domenica 7 agosto 2022

7/08/22 IX DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO C)

Le letture di oggi, in apparenza, sembra che tocchino poco la nostra vita e non siano interessanti, in particolare il vangelo, ma se riusciamo a cogliere il filo rosso che le unisce ci renderemo conto che non è così. Nel rito ambrosiano, ogni domenica dopo Pentecoste ci propone una lettura dell’Antico 

Testamento che parla di un avvenimento legato a un personaggio della storia di Israele. Domenica scorsa si leggeva il momento in cui il popolo chiede al profeta Samuele di avere un re, e oggi abbiamo letto quando Samuele unge re d’Israele un ragazzino, Davide, che sarà il successore del re Saul. A quei tempi si usava ungere con l’olio chi doveva assumere incarichi importanti. L’olio era il segno dello Spirito del Signore che avrebbe guidato il suo consacrato, come l’olio col quale anche noi siamo stati unti nel battesimo e nella cresima, olio che si chiama “crisma”, da cui la parola “cristo”. Dio aveva promesso che dalla discendenza di Davide sarebbe sorto un altro consacrato, un altro unto che avrebbe ricevuto da Dio la sua forza e il suo stesso potere. Gesù era discendente di Davide, come dice san Paolo nell’epistola, e molti credevano che dunque Gesù fosse lui il cristo, il messia. Dire cristo e messia è la stessa cosa: messia è un termine ebraico, cristo un termine greco. Gesù veniva chiamato figlio di Davide per indicare che era il cristo. Solo che Gesù non amava essere chiamato così perché la gente si aspettava che il cristo sarebbe stato un rivoluzionario politico che avrebbe ripetuto le gesta del re Davide guidando la rivolta armata e violenta contro i romani per ricostruire il Regno di Israele, mentre Gesù insegnava che il potere di Dio è quello di dare la vita agli uomini, non la morte, il potere di Dio è amore, perdono, servizio, e infatti, la folla che gli gridava “Osanna al figlio di Davide”, poi si mise a gridare “sia crocifisso”. Detto questo, il filo rosso che unisce queste letture è proprio il termine “cristo”. Cristo non è il cognome di Gesù e nemmeno un’esclamazione quasi blasfema che ogni tanto esce dalla bocca di qualcuno. Cosa vuol dire che Gesù è il Cristo? Vuol dire che Gesù è l’uomo che ha manifestato Dio, che agito con lo stesso potere di Dio. Ma, nel vangelo, Gesù dice di essere molto più di questo, infatti nel Credo noi diciamo che Gesù è l’unigenito figlio di Dio, cioè Dio nella condizione di uomo, l’unico che ha manifestato Dio in modo assoluto: “chi vede me, vede il Padre”. Chi di noi potrebbe dire di sé la stessa cosa? Però, ricordate cosa scrive san san Giovanni nel prologo del suo vangelo? Che a quanti accolgono il suo Spirito per mettere in pratica la sua parola, per vivere come lui, “ha dato il potere di diventare figli di Dio” come lui. Verrebbe da dire: degli altri Gesù, invece no. Se fosse così, noi ci chiameremmo gesuani, invece ci chiamiamo cristiani. Vi siete mai chiesti perché non ci chiamiamo gesuani, ma cristiani? Perché nessuno deve essere la fotocopia di nessuno, e poi perché nessuno di noi può essere fotocopia di Gesù. Non solo perché Gesù è la manifestazione assoluta di Dio, ma anche perché Gesù era un uomo del suo tempo, che visse nella Palestina di 2000 anni fa, e nessuno è chiamato a diventare ebreo, a farsi circoncidere, a mangiare e a vestirsi come Gesù. Senza dimenticare che le donne verrebbero escluse, considerando che Gesù era un maschio. Ecco perché non siamo “gesuani”. Noi siamo chiamati, in forza dell’unzione col crisma del battesimo e della cresima, non ad essere degli altri Gesù, ma degli “altri cristi”. Altri cristi vuol dire che ognuno di noi è chiamato ad essere, a modo suo, secondo la sua vocazione e le sue capacità, ad essere manifestazione di quel Dio che Gesù ci ha fatto vedere con la sua vita, a vivere dunque gli insegnamenti di Gesù con lo stesso Spirito di Gesù, ad amare i fratelli, per diventare dunque, come Gesù, figli del Padre, per divinizzarci, per diventare come Dio. Gesù è il Cristo perché ci ha fatto vedere, nella sua umanità, la pienezza di Dio. Ma “il Cristo” è più di Gesù, perché comprende anche noi, chiamati ciascuno ad essere ad essere come tasselli di un unico mosaico, frammenti piccoli o grandi di quel Dio rivelato da Gesù. Il sogno di Dio è che tutta la realtà diventi “cristica”, manifestazione del suo amore. Vedendo come vanno le cose nel mondo viene da dire: quanto cammino c’è da fare, davvero tanto, ma chi, prima di tutti, se non proprio noi che ci definiamo cristiani siamo chiamati a compiere questo cammino? Altrimenti è inutile.