Sono tante le parole che ci hanno raggiunto questa sera. Parole di Dio di cui abbiamo assoluto bisogno, perché non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Parole che però
dobbiamo comprendere ed interiorizzare, altrimenti non sortiscono effetto. Spero che la proiezione delle pur semplici introduzioni alle letture che sono state proclamate sia stata d’aiuto. Ma il punto di arrivo è, come sempre, il vangelo. Da stasera fino a domenica prossima, per tutta l’Ottava di Pasqua, in ogni Messa, vengono proclamati i vangeli della risurrezione, perché ogni vangelo ne parla in modo diverso. Come mai? Perché la preoccupazione degli evangelisti è quella di far vedere in che modo ogni uomo di ogni tempo può incontrare il Gesù risorto nella propria vita, sentire la sua presenza viva, altrimenti è inutile. Nessun evangelista racconta il momento della risurrezione di Gesù, perché nessuno fu testimone in quel momento. Ma tanti furono coloro che sperimentarono sulla loro pelle e nel loro cuore la presenza viva di quell’uomo che era stato crocifisso e risorto, ed è questo che ogni evangelista cerca di raccontare, dandoci le indicazioni perché la stessa cosa possa capitare anche a noi. Soffermiamoci allora per un momento sulle indicazioni che ci dà l’evangelista Matteo. La liturgia parte, questa notte, dalla versione di Matteo perché è il suo vangelo ad averci accompagnato nelle celebrazioni del Triduo pasquale. Protagoniste sono due delle donne che erano con Gesù mentre veniva crocifisso, Maria di Màgdala e l'altra Maria. Eppure, durante la crocifissione, Matteo scriveva che era presente anche la madre dei figli di Zebedeo, cioè degli apostoli Giacomo e Giovanni, quella che, in precedenza, era andata da Gesù ad intercedere, a raccomandare (diremmo noi) i suoi due bambini affinchè, quando Gesù avrebbe preso il potere, potessero sedere, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra, cioè potessero diventare primi ministri nel suo Regno. Quando vide che il trono del re era una croce e che, alla destra e alla sinistra di Gesù, vi erano due malfattori, si infransero i suoi sogni di gloria, perse ogni speranza, e il mattino di Pasqua non andò al sepolcro e non incontrò il Risorto. Ecco la prima indicazione dell’evangelista: chi in questa vita dà importanza al successo e al potere, non può sperimentare la presenza viva del Signore, il cui potere è quello di rendere gli uomini capaci di mettersi a servizio gli uni degli altri. E questo è anche il significato del grande terremoto e della presenza dell’angelo che rotolò via la pietra dal sepolcro. Nella Bibbia, i terremoti non sono i sismi, ma il segno che Dio, quando si manifesta, è come un terremoto che ci smuove dentro, e l’angelo rappresenta la potenza della Parola di Dio capace di ribaltare e sconvolgere le nostre certezze, in questo caso la certezza che la morte sia la fine di tutto. Per lo spavento, le guardie furono scosse e rimasero come morte, perché la luce del risorto mette in evidenza chi ha sempre vissuto nelle tenebre della morte. Non è così per le donne che, seppure ancora non avessero capito, avevano però aderito a Gesù, e infatti l’angelo si rivolge ad esse e dice: «Voi non abbiate paura!”. Sentiamocele ripetere anche noi queste parole soprattutto quando dubitiamo nei momenti più bui della vita. So che cercate Gesù, il crocifisso: voi pensate che uno che ha vissuto come Gesù morto da maledetto si trovi al cimitero. Come vi sbagliate. Notate che dice loro, non “non è più qui”, ma “non è qui”, cioè non è mai stato qui, perché il sepolcro non può contenere un uomo che ha vissuto come Gesù. Ecco un’altra indicazione che ci sta dando Matto: chi vive come Gesù, appartiene a Dio, e la morte del corpo non ha potere su di lui. E prosegue: “È risorto, infatti, come aveva detto”, e infatti, lo aveva detto per tre volte nel corso della sua predicazione, come per dire: siete gnucche a crederci, venite, guardate il luogo dove era stato deposto, è vuoto. Se volete incontrare Gesù risorto, non dovete venire al cimitero, non dovete pensarlo morto. Piuttosto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea, là lo vedrete, non solo i discepoli, ma anche voi. Cosa vuol dire? Che anche noi, per vedere Gesù risorto, dobbiamo andare in Terra Santa, precisamente in Galilea, perché se andiamo in Giudea non lo vediamo? Il vedere, di cui si parla, è un vedere interiore, è un’esperienza, una comprensione che si avverte dentro di sé (non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi). Mentre la Galilea fu il luogo della predicazione di Gesù. Qual è allora l’ultima indicazione che ci sta dando l’evangelista? Vuoi sperimentare dentro di te la presenza viva di Gesù? Metti in pratica i suoi insegnamenti, vivi il vangelo, non essere solo ascoltatore, e dentro di te sentirai la beatitudine che Gesù ha promesso, ti accorgerai di essere invaso da una forza e da una speranza che non vengono da te, capaci di smuovere le montagne: sono il segno che davvero Gesù è risorto, che davvero l’amore è più forte della morte, perché tu stai risorgendo, stai diventando una nuova creatura, a immagine di Gesù. Stai davvero facendo Pasqua. Augurare buona Pasqua non può significare meno di questo. La Pasqua è buona per questo, non perché sono buone le uova di cioccolato.