domenica 31 luglio 2022

31/07/22 VIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO C)

In ogni domenica del lungo tempo dopo Pentecoste, la prima lettura racconta un avvenimento della storia di Israele, e l’epistola e il Vangelo sono scelti di conseguenza per sviluppare il tema che emerge nella lettura. Il tema di oggi è molto intrigante: è il tema del potere, il potere degli uomini, il potere 

politico, il potere dei potenti e il potere di Dio, ed è un tema molto attuale perché, sviluppandolo, conduce a riflettere sul rapporto della Chiesa con lo Stato, della Chiesa con la politica, e la Chiesa siamo noi, e noi siamo anche cittadini dello stato italiano, tra l’altro chiamati a settembre ad andare a votare. Il panorama politico spesso deprimente e confuso conduce alla disaffezione, alla sfiducia, alle contrapposizioni tra i diversi schieramenti, a non sapere per chi votare, a non appassionarsi ai dibattiti, alla sfiducia verso i politici e la politica, a concludere che in fondo sono tutti uguali e uno vale l’altro, di conseguenza a disertare poi le urne, a non sentirsi parte attiva della società, conduce al disimpegno e ad una continua lamentela: piove governo ladro, c’è la siccità sempre governo ladro. Ma non c’è da stupirsi: basta studiare la storia per vedere che è sempre stato così. Nel Vangelo vanno da Gesù per chiedergli se fosse giusto non tanto pagare le tasse, ma pagarle agli aggressori romani, quindi a un potere ingiusto. Domenica scorsa si leggeva il momento in cui gli ebrei, nella terra promessa, finalmente liberi dagli egiziani, davanti a Giosuè a Sichem scelgono di servire solo il Signore, ed ecco che oggi, davanti a Samuele, cambiano idea e chiedono di avere un re come tutti gli altri popoli. Dio non voleva che Israele avesse un re perché un re, una autorità, può concepire il potere come un “prendere”: prenderà i vostri figli, le vostre figlie, i vostri campi, i vostri oliveti, li darà ai suoi ministri. Già i figli di Samuele, eletti giudici di Israele, come abbiamo letto, deviavano dietro il guadagno, accettavano regali e stravolgevano il diritto. Sembra di leggere una pagina di cronaca italiana che parla di tangenti, di corruzione, di illegalità. È quello che accade quando l’autorità politica usa il potere per i propri interessi, e questo è il degrado della vita politica, la perversione di una cosa che invece, questo è il punto, dovrebbe essere nobile, perché politica vuol dire letteralmente la cura della polis, della città degli uomini, tanto che il beato Papa Paolo VI definiva la politica come la più alta forma di carità, e oggi come allora abbiamo un estremo bisogno di donne e di uomini che si occupino con onestà e competenza della cosa pubblica, che usino cioè il potere per servire, non per dominare o per i propri interessi. Il potere è un dono bellissimo, potere significa possibilità: il problema quindi non è il potere, ma come lo si usa. E in mezzo a tutto questo c’è il potere di Dio. Nel corso della storia degli uomini e anche della Chiesa, proprio nel nome di Dio sono stati compiuti, purtroppo, anche i più efferati crimini e abusi di potere, perché se Dio lo si pensa come il più potente di tutti, l’onnipotente che tutto può, che fa, che decide, che sottomette, se io mi sento suo rappresentante farò lo stesso. Ma già nell’AT e poi soprattutto con Gesù viene fuori che il potere di Dio è un’altra cosa. Gesù mostra il potere di Dio prendendo il pane, ma non per mangiarselo lui, ma per spezzarlo e darlo a tutti. Il potere di Dio è infondere negli uomini il suo stesso Spirito d’amore capace di renderli suoi figli, così da usare il loro potere per assomigliargli nell’amore, per prendersi cura gli uni degli altri come fratelli, perché non vi sia nessun bisognoso nella società. Questo è il compito della politica e di chi fa politica. Ecco perché San Paolo invita non a sparlare e maledire le autorità (questo è sempre stato lo sport più diffuso, perché è il più facile), piuttosto invita a pregare per quelli che stanno al potere “perché – dice – gli uomini possano condurre una vita calma, tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio”. Ecco, il cristiano, come cittadino, è su questi criteri che deve provare a scegliere chi votare, compito molto arduo, sebbene, attenzione, sia sempre molto facile cadere nell’ipocrisia, cioè giudicare male l’agire politico dei governanti senza avvedersi del modo col quale, nel proprio piccolo, ognuno vive le sue politiche nel modo di gestire i rapporti con i vicini di casa, sul mondo del lavoro e anche in famiglia. E’ l’ipocrisia che Gesù smaschera con la celebre risposta data ai suoi avversari nel Vangelo di oggi. Tutti i capi politici e religiosi di Israele si erano accordati per eliminarlo e gli tendono un bel tranello. In base alla risposta che avrebbe dato si sarebbe capito se Gesù era amico del suo popolo o amico di Roma: se avesse detto di pagare il tributo a Cesare si sarebbe fatto nemico tutto il popolo, se avesse detto di non farlo, i romani l’avrebbero arrestato. Ma perché erano tutti concordi nel voler eliminare Gesù? Perché Gesù insegnava che il potere di Dio è quello dell’amore, del servizio, del prendersi cura di tutti, ed essi detestavano il potere di Roma perché erano loro a volere il potere per soggiogare il popolo. Vanno da Gesù per incastrarlo, e invece è lui a smascherare questa loro ipocrisia. Vi lamentate del potere di Roma però avete in tasca i soldi di Roma? Se accettate i benefici che vengono da Roma, allora pagate il tributo all’imperatore. Piuttosto, i figli di Dio sui quali esercitate il vostro potere non per servirli, ma per dominarli, come fanno i romani, nè piu nè meno, appartengono a Dio, non a voi, e allora restituite a Dio ciò che gli appartiene, cioè riconosceteli ogni uomo come suo figlio e vostro fratello da servire. E dunque, che la Parola del Signore continui a smascherare le piccole e grandi ipocrisie di tutti! E così sia.