mercoledì 15 maggio 2024

12/05/24 DOMENICA DOPO ASCENSIONE

Vi propongo tre riflessioni. Brevi, perché ciascuna di esse meriterebbe un approfondimento non da poco. La prima riflessione riguarda l’ascensione al cielo di Gesù che, liturgicamente, abbiamo celebrato giovedì, e infatti oggi è la prima domenica dopo l’ascensione. Noi crediamo, come ripeteremo dopo nel 

Credo, che Gesù risorto è asceso al cielo con il suo corpo glorioso e siede alla destra del Padre. Cosa significa? La nostra mente ci porta ad immaginare Gesù come un astronauta che sale in cielo sopra le nuvole, in qualche angolo dell’universo, seduto accanto ad un uomo anziano con la barba bianca, quindi a un Dio lontano, come pensiamo che siano lontani i nostri defunti quando diciamo che “sono andati in cielo”. Niente di più sbagliato. L’errore nasce dal fatto che prendiamo alla lettera il linguaggio biblico senza decifrarlo. La Bibbia, per esprimere dimensioni spirituali usa immagini materiali, quindi, in questo caso, per parlare della dimensione divina usa il termine “cielo”, e per indicare la persona nella sua interezza usa la parola “corpo”. Perciò, Gesù risorto e asceso al cielo col suo corpo indica che la persona di Gesù, morendo sulla croce, è entrata completamente nella dimensione divina, si è trasformata completamente in Dio, ha raggiunto la piena comunione col Padre. Nel linguaggio biblico, inoltre, “seduto alla destra del re” era chi riceveva dal sovrano il suo stesso potere. Quindi, Gesù seduto alla destra del Padre significa che Gesù riceve dal Padre il suo stesso potere. E qual è il potere di Dio? Di continuare a infondere la sua stessa vita immortale a tutti gli uomini, di effondere il suo amore in tutte le creature attraverso lo spirito Santo, come contempleremo domenica prossima a Pentecoste. Perciò, l’Ascensione la Pentecoste, anche se temporalmente si celebrano a distanza tra di loro e dalla Pasqua, in realtà sono le due facce della stessa medaglia che è la Pasqua, cioè spieganocosa vuol dire che Gesù è risorto, e quindi quali sono le conseguenze della Pasqua, conseguenze che toccano anche noi, il nostro destino, non solo quello di Gesù. Ci dicono che risorgere vuol dire venire trasformati completamente in Dio, e che questo Dio dimora in noi attraverso il suo Spirito: dunque che Dio non è lontano, in cielo appunto, ma è talmente vicino da essere dentro di noi, e con lui tutti i nostri defunti, e così sarà della nostra intera persona dopo la morte. Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù prega il Padre perché i suoi discepoli siano uno come egli è uno col Padre. Vuol dire che il corpo glorioso di Gesù risorto non è invisibile, ma siamo noi, membra del suo corpo, che guidati dal suo Spirito, siamo chiamati, col nostro modo di vivere fraterno, a fare vedere a tutti il volto di Dio. La seconda riflessione, più breve, riguarda la figura di Giuda. Negli Atti degli apostoli c’è scritto che era necessario che Giuda tradisse Gesù, e anche Gesù nel Vangelo lo chiama figlio della perdizione, specificando che quello che fece era previsto dalle Scritture. Una cattiva interpretazione porta a pensare che Giuda fosse un burattino nelle mani di Dio: per questo non riusciamo a spiegarci come sia possibile che Dio abbia voluto questo, come se fosse Dio a decidere il destino di ogni uomo, nel bene nel male. Invece, “era necessario”, “bisognava” che Giuda facesse questo, così come “era necessario” che Gesù morisse sulla croce, significa una cosa bellissima: che, siccome, purtroppo, tutti siamo bravissimi a compiere il male, è necessario che questo male venga fuori, è necessario, cioè, riconoscerlo, perchè solo facendo il male può venire fuori l’amore di Dio. Certo, sarebbe meglio riconoscere la grandezza dell’amore di Dio senza fare il male, ma siccome non è così, era necessario che Gesù morisse in quel modo per mostrarcelo. Se siete stati attenti, avrete notato che gli Atti degli Apostoli raccontano la morte di Giuda in un modo diverso e molto più raccapricciante rispetto a come si legge nei Vangeli: non per impiccagione, ma precipitando da un dirupo, e così il suo corpo si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere. Noi non sapremo mai come andarono davvero le cose, perché le pagine delle Scritture vogliono raccontare verità di fede, e spesso non vanno prese alla lettera, come le espressioni sull’ascensione di cui abbiamo parlato prima. L’immagine cruenta usata negli Atti viene usata per esprimere quello che stavo dicendo prima, e cioè che era necessario che da Giuda uscisse tutto il male, così come, dalle viscere di Gesù crocifisso, uscirà il bene assoluto dell’amore di Dio. E qui mi collego alla terza e ultima riflessione, brevissima, che prendo da un versetto della pagina di San Paolo, dove spiega cos’è la vera religiosità. Per noi, una persona religiosa è una che prega sempre e segue tutti i dettami della religione. Anche qui niente di più sbagliato. Paolo usa come al solito un linguaggio complicato che non sto adesso a rileggere, per indicare che la vera religiosità è credere nello smisurato amore di Dio che si è rivelato nella carne di Cristo e nella sua risurrezione, quindi non consiste in quello che noi facciamo per Dio, pensando così di meritare il suo amore e sentendoci sempre indegni e pieni di dannosi sensi di colpa, ma la vera religiosità è accogliere quello che Dio fa per noi.