venerdì 18 luglio 2025

17/04/25 MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE

All’inizio della Messa, dicevo che noi siamo qui, questa sera e nei prossimi giorni, a vivere con Gesù gli avvenimenti della sua passione, morte e risurrezione. Vivere questi avvenimenti vuol dire che noi non siamo qui come spettatori che ricordano fatti accaduti nel passato e che non ci riguardano, perché

noi, in quel tempo, non c’eravamo. Noi siamo molto più fortunati dei discepoli di allora, di Pietro, di Giuda, degli altri discepoli, della folla e di tutti i personaggi che compaiono nel racconto evangelico, perché noi sappiamo già e crediamo che Gesù è risorto, è vivo, è qui con noi. Noi conosciamo già il finale della storia. Ma a cosa ci serve credere che Cristo è risorto se non capiamo cosa vuol dire risorgere e se non risorgiamo anche noi insieme con lui? Per risorgere anche noi insieme a lui, non possiamo essere spettatori di fatti del passato, ma dobbiamo avere l’umiltà di percorrere anche noi lo stesso cammino fatto da Gesù, mettendoci alla scuola della sua parola e, quindi, della sua vita. E tutta la vita di Gesù si riassume e si manifesta nel gesto eucaristico compiuto nell’Ultima Cena. Una vita tesa a mostrare, con le sue parole e, soprattutto, coi suoi gesti, che Dio è Padre, fonte di vita immortale per chi gli assomiglia nell’amore. Che noi possiamo diventare come Dio se, come lui, impariamo ad amarci con lo stesso amore di Dio, a dare la nostra vita per gli altri, a lavarci i piedi gli uni gli altri, vivendo nella logica del servizio, del perdono, dell’accoglienza reciproca. Vivendo così iniziamo già ora a risorgere, e il momento della morte sarà, anche per noi, come per Gesù, il compimento di questa risurrezione, quando verremo trasformati completamente in Dio. Volete diventare come Dio? Fate questo in memoria di me: cioè, fate quello che ho fatto io. Nel momento della consacrazione, Gesù diventa il pane che gli offriamo perché noi, mangiandolo, ci assimiliamo e diventiamo come lui, e diventa vino da bere perché quel vino è il suo sangue, il suo Spirito, il suo amore, senza il quale questa trasformazione sarebbe impossibile. Ecco, io, questa sera, chiedo a me stesso e chiedo anche a voi se è questa l’intenzione con la quale noi partecipiamo all’Eucaristia. Uno può venire a Messa per mille motivi, col rischio di dimenticare quello fondamentale: che veniamo a Messa perché Gesù si fonda con noi e noi diventiamo come lui, per risorgere. Notate bene, ho usato il plurale: non perché Gesù si fonda con me, ma con noi. Certo, perché noi ci nutriamo del sangue, della vita di Gesù, che nutre tutto il suo Corpo, e il Corpo di Gesù risorto è fatto da tutti. La comunione non è solo con Gesù, ma, attraverso Gesù, con tutto il suo corpo. San Paolo è molto chiaro a riguardo, e usa parole molto severe verso i Corinti, come leggevamo prima: essi si radunavano per la cena, ma non vivevano la comunione con gli altri, con i poveri e gli stranieri, e Paolo dice: questa non è comunione, il corpo di Cristo sono tutti i fratelli, se escludi uno, escludi Dio, e quindi questo non è fare comunione, ma mangiare la tua condanna: molti tra voi sono malati proprio per questo, perché non vi prendete cura di loro. Un po’ come fece Giona, il protagonista del racconto della prima lettura, che, all’inizio, non voleva andare ad annunciare la misericordia di Dio agli abitanti di Ninive, invitandoli alla conversione, perché non accettava che Dio amasse anche i popoli stranieri. Mi piace Giona perché, in un passo del vangelo, siccome Pietro era quello che aveva sempre da contestare Gesù e faceva sempre il contrario di quello che Gesù diceva, fino ad arrivare a rinnegarlo, a un certo punto Gesù lo chiama “figlio di Giona”. E allora, se Giona è come Pietro e Pietro è come i Corinti, c’è speranza anche per noi che siamo un po’ come Giona, come Pietro e come i Corinti. Perché, vedete, il problema non è scoprire che siamo spesso distanti dai sentimenti di Cristo. Non è un problema, perché noi siamo fatti così, il Signore lo sa e ci ama comunque. Il problema è se desideriamo davvero risorgere, permettere a Gesù di fondersi con noi per farci risorgere, diventare come lui e, quindi, se quando partecipiamo all’eucaristia facendo la comunione, siamo animati o meno da questo desiderio.