domenica 6 aprile 2025

6/4/25 V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

Il racconto della cosiddetta risurrezione di Lazzaro è uno dei passi evangelici più difficili e complessi, a partire dallo stesso titolo che gli viene comunemente dato: la risurrezione di Lazzaro. Cos’è la risurrezione? Cosa vuol dire risorgere? Risorgere vuol dire passare da una vita mortale a una vita 

immortale. Propriamente, quella di Lazzaro non fu una risurrezione, ma la rianimazione di un cadavere, non il passaggio a una vita immortale, ma il ritorno alla vita terrena, infatti, poi, Lazzaro morirà ancora. Pensandoci bene, Gesù non gli fece un grande favore. Va bene morire una volta, ma due volte mi sembra troppo. In realtà, la rianimazione del cadavere di Lazzaro, morto da quattro giorni, fu un segno per mostrare a tutti che, colui che avevano messo nel sepolcro pensandolo morto, in realtà non era mai morto. Erano loro ad aver messo il masso sul sepolcro, come se la morte del corpo fosse la fine di tutto. Ci “avevano messo una pietra sopra”: lo diciamo anche noi per parlare di una cosa che è finita per sempre. Ma Gesù ordinerà ai presenti di togliere quella pietra, di scioglierlo dalle bende che lo avvolgevano, e di lasciarlo andare, per indicare che (come dice il salmo 18), Dio ci libera dai lacci della morte. Non è Gesù a compiere questi gesti, ma ordina che siano loro ad eseguirli, perché sono loro che devono decidere se piangere Lazzaro come morto o sperimentarlo come vivo. Tanto è vero che l’evangelista scrive che, dal sepolcro, uscì il morto, non Lazzaro, perché Lazzaro era già risorto. Infatti, subito dopo, sarà uno dei commensali seduto a fianco di Gesù nella cena che fecero nella casa di Betania per festeggiare questo evento, ma questa cena che cos’è? E’ l’eucaristia, durante la quale, con Gesù risorto e vivo, si rendono presenti anche i defunti. Se vogliamo piangere come morti i nostri cari, andiamo al cimitero; se, invece, vogliamo sperimentarli come vivi, celebriamo l’eucaristia. “Cimitero” è il nome che i primi cristiani diedero alle necropoli. Necropoli vuol dire città dei morti, mentre cimitero vuol dire dormitorio. Infatti, quando vanno a dirgli che Lazzaro era morto, Gesù dice: non è morto, ma dorme. Per Gesù, la morte è solo del corpo, ed è un riposo. Non un riposo inteso come ozio eterno (che noia), ma dalle fatiche terrene. Da qui deriva il termine “defunto” che significa “uno che ha cessato un’attività”, infatti Il riposo, il dormire, serve per risvegliarsi e riprendere con maggior vigore un’attività. L’attività dei defunti non è dormire per sempre, ma continuare, insieme a Dio, a infondere vita e amore a noi viventi. Sembra cinico l’atteggiamento di Gesù che, quando vanno a dirgli che il suo amico Lazzaro era malato, attese che morisse prima di muoversi, tanto è vero che, sia Marta sia Maria, le sorelle di Lazzaro, quando giunse a Betania, lo rimproverarono dicendo: se tu fossi stato qui nostro fratello non sarebbe morto. E anche i presenti davanti alla tomba dicono: costui che ha guarito il cieco non poteva far si che Lazzaro non morisse? In realtà, queste domande esprimono il desiderio umano che Dio intervenga ad eliminare la morte, e l’atteggiamento di Gesù non è cinismo, ma il segno che la morte del corpo è inevitabile, nessuno può sfuggirvi, nemmeno i suoi amici, come Lazzaro. Ma, per i suoi amici, la morte è solo del corpo, non della persona. Vuol dire che la risurrezione è solo per gli amici di Gesù? Questo lo sapremo dopo la morte. Cerchiamo però di capire chi sono gli amici di Gesù. L’amicizia rende simili le persone, le pone sullo stesso piano. Gesù ha detto che suoi amici sono quelli che si comportano come lui, che vivono come lui, perché diventano come lui. Gesù dice a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede, cioè, chi aderisce a me (e aderire a Gesù vuol dire vivere il suo stesso amore, e questo vale anche per qualunque persona, anche per un ateo), quindi, chi vive nell’amore come me, come ha fatto Lazzaro mio amico, anche se muore, vivrà, cioè, voi lo vedete morto, ma in realtà è vivo”. E prosegue: “Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno”. Gesù non dice che un giorno i morti torneranno a vivere. Gli ebrei, non tutti, pensavano che l’ultimo giorno della storia, i corpi dei giusti che stavano nel regno dei morti (lo sheol, l’ade, gli inferi) sarebbero ritornati in vita. Con Gesù, ripeto, cambia il concetto di risurrezione. Il suo potere è quello di dare la stessa vita immortale di Dio, adesso, a chi crede in lui, una qualità di vita tale che la morte sarà solo del corpo. Quindi sta affermando che Dio non fa risorgere i morti, ma fa risorgere quelli che sono vivi e che, come Lazzaro, gli sono amici perché vivono come lui. La risurrezione, dunque, non è una realtà che ci aspetta in un lontano futuro dopo la morte del corpo, ma un processo di trasformazione che inizia già in questa vita terrena, man mano che impariamo, con l’aiuto del Signore, a vivere almeno una briciola dell’amore Dio nei confronti degli altri. Chi vive così si trasforma, risorge, diventa come Gesù, come Dio, e il momento della morte del corpo sarà il compimento della Pasqua, il passaggio definitivo (Pasqua vuol dire passaggio), la trasformazione totale della propria persona in Dio.