domenica 11 marzo 2018

IV DOMENICA DI QUARESIMA

In questo celebre episodio che leggiamo tutti gli anni, Gesù restituisce la vista a un cieco nato, mandandolo alla piscina di Siloe, che significa Inviato, e l’inviato è Gesù stesso, inviato da Dio, quindi Gesù, che si è definito luce del mondo, sta dicendo a quest’uomo che non ha mai visto la luce: se vuoi vederla, vieni da me. E infatti quell’uomo tornò che ci vedeva. Ma qui cominciano i guai. Da
miracolato si ritrova ad essere imputato. I vicini, che lo avevano visto mendicare non lo riconoscono, perché quando si incontra davvero l’amore del Signore, non si è più quelli di prima, diventiamo persone completamente nuove. Si diventa come Dio, infatti a quelli che si domandavano “è lui o non è lui?”, l’ex-cieco dice “Sono io”, “Io sono”, le stesse parole pronunciate da Dio a Mosè quando nel roveto gli chiese il suo nome, e che Gesù usava riferendosi a sé stesso per dire di essere Dio e che segneranno la sua condanna a morte, perché nessun uomo può farsi pari a Dio. E invece no. Sempre nel vangelo di Giovanni, nel prologo che ascoltiamo la notte di Natale, c’è scritto: “A quanti lo hanno accolto ha dato la capacità di diventare figli di Dio”. E qui cominciano i problemi. Perché per diventare come Dio occorre capire chi è Dio. Dio nessuno lo ha mai visto, solo Gesù ce lo ha fatto conoscere, dice sempre Giovanni nel Prologo del suo vangelo. Finchè non sappiamo chi è Dio o ce lo inventiamo, siamo ciechi. Ecco il significato di questo prodigio operato da Gesù. È un segno per indicare un altro tipo di cecità, quella interiore. Infatti il cieco torna a vedere non quando riacquista la vista degli occhi, ma quando alla fine, davanti a Gesù, dice “Credo, Signore”, cioè credo che tu sei Dio, colui che mi fa vedere chi è Dio. Vuol dire che quello che accadde a quell’uomo può accadere a ciascuno di noi. Di per sé è già accaduto col Battesimo, quando anche noi siamo stati immersi nella piscina di Siloe, e abbiamo ricevuto l’illuminazione, perché col Battesimo ci viene detto chi è Dio e chi siamo noi: che Dio è Padre e noi siamo i suoi figli amati. Altrimenti, se andiamo avanti a pensare Dio in altro modo, anziché diventare noi immagine di Dio facciamo diventare Dio a nostra immagine, e così restiamo ciechi. È il contro miracolo narrato da Giovanni in questo episodio: coloro che credevano di vedere diventano ciechi. Perché vanno avanti a pensare Dio in modo sbagliato, anche se facevano riferimento a quello che di Dio aveva detto Mosè: noi siamo discepoli di Mosè, noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio. Lo abbiamo anche riascoltato nella stupenda pagina dell’Esodo che racconta quando Mosè, nel deserto, entrava nella tenda per parlare col Signore, e si dice che il Signore parlava con lui faccia a faccia, come uno parla con il proprio amico. Mosè capì però solo qualcosa del mistero di Dio, non tutto: capì che Dio è alleato dell’uomo, che cammina con gli uomini, infatti abitava in una tenda come loro in mezzo al deserto. Amico, si, però essere amici vuol dire essere uguali (e infatti sarà sconvolgente quando Gesù dirà: io vi ho chiamati amici, non servi, cioè vi faccio diventare uguali a me), e siccome questo sembrava troppo, non si dirà mai che Mosè vide il volto di Dio. Mosè sapeva che di questo Dio si può capire qualcosa, ma è inafferrabile, il suo vero volto non possiamo vederlo in questa vita, perché l’uomo è come un bambino nel grembo della madre, può udire qualche suono della sua voce, può sentirla attorno, ma per vederla deve nascere (e così è per ciascuno di noi il momento della morte: è la nuova nascita che dura per sempre dove finalmente vediamo il volto di Dio). Ma c’è un altro passo dell’Esodo dove Mosè osa spingere la sua amicizia con Dio al limite delle possibilità, glielo chiede, fammi vedere la tua gloria, il tuo volto, e Dio gli risponde in questo modo magnifico: ti concedo di vedere passare la mia bontà, solo per un attimo e di spalle. Io ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere» (Es 33,21-23). Ebbene, questo Dio che Mosè vedeva solo di spalle e di cui udiva la voce era stato deformato dalla religiosità dei farisei. Se Mosè era riuscito a capire qualcosa di Dio, i farisei avevano visto niente, erano ciechi, ma il problema è che pensavano di vedere. Siccome Dio aveva dato i comandamenti pensavano a un Dio legislatore, che vuole essere servito e riverito, per cui la fede per loro consisteva nel fare le cose per Dio, come se Dio fosse interessato a sé. Anche noi siamo ciechi quando pensiamo a Dio in questo modo, per questo per molti la fede e la pratica cristiana diventano un peso, un fardello, una serie di obblighi, regole e doveri che si aggiungono ai tanti che già abbiamo nella vita. La riprova è nel motivo di tutta la discussione tra l’ex cieco e i farisei. Per ben sette volte gli chiederanno come gli erano stati aperti gli occhi, perché aprire gli occhi voleva dire venire liberati dall’oppressione, e sarebbe stato il messia colui che avrebbe liberato il popolo dall’oppressione romana. Il problema però non era che Gesù aveva aperto gli occhi a un cieco nato, ma che lo avesse fatto il giorno di sabato. Di sabato era proibito ogni lavoro, anche visitare gli ammalati e addirittura curarli. Era il terzo comandamento dato da Dio a Mosè, e non era la prima volta che Gesù lo trasgrediva. E allora Gesù come poteva essere il messia se trasgrediva il terzo comandamento? Certo, Gesù ha fatto una cosa bellissima, però l’ha fatta di sabato, quindi non va bene, di sabato non si fanno queste cose, quindi Gesù non può venire da Dio. E’ questa la cosa pazzesca: tutti avrebbero dovuto essere contenti, e invece no, perché Gesù non aveva osservato la legge di Dio, e quindi non poteva che essere un peccatore. Gesù invece fa vedere il vero volto di quel Dio che Mosè aveva visto solo di spalle, mostrando che il riposo del sabato serviva all’uomo per rigenerarsi e fare il bene, perché i comandamenti di Dio sono ordinati al bene dell’uomo, a sanare la sua vita e a migliorarla, non servono a Dio, ma a noi. Dio non può volere qualcosa che sia contro il nostro bene. Non capire questo vuol dire restare ciechi. Ecco in che modo il Battesimo ci illumina, ci fa risorgere, come quell’uomo. Ma non in modo magico. È il cammino di tutta la vita che deve essere alimentata dalla Parola di Gesù che ci fa conoscere il vero volto di Dio, e nutrendoci del suo corpo e del suo sangue che ci danno la vita stessa di Dio.