La festa della Santissima Trinità, che apre il nuovo tempo liturgico dopo Pentecoste, e anche la festa del Corpus Domini che si celebrerà settimana prossima, sono due feste diverse da tutte le altre, un po’ strane, perché mettono al centro due tematiche che, di per sé, si celebrano sempre in ogni eucaristia, nel
senso che ogni eucarestia è sempre festa della Santissima Trinità e del corpo e del sangue del Signore Gesù. La festa della Trinità richiama tutti i cristiani a non perdere mai di vista il fatto che noi non crediamo genericamente in Dio, ma in un solo Dio che è Padre e Figlio e Spirito Santo. Questo dogma di fede lo ripetiamo sempre nel Credo, quella professione di fede che fu il frutto del concilio di Nicea e poi di Costantinopoli. Quest’anno, tutte le chiese cristiane fanno memoria del concilio di Nicea che si aprì 1700 anni fa, il 20 maggio dell’anno 325. Nel corso della storia della Chiesa, purtroppo, ci sono stati tutti gli scismi che hanno portato i cristiani a dividersi in confessioni diverse (cattolici, ortodossi, riformati, anglicani), ma la fede nella Santissima Trinità definita dal concilio di Nicea è il terreno comune e la condizione imprescindibile per dirsi cristiani. Detto altrimenti: su tante questioni, purtroppo, i cristiani nel mondo sono divisi, ma non sul fatto che tutti credono in un Dio Uno e Trino, Padre e Figlio e Spirito Santo. Dio nessuno lo ha mai visto, tutto quello che noi sappiamo di Dio è quello che di Dio ci ha detto Gesù, e Gesù chiamava Dio col nome di Padre, diceva di sé di essere Figlio rivelatore del Padre, e dello Spirito Santo come presenza dell’amore del Padre e del Figlio dentro di noi. Per questo, a chiunque chieda “ma tu credi in Dio?”, un cristiano non risponde genericamente “sì”. Alla stessa domanda, risponderebbe “sì” qualunque uomo e qualunque donna quale che sia la sua religione. La risposta giusta è: io credo nel Dio che Gesù ha rivelato, credo in un solo Dio che è Padre e Figlio e Spirito Santo. Allo stesso modo, anche quando qualcuno ti dice che non crede in Dio, sarebbe utile impostare un dialogo rispondendo con un’altra domanda: a quale Dio non credi? quando parli di Dio, a cosa o a chi ti riferisci? Domande fondamentali anche per noi, perché non è così scontato che anche noi che siamo qui in chiesa e che tra poco faremo la nostra professione di fede con le parole del simbolo di Nicea, siamo trinitari. È più facile che siamo confusionari. Diciamo che un’attenuante non da poco l’abbiamo: pretendere di conoscere il mistero di Dio o di definire chi è Dio è come pretendere di tenere l’acqua in un pugno o voler svuotare il mare col secchiello. Ancor di più pensare Dio come Uno e Trino, possibilmente senza confonderlo col titolo del celebre vecchio film con Bud Spencer “Lo chiamavano Trinità”. Le parole umane, anche quelle che pronunciamo nel Credo di Nicea, sono sempre limitate: Gesù stesso parlava di Dio attraverso immagini e parabole. I padri della Chiesa, per esempio, per parlare della Trinità presero a prestito proprio il brano della lettura che oggi ci propone la liturgia, interpretando i tre misteriosi personaggi che visitarono Abramo alle querce di Mamre come immagini della Trinità. A me, che non sono un teologo, c’è un’altra immagine che un po’ mi aiuta a penetrare con la mente questo mistero. È l’immagine del sole. Non può esistere il sole senza i raggi, né i raggi senza il sole, e dal sole coi suoi raggi scaturiscono vita, fuoco e calore. Proviamo a pensare al Padre come al sole, al Figlio come al suo raggio che ce lo fa vedere (perché il sole non possiamo vederlo, ci acceca), e allo Spirito santo come al fuoco e al calore che scaturisce dal sole e dai suoi raggi. I raggi e il calore sono generati dal sole, ma sole, raggi e calore, pur essendo tre realtà diverse, sono un’unica cosa. Di più. Il Figlio, facendosi carne, facendosi uomo, ha dato la possibilità a tutti di diventare, a nostra volta, figli dello stesso Padre, attraverso l’azione dello Spirito Santo e, perciò, di entrare anche noi nell’immenso mare dell’infinità di Dio. Se noi, accogliendo lo Spirito Santo che viene dal Padre e dal Figlio, impariamo a vivere come figli che amano i fratelli con lo stesso amore di Gesù, diventiamo a nostra volta raggi di questo sole, diventiamo manifestazione di Dio. Quel Dio impossibile per la mente e per il cuore da pensare e definire con parole umane, si rende visibile a tutti quando regna l’amore: dov’è carità e amore lì c’è Dio. A me, che non sono un teologo, c’è un’altra immagine che un po’ mi aiuta a penetrare con la mente questo mistero. È l’immagine del sole. Non può esistere il sole senza i raggi, né i raggi senza il sole, e dal sole coi suoi raggi scaturiscono vita, fuoco e calore. Proviamo a pensare al Padre come al sole, al Figlio come al suo raggio che ce lo fa vedere (perché il sole non possiamo vederlo, ci acceca), e allo Spirito santo come al fuoco e al calore che scaturisce dal sole e dai suoi raggi. I raggi e il calore sono generati dal sole, ma sole, raggi e calore, pur essendo tre realtà diverse, sono un’unica cosa. Di più. Il Figlio, facendosi carne, facendosi uomo, ha dato la possibilità a tutti di diventare, a nostra volta, figli dello stesso Padre, attraverso l’azione dello Spirito Santo e, perciò, di entrare anche noi nell’immenso mare dell’infinità di Dio. Se noi, accogliendo lo Spirito Santo che viene dal Padre e dal Figlio, impariamo a vivere come figli che amano i fratelli con lo stesso amore di Gesù, diventiamo a nostra volta raggi di questo sole, diventiamo manifestazione di Dio. Quel Dio impossibile per la mente e per il cuore da pensare e definire con parole umane, si rende visibile a tutti quando regna l’amore: dov’è carità e amore lì c’è Dio.