Oggi inizia la Settimana Santa, giovedì inizia il Triduo pasquale e termina la Quaresima, il tempo che serve per riscoprire il dono del nostro Battesimo, e allora, la prima riflessione che oggi vi propongo è una domanda, che rivolgo anzitutto a me e che vorrei che ognuno si facesse, e cioè se questo tempo è
servito o no per verificare le luci e le ombre della nostra vita cristiana, senza dimenticare che, quest’anno, la grazia del Giubileo è un aiuto in più per convertirci e credere al Vangelo, senza mai abbatterci quando vediamo, in noi, ancora tante distanze dal Signore, animati dalla speranza che, proprio oggi, ci viene richiamata (MESSA DEL GIORNO dalle parole del brano della lettera agli Ebrei dove si dice: Fratelli, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, pensando quanto egli abbia sopportato l’ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo) (MESSA CON PROCESSIONE dalle parole di san Paolo che, nella lettera ai Colossesi, ci ripete che Cristo ha riconciliato e pacificato, con il sangue della sua croce, sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli, cioè ha confermato la perenne alleanza di Dio con gli uomini). La seconda e la terza riflessione le faccio a partire dai vangeli che si leggono in questa domenica, perché, mentre nella Messa con la processione si legge il momento dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, nelle altre Messe si legge quello che, secondo l’evangelista Giovanni, accadde la sera prima. Il protagonista della prima scena è il profumo di nardo col quale Maria unge i piedi di Gesù, mentre il protagonista dell’altra scena è l’asino su cui monta Gesù entrando in città. Ebbene, sia il profumo sia l’asino sono immagini di Gesù, quindi di Dio. Partiamo allora dal profumo. Il profumo simboleggia Dio come colui che, attraverso Gesù, dona una vita capace di superare la morte. Nella casa di Betania, in cui abitavano Lazzaro con le sorelle Marta e Maria, prima c’era puzza di morte e, ora, con l’intervento di Gesù, c’è il profumo della vita, e si fa festa con una cena, una cena che, in realtà, è l’eucaristia, dove l’amore si spreca e genera un profumo di vita che sentono tutti, perché il profumo è qualcosa che si espande, senza bisogno che nessuno si impegni per farlo, al punto che una grande folla accorse per vedere. Anche qui sorge una domanda per tutti: nelle nostre celebrazioni si respira questo profumo? Usciamo di chiesa intrisi di questo profumo, perché possa espandersi? Il profumo dell’incenso, e anche quello del nardo col quale profumerò le vostre mani quando uscirete di chiesa, sono simboli del profumo della vita immortale che Dio ci dona, di questo Dio che vuole farci risorgere, non un giorno, ma già adesso. Che la Pasqua non è la data di un calendario, e nemmeno qualcosa che riguarda un lontano futuro dopo la morte. Riescono, le nostre eucaristie a farci risorgere davvero? Dipende se siamo qui con lo spirito grato e innamorato di Maria, o con lo spirito scettico, ipocrita e interessato di Giuda che, nel gesto di Maria, vede solo spreco. La terza e ultima riflessione, come dicevo, la prendo, invece, dal vangelo della Messa con la processione, dove il protagonista, invece, è l’asino, sul quale Gesù, la mattina dopo la cena di Betania, monta per entrare in Gerusalemme. Un Gesù profumato che monta su un asino maleodorante. Un contrasto molto evidente che si presta a tante interpretazioni. A me piace interpretarlo così: la potenza del profumo dell’amore di Dio che si manifesta non nella grandezza, ma in quelle opere umili che tutti scarteremmo. La cavalcatura dei re non era l’asino, ma la mula, o il cavallo. La folla attendeva l’arrivo del Messia come re vittorioso che, con la violenza, avrebbe preso il potere e fatto la rivoluzione contro i romani. Per questo gli grida “Osanna”, che vuol dire “Signore, salvaci”. Gesù, invece, sceglie l’asino, una bestia da soma, che porta su di sé i pesi degli altri, per adempiere la profezia di Zaccaria che annunciava l’arrivo del Messia come re di pace che avrebbe fatto sparire i carri da guerra. L’asino è davvero immagine del Dio di Gesù che, sulla croce, prende il male su di sé senza restituirlo. La folla aveva dimenticato questa profezia, eppure Gesù era seduto su un asino davanti ai loro occhi. Quando Dio diventa la proiezione dei propri deliri di onnipotenza, si resta ciechi. Come ciechi continuano ad essere anche oggi i cristiani di tutto il mondo, compresi quelli dei paesi in guerra tra loro, e anche i governanti che si dichiarano cristiani e oggi vanno a Messa e tengono in mano l’ulivo come noi e cantano “Osanna”: mi chiedo se hanno capito da cosa Cristo è venuto a salvarci, e che la pace non si raggiunge con la corsa agli armamenti. E noi lo abbiamo capito? Noi che siamo qui desideriamo lasciare che Dio ci inondi col profumo del suo amore che ha il retrogusto dell’odore dell’asino? Siamo convinti che il potere di Dio che contempleremo nei prossimi giorni è capace di rendere profumato proprio ciò che noi scarteremmo?