OMELIA NELLA FESTA PASTORALE
Siccome queste letture sono molto difficili e spiegarle richiederebbe troppo tempo, voglio prendere tre frasi da ciascuna e collegarle tra di loro. La prima frase si trova nel brano della lettera agli Ebrei dove si dice: la casa di Dio siamo noi. Bellissimo. Vuol dire che Dio, col suo Spirito, abita dentro ciascuno di
noi. Ma allora, perché (scrive il profeta Isaia, e questa è la seconda frase), tu, Signore, permetti che gli uomini si allontanino dalle tue vie e il loro cuore si indurisca? La risposta la dà Gesù nel vangelo: voi non credete perché, anche se Dio abita voi, voi non conoscete chi è Dio, non capite che Dio è Padre, quindi che Dio è solo amore, e quindi, in voi non dimora l’amore di Dio, non siete in sintonia con lui; infatti, voi non cercate la gloria di Dio, ma la gloria degli uomini. In ebraico, il termine “gloria” significa peso, consistenza, valore. Per il mondo, cioè per la mentalità comune, che è anche la nostra, una persona vale se è ricca, bella, famosa, importante, forte, di successo, che ha tutto e tutti ai suoi piedi, se è sana fisicamente, altrimenti diventa inutile, un peso, non serve a niente. Allo stesso modo, uno pensa che anche Dio valga quando si comporta come un supereroe o un super mago, che decide, comanda, premia, castiga, esaudisce le nostre richieste, altrimenti, anche lui non serve a niente. E invece, Dio quanto vale, quanto pesa? Gesù, con la sua vita, ci ha fatto vedere che Dio pesa niente, perché tutto quello che è e che ha lo dona, non tiene per sé la sua vita, ma la dona a tutti; perciò, la gloria di Dio è il suo amore senza misura per ciascuno di noi. Vuol dire che ciascuno di noi vale, non per quello che ha o che possiede, ma perché è amato da Dio in questo modo. Ma se in te non abita questo amore, dice Gesù, cioè se non capisci che Dio è questo, invece di affidarti e credere in Lui, continuerai a cercare la gloria degli uomini, che è solo vanagloria. Così facendo, invece di diventare leggero come Dio, ti appesantisci cercando di avere, di possedere, e ti sentirai sempre inadeguato, amareggiato, arrabbiato col mondo perché non sei come vorrebbero gli altri o non hai quello che hanno gli altri, e quindi sempre in guerra con tutti. E con un Dio che non chiede niente, che non chiede di essere servito per avere dei benefici, ma che ti riempie del suo amore perché tu possa imparare a mettere la tua vita a servizio dei fratelli e trovare in questo la gioia della tua vita, tu non vorrai mai avere nulla a che fare.
Proviamo allora ad applicare queste cose, prima di tutto a
ciascuno di noi, cioè, ognuno si chieda: capisco che la fede non è star qui a
discutere se uno crede o non crede nell’esistenza di Dio, ma credere che Dio è solo
fonte di vita e di amore, fidarmi e fare quello che ha detto Gesù, per
sperimentare che davvero c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Proviamo poi a pensare a chi, nella vita, cerca davvero di vivere così: non sono forse queste le persone più stimabili, perché si vede che sono persone autentiche, vere?
E poi. Non solo una comunità civile, ma soprattutto particolare
una comunità cristiana, può esistere solo e soltanto se ci sono persone che
cercano la gloria di Dio, cioè di mettersi a servizio degli altri per il bene
di tutti. È quello che fanno i tantissimi volontari durante l’anno, in ogni
ambito, donando, ciascuno secondo le sue possibilità, il loro tempo e i loro
talenti, non tenendoli per sé. Senza di loro, la vita delle nostre parrocchie
si fermerebbe. Lo stesso dicasi della festa pastorale: penso non solo a chi ha
organizzato tutto, ma a chi si sta adoperando in questi giorni nei più svariati
servizi, soprattutto i più umili. Ecco, questo è lo stile di vita del cristiano.
Oggi, in particolare, esprimiamo la nostra gratitudine per quelli che iniziano
o proseguono il loro mandato nel consiglio pastorale e nei tre consigli degli
affari economici delle nostre tre parrocchie. Io è solo da un anno che sono
qui. Senza di loro e senza tutte queste persone, un prete, bravo o meno bravo
che sia, non potrebbe far nulla. Mio desiderio è che nessuno di voi qui
presente o non presente, come i nostri cari malati che ricordiamo e, a loro
volta, si ricordano di noi nelle loro preghiere, si senta un corpo estraneo,
insignificante o inutile, tantomeno spettatore che si limita ad assistere, ma
entri in sintonia con questo Dio che abita in noi e sia dunque stimolato,
secondo le proprie possibilità e capacità, a mettersi a servizio di tutti per
il bene di tutti.