidarsi della sua parola, dargli credito. E’ più facile andare avanti a vivere il rapporto con il dio che ci inventiamo noi. E’ molto più semplice esaurire il rapporto con Dio con qualche preghiera al mattino e alla sera, con due confessioni all’anno, con la messa domenicale vissuta come precetto e non come luogo in cui fare rifornimento dell’amore di Dio. Un cristianesimo di facciata come se fosse il dottore o ci fosse una legge statale ad aver prescritto il battesimo per i figli e l’iscrizione alla catechesi, così una volta fatte prima e ultima comunione, e sbrigata la pratica della cresima, finalmente dopo “liberi tutti”. Un cristianesimo ridotto a pratiche religiose che non incidono nella vita. Ma questo non è il cristianesimo, perché non è questo il Dio che Gesù ci ha rivelato. Peccato che a questo dio diamo il nome di Gesù, questo è il problema. Sono i motivi per i quali il messaggio di Gesù era così pericoloso, allora come oggi, perché accoglierlo vuol dire lasciarsi rivoluzionare la vita. Del resto, è più semplice essere servi di Dio che suoi figli. I servi sanno quello che devono fare e obbediscono. I figli devono ogni giorno inventarsi liberamente nuove strade con le quali esprimere gli effetti prodotti dallo Spirito santo che abbiamo ricevuto nel Battesimo.