lunedì 21 agosto 2023

XII DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO A)

A che gioco giochiamo? Ma soprattutto a che gioco vogliamo giocare? Anche ai tempi di Gesù i bambini con i loro giochi imitavano quello che facevano gli adulti. C’è il gioco della danza che porta alla gioia e quello del funerale che porta alla lamentazione. La prima lettura racconta uno dei giochi 

preferiti dagli uomini, cioè quello della guerra, che porta morte e distruzione. Le prime letture ascoltate nelle domeniche di queste 12 settimane del tempo dopo Pentecoste ci hanno fatto ripercorrere in ordine cronologico alcune tappe della storia di Israele. La liturgia delle prossime due domeniche ci introdurrà invece alle settimane chiamate “dopo il martirio di San Giovanni il Battista”, perché il Battista fa da ponte tra l’Antico e il Nuovo Testamento, indicando in Gesù il compimento, il punto di arrivo, non solo della storia di Israele, ma di tutta la storia del cosmo, dell’umanità e quindi anche del nostro rapido passaggio sulla terra. E la prima lettura di oggi racconta uno dei momenti più drammatici e tragici della storia di Israele, paragonabile per gli ebrei solo alla Shoah, e cioè quando i babilonesi distruggono Gerusalemme e il tempio di Salomone, e la maggior parte del popolo viene portata in esilio e si disperde: perde la terra promessa da Dio. Ecco uno dei giochi preferiti dagli uomini, quello della guerra. Che, prima di tutto, come denuncia il testo, è una guerra contro Dio, contro le sue leggi, perché la legge del gioco di Dio è la legge dell’amore. Una legge, scrive San Paolo nel lungo e difficile testo della lettera ai Romani, che Dio ha impresso nella coscienza di ogni uomo, da sempre, quale che sia il popolo o la religione. Non seguire questa legge vuol dire rovinare il gioco. Per poi mettersi a gridare “salvaci Signore”, come abbiamo ripetuto nel ritornello del salmo. E il Signore non smette di salvarci, da sempre: mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. “Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti”. Non c’è niente da fare: noi preferiamo questo gioco. E allora arriva Giovanni Battista, dice Gesù nel Vangelo di oggi, ma non viene ascoltato, perché proclamava penitenza e conversione per non incappare nell’ira di Dio: questo gioco dove Dio fa da poliziotto non piace. Ma nemmeno Gesù che viene ad annunciare il volto di un Dio unicamente buono, che va in cerca dei malati, non dei sani, che perdona per dare vita a chi non ce l’ha, che porta la salvezza per tutti viene ascoltato. I suoi oppositori, come bambini capricciosi, nemmeno al gioco di Dio proposto da Gesù vogliono aderire, forse perché, in fondo, uno pensa che essere troppo buoni sia da stupidi, e anche un Dio così non piace. Non dimentichiamo mai che comando di Gesù fate questo in memoria di me non si riferisce a celebrare un rito, ma a diventare come lui, a farci noi pani che si spezzano per la vita degli altri. Questo vuol dire giocare al gioco del Dio di Gesù nel quale noi diciamo di credere. E allora, noi, a quale gioco vogliamo giocare?