domenica 11 febbraio 2024

11/02/24 ULTIMA DOMENICA DOPO L'EPIFANIA (ANNO B)

Termina questa settimana il tempo dopo l’Epifania. Infatti, quella di oggi si qualifica come ultima domenica, e domenica prossima entriamo nel tempo di Quaresima. Epifania vuol dire manifestazione, e si riferisce alle prime manifestazioni pubbliche della divinità di Gesù. Che non vuol dire che Gesù, 

facendo certe cose, manifesta di essere Dio: vorrebbe dire che noi sappiamo già chi è Dio, mentre Dio nessuno lo ha visto o lo conosce. Tutto quello che noi sappiamo di Dio è ciò che di Dio ci ha fatto vedere Gesù, perché noi crediamo in lui che ha detto: chi vede me, vede il Padre. E’ Gesù l’epifania di Dio. E’ Gesù che dobbiamo guardare e conoscere per poter dire qualcosa di Dio. Tutta la vita di Gesù è epifania di Dio. I vangeli delle passate settimane ci hanno raccontato le prime epifanie: quella davanti ai Magi, quella del Battesimo al Giordano, quella nelle nozze di Cana, quella del gesto dei pani e dei pesci; domenica scorsa il pranzo di Gesù in casa del fariseo e il perdono alla prostituta che manifesta che Dio non guarda i meriti o i peccati, ma i bisogni delle persone: nessuno è escluso dal raggio del suo amore. Infine, l’epifania di oggi, dove i protagonisti del vangelo sono ancora un fariseo, ma stavolta un altro peccatore, il pubblicano, che manifesta ancora di più questa verità. Quale verità? Che il cammino di fede non è quello che pensava il fariseo, cioè una faticosa scalata verso l’alto fatta di rispetto delle regole per ottenere una ricompensa, un cammino nel quale sono in tanti a restare indietro perché non ce la fanno (come il pubblicano), ma che, al contrario, è Dio che si fa incontro a noi, che ci cerca e ci accoglie nella situazione in cui ci troviamo, bella o brutta, buona o cattiva che sia, per dare a ciascuno tutte le risorse necessarie per poter vivere al meglio la nostra esistenza, per cambiare ciò che possiamo cambiare e aiutarci ad accettare ciò che non possiamo cambiare, per cui è solo la fede nel suo amore che ci salva, non le nostre opere. Non è che Dio perdona chi è pentito (il pubblicano) e non perdona chi non è pentito (il fariseo). Dio è solo amore, e quindi può solo dare amore a tutti. E’ come il sole che scalda tutti, bravi e cattivi, e come la pioggia che bagna tutti, bravi e cattivi. Dio non fa differenze. Ma se io mi metto all’ombra, non vengo scaldato dal sole, e se io prendo l’ombrello non posso bagnarmi. Un bicchiere d’acqua disseta chiunque lo beva, ma se uno rifiuta di bere, muore di sete, non per colpa dell’acqua, ma per colpa sua. Il pentimento non serve per convincere Dio a perdonare, ma esprime il bisogno del suo amore, e del suo perdono può godere solo chi ne riconosce il bisogno. Solo così è data anche a noi la possibilità di diventare a nostra volta epifania, manifestazione dell’amore del Signore, quando a nostra volta anche noi impariamo ad avere verso gli altri lo stesso sguardo che Dio ha su di noi, a differenza del fariseo della parabola che, invece, disprezzava il suo fratello. Perché ognuno di noi, scrive san Paolo nel breve testo della lettera ai Romani di oggi, “renderà conto di sé stesso davanti a Dio”. Vuol dire che, se Dio è Padre, noi ce ne renderemo conto se avremo vissuto come suoi figli amando i fratelli, non disprezzandoli o giudicandoli come il fariseo, tanto meno, come dice sempre san Paolo, essendo per loro causa di inciampo o di scandalo.