domenica 30 giugno 2024

23/06/24 V DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO B)

Tenete sempre presente che nelle domeniche dopo Pentecoste, tipiche del nostro rito Ambrosiano, il Vangelo e la pagina di San Paolo sono scelte a partire dalla prima lettura, e ogni domenica, la prima lettura presenta, in ordine cronologico, un avvenimento della storia di Israele preso dalle pagine

dell’antico testamento. Oggi, il brano della Genesi, racconta il momento in cui Dio stipula la sua alleanza con Abramo e con tutta la sua discendenza attraverso il rito della circoncisione. Ma cosa vuol dire essere discendenza di Abramo? Chi sono i figli di Abramo? Gli ebrei e i musulmani si riconoscono discendenza di Abramo e pertanto, ancora oggi, i figli maschi vengono circoncisi. Anche noi cristiani ci riconosciamo discendenza di Abramo, però non veniamo circoncisi, e questo lo dobbiamo a San Paolo. Nel primo concilio della Chiesa che si svolse a Gerusalemme e di cui parlano gli Atti degli Apostoli, vi fu una discussione perché c’era chi sosteneva che un non ebreo che si convertiva e diventava cristiano, prima del Battesimo dovesse essere circonciso, e c’era chi sosteneva invece, come San Paolo, che questo non dovesse accadere, e alla fine prevalse, per fortuna nostra, o almeno di tutti i maschietti, la linea di San Paolo. Cosa sosteneva San Paolo? Sosteneva le cose che abbiamo ascoltato nel brano della lettera ai Romani. San Paolo, rifacendosi naturalmente agli insegnamenti di Gesù, diceva che i veri discendenti di Abramo sono quelli che hanno la stessa fede di Abramo. Abramo stesso, dice Paolo, fu circonciso dopo aver fatto la sua professione di fede, non prima. La circoncisione è solo un segno, un po’ come l’anello che si scambiano due fidanzati: si suppone che due fidanzati, prima di scambiarsi l’anello, già si amino. Perciò Abramo è padre sia dei circoncisi che hanno la stessa sua fede sia dei non circoncisi che hanno la sua stessa fede. Quel che conta quindi è la fede, non la circoncisione. Ora, tutto questo discorso ci appare molto concettuale e sembra in apparenza che abbia poco da dire a noi, soprattutto perché, come dicevo, la circoncisione è un rito che non ci tocca. In realtà questo discorso ha una portata pazzesca anche per noi, se cerchiamo di addentrarci nel ragionamento di Paolo che cerca di spiegare in cosa consiste questa fede di Abramo. Abramo, scrive Paolo, credette a Dio e questo gli fu accreditato come giustizia. Cosa significa? Qui Paolo ricorre ad un paragone col mondo del lavoro, e dice: il datore di lavoro ha un debito col suo dipendente, perché gli deve il salario come paga per il suo lavoro. Ma immaginate che il dipendente che crede nella bontà del suo datore di lavoro, ricevesse lo stesso la paga anche se non lavora. Di fatto, questo, tante volte accade, ed è un’ingiustizia. Ma nel rapporto con Dio, questa si chiama, invece, giustizia. Dio è giusto perché è fedele al suo amore, e quindi Dio non guarda i meriti delle persone, ma i loro bisogni; non effonde la sua grazia su chi se lo merita perché ha fatto bene il suo lavoro, ma distribuisce su tutti la sua grazia. Dio è come una fonte perenne di acqua a cui tutti possono dissetarsi, belli, brutti, buoni, cattivi. Dio non chiede niente a nessuno, Dio soltanto si offre. Ma allora vuol dire che, quale che sia il modo con cui vivo la mia vita, tanto vale? No, non vuol dire questo, perché, è vero che Dio offre a tutti la sua grazia, il suo spirito e il suo amore, poi però spetta alla libertà di ciascuno accogliere o meno la grazia di Dio. È come se io mi trovassi appunto di fronte ad una fontana, avessi sete, e poi non mi mettessi a bere l’acqua. Ma l’acqua è donata comunque gratis a tutti, non è lo stipendio, la paga per il nostro lavoro, è un dono. Non capire questo vuol dire, come spesso accade, che uno, se dopo aver pregato o fatto del bene, viene colpito da una sciagura, si arrabbia col Signore e perde la fede, appunto perché pensa che la grazia di Dio sia lo stipendio che si merita, che Dio sia in debito con lui, che la grazia di Dio uno la compera con le sue opere. Questa non è la fede di Abramo. Abramo credette, badate bene, non in Dio, ma a Dio, cioè credette al suo amore, si fidò e praticò la sua Parola. E ciò, gli fu accreditato come giustizia, cioè Dio ritenne che questo modo di vivere la fede da parte di Abramo fosse il modo giusto per essere in relazione con Lui. E chi è questo Dio? È il Dio che Gesù ci ha rivelato, come abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. Ma credere in Gesù vuol dire, appunto, fidarsi della sua Parola e metterla in pratica, altrimenti non è fede, e nemmeno metterla in pratica per avere lo stipendio. Se io credo nell’amore di Dio, questo amore gratuito lo accolgo e poi lo uso. Tanto è vero che Gesu dice che chi non osserva la sua Parola non viene giudicato, perché “io non sono venuto per giudicare il mondo, ma per salvarlo”. Appunto, Dio è una fonte d’acqua disponibile per tutti, per chi osserva e per chi non osserva, ma se io non osservo, non pratico la sua parola, allora è inutile, la mia fede è falsa, non è la fede di Abramo e io, circonciso o meno, battezzato o non battezzato, non sono figlio discendenza di Abramo. Infatti, Gesù che sarà proprio questa sua parola a giudicarlo nell’ultimo giorno. L’ultimo giorno, nel vangelo di Giovanni, è l’ora della croce, quando Gesù mostra che la sua Parola che parlava dell’amore di Dio è vera, perché si lascia uccidere senza restituire il male, ma addirittura continuando a donare il suo spirito d’amore a tutti, anche a coloro che lo stavano uccidendo. Poi, però, quest’acqua va accolta e usata, altrimenti non serve a nulla. Non è Dio a condannare, Dio non condanna nessuno, è solo fonte di vita e salvezza, ma siamo noi che, se non abbiamo fede in questo amore, non lo accogliamo e non lo usiamo, ci autocondanniamo da soli.