venerdì 18 luglio 2025

8/06/25 PENTECOSTE

Nel brano degli Atti degli Apostoli si racconta il momento in cui lo Spirito del Signore irrompe dal cielo con fragore, come vento e fuoco, sui discepoli di Gesù, più precisamente nella casa in cui essi si trovavano. Sono immagini prese dall’Antico Testamento per descrivere quello che accade a livello 

interiore se uno accoglie l’azione dello Spirito. Il fragore è un suono, ed è simbolo della Parola di Dio: il segno che uno ha davvero accolto la Parola del Signore è che la propria vita viene scombussolata. Il vento esprime la potenza di Dio che è capace di vincere le nostre resistenze alla sua Parola. La casa è la nostra interiorità. Le lingue di fuoco indicano che la potenza dello Spirito santo, cioè dell’amore di Dio, è uguale per tutti, ma ognuno vive ed esprime questo dono a modo suo, perché ognuno è diverso dall’altro, come spiega bene san Paolo nel brano della lettera ai Corinzi, quando dice che a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Certo, per il bene comune, perché se fosse solo a vantaggio dei propri interessi, questa non sarebbe una manifestazione dello Spirito. Tanto è verso che tutti i popoli presenti a Gerusalemme riuscivano a capire quello che dicevano i discepoli di Gesù. Non perché, improvvisamente, i discepoli fossero diventati poliglotti, ma perché chi davvero accoglie lo Spirito del Padre scopre di essere figlio e che gli altri sono fratelli, e allora diventa capace di parlare l’unico linguaggio che tutti capiscono, quello dell’amore. In questo modo si realizza il sogno di Dio, viene il suo Regno, perché tutta l’umanità, fatta da persone ognuna diversa dall’altra, inizia a vivere una comunione d’amore, ad immagine e somiglianza della comunione d’amore che unisce tra loro le tre persone della Trinità, tanto da renderle una cosa sola. Non a caso, nella lista dei popoli che, improvvisamente, si sentono uniti nella diversità, vengono elencati proprio tutti i peggiori nemici di Israele. Ora, se guardiamo la storia dell’umanità che continua ad essere costellata da orrori, violenze, ingiustizie, guerre (pensiamo solo a quelle ancora in atto proprio in quelle terre), ci rendiamo conto che l’evento della Pentecoste, e quindi il sogno di Dio, l’avvento del suo Regno, è qualcosa che deve ancora realizzarsi e che è possibile solo man mano che gli uomini imparano ad accogliere l’azione dello Spirito. La Pentecoste cristiana porta a compimento la Pentecoste ebraica, che era ed è tuttora la festa in cui si commemora il momento in cui Dio si manifestò a Mosè sul monte Sinai donando al popolo di Israele la Legge, i dieci comandamenti, per cui Dio non va più pensato come un legislatore a cui bisogna obbedire, ma come Padre che, col suo Spirito, dona agli uomini di vivere come figli e fratelli a immagine di Gesù, cioè di mettere in pratica l’unico comandamento dell’amore. Questa festa ci mostra che Dio non è in cielo o chissà dove, ma è dentro di noi. E, soprattutto, che Dio è ben visibile: quando dentro di noi ci sono sentimenti di pace, di gioia, di volontà di fare il bene, di perdonare, di servire; quando, come scrive sempre san Paolo, riusciamo ad accoglierci e a stare insieme, tutti diversi, ciascuno coi suoi doni, senza provare invidia o farci la guerra; quando davanti ai dolori, alle sofferenze e alla morte riusciamo a non disperarci, ma ad avere forza, fiducia e speranza. Ecco, qui vediamo Dio, lo vediamo all’opera, perché è il suo Spirito dentro di noi a generare tutto questo. Lo Spirito santo è l’amore che unisce il Padre col Figlio Gesù e che viene donato a noi. Purtroppo, sono più le volte in cui Dio non lo vediamo all’opera, ma non è colpa di Dio o perché Dio non c’è, ma è colpa nostra che non gli permettiamo di agire. Perché è sempre uno solo il dono che Dio fa a tutti: sé stesso, il suo Spirito. La preghiera, perciò, non serve per chiedere a Dio di trasformare la realtà delle cose, ma è quell’esercizio vitale che serve per renderci conto della sua presenza in noi, per entrare in contatto con lui e per essere da lui trasformati ad immagine di Gesù. In Gesù, Dio si è fatto uomo per farci vedere quello che dobbiamo fare anche noi, e ce ne ha dato la forza con lo Spirito santo. Gesù risorto non si è allontanato da noi, ma si è reso ancora più vicino e presente, certo, in una forma nuova: col suo Spirito dentro di noi, attraverso i sacramenti, con la sua Parola che dobbiamo ascoltare, meditare e mettere in pratica.