Nelle letture di oggi si parla di fede, giustizia e salvezza. Roba leggera. Nel rito ambrosiano, dopo Pentecoste, ogni domenica le prime letture ci fanno vedere i momenti salienti dell’Antico Testamento, come fosse un cineforum biblico. Oggi tocca ad Abramo, l’uomo che trattava con Dio come si fa al
mercato: “Signore, se a Sodoma ci sono cinquanta giusti, la salvi? E se sono trenta? Dieci? E se ce ne fosse solo uno con la fedina pulita?”. E Dio, calmo: “No, Abramo. A Sodoma non c’è neanche un giusto. Manco uno col cane buono.” E allora Abramo, che è un tipo tosto, insiste. Ma non per salvare solo i buoni. Lui vuole salvare tutti. Perché ha capito che Dio non è giusto perché punisce… ma Dio è giusto perché vuole salvare i colpevoli trattandoli come innocenti. Come se il giudice ti dicesse: “Sei colpevole, ma ti offro un caffè e ti invito a cambiare vita.” Poi arriva San Paolo e ci dice: “Abramo si è salvato non perché era perfetto, ma perché si è fidato. Ha creduto in un Dio che dà vita ai morti, uno che mantiene le promesse anche quando nessuno ci crede più, neanche i parenti stretti.” E nel Vangelo arriva la domanda che brucia: “Chi si salva?”. E Gesù, in modo per niente diplomatico, risponde: “Non chi mi dice ‘Signore, Signore’, ma chi fa la volontà del Padre, amando come me”. E gli altri? ‘Non vi conosco, anche se siete stati in chiesa, anche se avete fatto il presepe e la lavanda dei piedi’. Capito? Potremmo essere noi. Che preghiamo, partecipiamo alla messa, ascoltiamo il Vangelo… e poi, fuori, trattiamo male il prossimo, giudichiamo, sparliamo del collega e litighiamo al parcheggio. La salvezza, allora, non è un biglietto per il paradiso. È lasciarsi trasformare dall’amore di Dio. E se non ci lasciamo cambiare… Gesù non ci riconosce, perché Gesù riconosce come suoi fratelli, suoi simili, suoi amici, quelli che vivono come figli del Padre, come lui, amando i fratelli, ma non perché l’ha detto lui. Questo è il punto. Qualora uno facesse anche le cose più belle, ma non perché si è convertito, non per amore, ma per obbedienza. Se fosse per me ti ammazzerei, ma, per carità cristiana, cioè perché l’ha detto Gesù, ti risparmio. Per chi agisce così, dice Gesù, “ci sarà pianto e stridore di denti”, un’espressione ebraica che tradotta nel nostro linguaggio vuol dire “Vi metterete le mani nei capelli pensando di aver fallito la vita.” E allora la preghiera – come quella di Abramo – non serve per convincere Dio, che tanto è già convinto di amarci. Serve per convincere noi. Per aprire le orecchie, gli occhi e il cuore. Per diventare persone che si sporcano le mani per il bene. Perché se il mondo va ancora avanti, non è grazie a chi fa il male, ma grazie a chi fa il bene, a chi sopporta anche il male degli altri, senza restituirlo. Come ha fatto Gesù sulla croce, l’unico giusto. Che se avesse restituito e continuasse a restituire tutto il male, l’umanità avrebbe finito di esistere già dal suo sorgere.