lunedì 27 maggio 2024

26/05/24 SS TRINITA'

Sinceramente, vi confesso che fatico a capire la scelta liturgica di farci ascoltare letture come queste in occasione della festa della Trinità. Certo, le pagine di san Paolo e del vangelo nominano il Padre, il Figlio e lo Spirito santo, ma sono frammenti di testi più ampi, presi così diventano difficili da spiegare, 

e poi ce ne sono tanti altri in cui si nominano le persone della Trinità. Più interessante, invece, è la pagina del libro dell’Esodo, quando Mosè si rivolge all’Eterno e gli chiede: «Mostrami la tua gloria», ovvero «fatti vedere». Glielo chiede quando si rende conto che il popolo, dopo che Dio lo aveva liberato dall’Egitto e aveva chiesto di osservare i comandamenti, si costruisce un vitello d’oro, e quindi Dio avrebbe tutti i diritti di punirlo. E allora, Mosè chiede al Signore di non farlo, ma di mostrare la sua gloria, cioè la sua vera essenza, di farsi vedere per quello che è. Si tratta di un desiderio impossibile che Dio non concede, tuttavia il Signore dice a Mosè: «Io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere». Perché, chi vuol vedere Dio deve seguire Dio, e quando io sto dietro qualcuno, gli vedo le spalle. Perché Dio è come il sole. Il sole dà la vita al mondo, fa sì che le cose esistano. Ecco perché Gesù chiamava Dio col nome di Padre, non certamente per dire che Dio è un maschio. Ma il sole non possiamo vederlo, ci acceca. Ecco perché non possiamo vedere Dio. Ogni volta che cerchiamo di vederlo, restiamo ciechi, prendiamo abbagli. “Chi vede Dio, muore”, dicono alcune pagine dell’Antico Testamento. Però, la Bibbia dice che Dio ha creato l’uomo a sua immagine: vuol dire che dovremmo essere noi l’immagine di Dio, l’immagine del Padre. Perché dico “dovremmo”? Beh, perché, onestamente, noi siamo bravi a fare cose splendide, ma siamo dei campioni nel compiere anche i gesti più efferati, e Dio non può essere così. Tanto è vero che, alla fine, noi commettiamo l’errore di pensare Dio a nostra immagine, trasferendo su di lui tutti i nostri deliri di onnipotenza, tutti i desideri che non possiamo realizzare, quello che ci piacerebbe essere e non siamo, perfettissimo, onnipotente, giusto, ma giusto come intendiamo noi la giustizia, che premia e punisce chi se lo merita. Spesso, quanto uno va in crisi di fede o diventa ateo, è perché pensa a Dio in questo modo. Ma Dio non è questo. Sarà con Gesù che si comprenderà cosa vuol dire che l’immagine di Dio su questa terra è l’essere umano. E’ Gesù il modello di uomo in cui il Padre si rispecchia. Gesù dirà: chi vede me, vede il Padre. Gesù chiama Dio col nome di Padre, cioè fonte di vita e di amore, perché, le opere di amore che l’uomo Gesù compie, lo rivelano. E quindi, man mano che la nostra umanità si modella su Cristo, ecco che allora anche noi diventiamo l’immagine del Dio invisibile. E quindi, se il Padre è il sole, Gesù è la luce che promana dal sole, che illumina le cose. Del sole, noi possiamo, infatti, vedere la sua luce, senza restare accecati. La fede non è cieca, ma la fede in Gesù ci fa vedere chi è Dio. Gesù è il Figlio, perché è colui che, pur diverso dal Padre, però gli assomiglia, come la luce del sole, che non è il sole, ma ce lo mostra e, nel contempo, è una cosa sola col sole, come il Figlio è una cosa sola col Padre. Ma come il sole e la luce producono calore, così l’amore del Padre e del Figlio si traducono nel dono dello Spirito santo che innerva tutte le cose e dà la vita. Anche il calore è una cosa diversa dalla luce e dal sole, ma è una cosa sola con loro. Ecco, io penso che questo paragone col sole possa aiutarci un po’ di più a comprendere il mistero del Dio uno e trino nel quale noi crediamo. Noi continueremo per tutta la vita a vedere le spalle di Dio, come dicevo prima, imparando, come Mosè, a stargli dietro, cioè a seguire le indicazioni che ci ha dato Gesù sulla croce. In questo modo, anche chi vedrà noi, vedrà qualcosa di Dio, le sue spalle. Le «spalle di Dio» diventano allora anche il sorriso di un amico, l’abbraccio di un bambino, il grido di chi soffre, gli occhi di chi si sente perduto. Le spalle di Dio diventano tutto ciò che è stato creato e che rivela bontà e bellezza, capace di affascinare e sorprendere. Le spalle di Dio è anche tutto quello che, per grazia, anche l’uomo ha saputo realizzare nell’arte e nell’ingegno, restituendo pace e armonia nel mondo. Dio vuole essere tutto in tutti. Questo è il suo sogno. Che noi facciamo di tutto per ostacolare. Vuol dire che non è Dio che deve aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare Dio a farsi vedere da tutti attraverso noi.