domenica 1 luglio 2018

OMELIA VI DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Bellissimo il racconto del libro dell’Esodo. Mosè vede da lontano un roveto che arde per il fuoco, ma non si consuma. “Perché?” si chiede Mosè “perché il roveto non brucia?”. E questa domanda lo mette in cammino, si avvicina: “Voglio avvicinarmi ad osservare questo grande spettacolo”. E cosa scopre Mosè? Che Dio lo chiama per nome, che Dio lo conosce. E Dio si presenta a Mosè dicendogli: io
sono, io ho osservato, io ho udito, io conosco, sono sceso. Capisce che Dio è colui che è sempre presente, che è lì per Mosè e per il suo popolo, che non è indifferente, che c’è sempre stato e ci sarà (questo significa “Io sono colui che sono”), e che agisce. Ma in che modo agisce? Dio sarà quello che libererà il suo popolo dagli egiziani. Eppure in seguito, lo sappiamo, tutta la storia successiva di Israele fu costellata da altre sciagure, invasioni, guerre, pensiamo solo in tempi più recenti alla Shoah. È così anche per ciascuno di noi, per la nostra storia. Sappiamo che Dio osserva, sente, conosce le nostre sofferenze, ci chiama per nome, è presente, poi però spesso ci sembra che non faccia nulla, e ci chiediamo il perché. E anche a noi, come a Mosè, Dio risponde dicendo: “Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo, sul quale tu stai, è suolo santo!”. Non siamo proprietari di Dio, nè degli altri, nè del mistero della vita. Dobbiamo togliere i sandali della nostra presunzione. E accogliere quello che ci ha rivelato Gesù. Guardiamo allora cosa dice Gesù in questo breve brano di vangelo. “Nessuno conosce il Padre se non il Figlio”. Vuol dire che Dio nessuno lo ha mai visto. Neanche Mosè lo ha visto. Ha capito qualcosa, ha sentito la sua voce in modo misterioso, ma non ha conosciuto chi è veramente Dio. Solo Gesù conosce chi è Dio, perché lui e Dio sono una cosa sola: chi vede Gesù conosce Dio. E Gesù chiama Dio col nome di Padre, per questo dice di essere suo Figlio. Padre vuol dire colui che dà la vita. E la vita è l’amore. Senza amore siamo morti. Gesù rivela che Dio è amore, è colui che ci riempie d’amore per darci la forza di amare. Per questo aggiunge che questo Dio lo può conoscere, oltre a Gesù, colui al quale il Figlio lo vuole rivelare. Sembrerebbe che Gesù stia dicendo che è lui a decidere chi può capire queste cose e chi no. Invece è il contrario. Il Figlio rivela queste a tutti. Il problema è che non tutti le capiscono. Chi sono quelli che le capiscono? Quelli che si fidano della Parola di Gesù e non dei loro pregiudizi. Quelli che pensano Dio in modo diverso non potranno mai capire. E chi sono costoro? Lo si capisce dalle altre parole pronunciate da Gesù. “Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi”. Stanchi e oppressi sono tutti quelli che vivono con Dio un rapporto di paura, perché pensano che Dio sia un legislatore che col suo occhio è lì pronto a punirci se non abbiamo osservato le sue leggi, e quindi si sentono sempre in colpa verso Dio. Chi pensa che Dio non è Padre, cioè chi non si si fida di quello che ha detto Gesù, non potrà mai capire chi è Dio. Chi invece si avvicina a Gesù e crede in lui (venite a me), “io vi darò ristoro”, vi darò respiro, vi farò riposare, ricuperare il fiato. E poi ancora, l’altra frase: “Prendete il mio giogo”. Il giogo è l’attrezzo che si metteva sopra agli animali per dirigerli nel lavoro. Il giogo di Gesù è il suo amore. “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Gesù è mite perché si è messo a fianco degli ultimi. Fate anche voi così, “e troverete ristoro per la vostra vita”: l’unica legge che Dio vi dà è quella di orientare la nostra vita al servizio degli altri: vivete così il rapporto con Dio e con gli altri, e in questo troverete respiro. E’ un giogo dolce e un peso leggero, perché non ci sono regole da osservare, ma un amore da accogliere. Ecco in che modo Dio osserva, sente, conosce le nostre sofferenze, ci chiama per nome, è presente agisce. Non in modo magico, cambiando le cose che non vanno. Dio chiede di essere accolto per fondersi con l’uomo, per dargli la sua stessa capacità d’amore. È così che agisce Dio. Questa è la sapienza di Dio di cui parlava san Paolo: nascosta nei secoli e rivelata da Gesù. Guardate che queste cose ci toccano molto da vicino. Noi vorremmo che Dio fosse come vogliamo noi. In fondo a noi basta un dio che ci faccia andar bene le cose per poi vivere ognuno la sua vita a modo suo. Pensateci se non è vero. Invece non è così. Dio non viene a cambiare il mondo come voglio io, ma a cambiare me, il mio modo di vedere le cose e affrontare la vita. Questo è molto più difficile. Basti questa domanda su tutte: è più facile pregare Dio chiedendogli di aiutare la povera gente che soffre, oppure usare il suo Spirito per essere noi ad aiutare la povera gente che soffre?