sabato 26 luglio 2025

VII DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO C

Nelle domeniche dopo Pentecoste, il nostro rito ambrosiano sceglie i brani del Vangelo e delle epistole a partire dalla prima lettura, che ogni settimana propone un passo fondamentale dell’Antico Testamento. 

Oggi, VII domenica, abbiamo ascoltato un testo cruciale: Giosuè 24, la grande assemblea di Sichem, dove il popolo rinnova l’alleanza con Dio che ha donato loro la terra. Mi torna in mente il 1988, quando il cardinale Martini radunò i giovani della diocesi al Palalido di Milano. Io ero appena entrato in seminario. Ci chiamò a raccolta evocando proprio quella scena biblica: “Scegliete oggi chi volete servire”, disse Giosuè. E anche noi, come Israele, rispondemmo: “Vogliamo servire il Signore”. Ma sapevamo davvero cosa significava? Quella domanda torna, ogni volta che celebriamo l’Eucaristia. È la stessa che Gesù pose ai discepoli nel Vangelo, ma in forma negativa: “Volete andarvene anche voi?” Glielo chiese dopo che, molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Come mai? Cosa aveva di così duro la parola di Gesù da indurre molti ad andarsene? Siamo al termine del capitolo 6 di Giovanni, dove Gesù aveva preso distanza dalle tradizioni dei padri di Israele dicendo che Dio va servito e onorato se si è disposti a farsi servi gli uni degli altri, perché Dio è Padre non solo di Israele, ma di tutta l’umanità, anche dei nemici di Israele. Gesù aveva detto di essere il pane della vita, di nutrirsi di lui, della stessa vita di Dio, per diventare come Dio, capaci di amare, perdonare, servire i fratelli, donare la vita. Come poteva accettare una rivelazione del genere persone chi era pervaso da desideri nazionalisti, di ambizione, successo e potere? Per questo dice: “Nessuno ò venire a me se non gli è concesso dal Padre”. Che non vuol dire che il Padre concede a qualcuno si e a qualcuno no di aderire al messaggio di Gesù, ma il contrario, e cioè che solo a chi riconosce Dio come Padre, se stesso come figlio e gli altri come fratelli, può aderire al messaggio di Gesù. “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla”: solo chi è disposto a lasciarsi guidare dallo Spirito, non dalla pancia, può comprendere il volto del Dio di Gesù. Ed è bella la libertà di Gesù che, a fronte dell’abbandono di molti, non cerca di attirare consensi abbassando il tiro, ma chiede ai pochi rimasti: volete andarvene anche voi? E Pietro risponde: “Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.” Una risposta bella, ma ancora ambigua, perché lo chiama “Santo di Dio”, titolo che nei Vangeli usano persino i demoni. Vuol dire che Pietro crede, ma non ha ancora capito: pensa a un Messia potente, dominatore. E infatti, quando Gesù, il nuovo Giosuè (Giosuè vuol dire Gesù) rifiuta la via della forza e accetta la croce, Pietro lo abbandona e lo rinnega. Pensate l’attualità di questo discorso. Infatti, purtroppo, questa continua ad essere ancora l’ideologia, non del popolo ebraico o degli ebrei in generale, ma di quelle frange fondamentaliste, a cui appartiene anche Nethaniau. Il Cardinale Lojudice, Arcivescovo di Siena, ha denunciato con forza l’uso distorto dell’Antico Testamento per giustificare la negazione dei diritti umani. Anche il libro di Giosuè, che racconta conquiste e guerre, se letto in modo letterale, può diventare un’arma ideologica. Ma Gesù offre un’interpretazione profetica: il “nemico” da distruggere non è l’altro uomo, ma il male dentro di noi, quello che porta – ancora oggi – allo sterminio di innocenti. È una parola scomoda, dura. Per chi si lascia guidare dalla carne, e non dallo spirito, resta inaccettabile. Chi, invece, sceglie davvero di servire il Signore, scopre che, in realtà, è Dio che si offre a noi per darci la forza di donarci agli altri. Come si legge anche nella recente dichiarazione congiunta del cardinale Zuppi, presidente della CEI, e del presidente della Comunità Ebraica di Bologna. Insieme chiedono la fine delle ostilità nella Striscia di Gaza: stop alle armi, liberazione degli ostaggi, cure ai feriti, corridoi umanitari, fine delle occupazioni. Condannano terrorismo e morte dei civili, e ribadiscono che solo il dialogo, la giustizia e il rispetto reciproco possono portare pace a israeliani e palestinesi. Rifiutano antisemitismo, islamofobia e cristianofobia, e chiedono alle istituzioni di agire con coraggio. Come ha ribadito anche Papa Leone: basta tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo. La supremazia non risolve i problemi, li aggrava. Allora oggi, ancora una volta, il Signore ci guarda negli occhi e ci chiede: “Scegliete chi volete servire? L’unico Dio, o gli idoli della forza, della supremazia, delle armi, del denaro, del solo interesse nazionale a scapito degli altri? Volete andarvene anche voi?” E anche noi, come Pietro, possiamo rispondere: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.” Ma che sia una risposta vera. E consapevole.