sabato 2 agosto 2025

VIII DOMENICA DOPO PENTECOSTE (ANNO C)

Ogni domenica, dopo Pentecoste, la liturgia ci propone un pezzo della storia di Israele, a cui seguono l’Epistola e il Vangelo che ne sviluppano il tema. Oggi il filo conduttore è il potere: politico, umano, divino. Un tema attuale, visto il panorama politico italiano, europeo e mondiale, che spesso genera 

disillusione e sfiducia. Sembra di essere governati da persone irresponsabili che giocano a Risiko con le nostre vite. Ma non è una novità: basta aprire un libro di storia, o anche la Bibbia. Settimana scorsa, avevamo lasciato gli ebrei che – liberati dagli egiziani – finalmente avevano scelto, a Sichem, davanti a Giosuè, di servire il Signore, di avere Dio come unico re. Bene. Tempo dopo, come abbiamo ascoltato nella lettura di oggi, li ritroviamo davanti a Samuele a chiedere che cosa? … un re. Proprio quello che Dio NON voleva. Perché? Perché un re, dice Samuele, può diventare uno che “prende” (ricorre in continuazione questo verbo): prende figli, figlie, campi, oliveti... come in certe cronache italiane che parlano di tangenti, bustarelle, e favoritismi. Già i figli di Samuele, giudici d’Israele, prendevano regali e truccavano le sentenze. Quando chi governa usa il potere per sé, il risultato è il degrado politico. Paolo VI definiva la politica come “la più alta forma di carità”, perché deve operare per il bene comune. Il problema, quindi, non è il potere, avere un re o no, ma come si usa questo potere. Il potere è una possibilità. Può essere uno strumento per servire o per schiacciare. Dipende da chi lo esercita e da quale spirito si lascia guidare. E Dio? Che potere ha Dio? Purtroppo, quando parliamo di Dio, anche nel Credo diciamo che è Padre onnipotente, e allora pensiamo che il suo potere sia quello di potere fare tutto. Ma se Dio può tutto ed è anche Padre buono, come mai allora non interviene di fronte alle tremende tragedie, ingiustizie e sofferenze dell’umanità? Qualcuno risponde che Dio non vuole il male, ma lo permette, ma, se così fosse, sarebbe un Dio complice del male. In realtà, dicendo che Dio è onnipotente, si deve intendere che il potere dell’amore di Dio è capace di fare tutto quando qualcuno lo accoglie. È l’amore che può tutto. Gesù ci mostra il potere di Dio prendendo il pane… per spez­zarlo e donarlo. Il potere di Dio è amore, è Spirito che trasforma gli uomini in figli, capaci a loro volta di servire, amare, costruire una società in cui nessuno sia abbandonato. Per questo, San Paolo, nell’epistola, ci lancia una sfida non da poco: invita non a maledire i politici, ma a pregare per loro. Sì, anche quelli che ci fanno venire l’orticaria. Perché il fine della loro azione, scrive, è quella di usare il loro potere per consentire a tutti di vivere una vita calma, dignitosa, serena. E come cristiani, anche quando si va a votare, questo dovrebbe essere il nostro criterio: chi ci aiuta davvero a costruire una società giusta e fraterna? Ma attenti all’ipocrisia, quella che Gesù smaschera nel Vangelo di oggi. I capi religiosi e politici di Israele si erano messi d’accordo per tendergli una trappola: “È lecito pagare le tasse a Roma?” Se risponde sì, è filo-romano, un servo di Roma; se risponde di no, è un sovversivo e viene arrestato. E lui? Geniale. Prima di tutto smaschera la loro ipocrisia. Nel tempio di Gerusalemme non si potevano comprare gli animali per i sacrifici usando monete imperiali, perché su di esse era impressa l’immagine di Cesare, considerato una divinità, inammissibile per il popolo che ha come Dio l’unico Signore. Per questo, nel Tempio, c’erano i cambiamonete. Gesù non aveva con sé nessuna moneta imperiale. Infatti, è lui a chiedere loro di mostrargli la moneta del tributo, ed essi, senza battere ciglio, gli mostrano la moneta. Proprio loro, i paladini dell’ortodossia, pronti a condannare chi entrava nel tempio con quelle monete, ce l’avevano in tasca. Figura meschina davanti a tutti, perché mostrava che, in realtà, il loro vero dio era il Denaro. Ma Gesù non infierisce, bensì pronuncia la celebre frase: “rendete, restituite a Cesare quello che è di Cesare, cioè: avete in tasca la moneta di Cesare? e allora pagate Cesare con le cose sue. Se accettate i benefici di Roma, non lamentatevi, non mettetevi a fare i moralisti e i rivoluzionari part-time”. Ma soprattutto: “rendete a Dio quello che è di Dio”. Cos’è che devono restituire a Dio e che è di Dio? Gesù aveva precedentemente accusato i capi religiosi e spirituali di essersi impadroniti della vigna del Signore, di essersi messi, per interesse, tra Dio e il popolo, imponendo le loro tradizioni e le loro leggi, oscurando l’amore di Dio per il suo popolo. A Dio appartiene ogni uomo, perché in ogni uomo è impressa la sua immagine, per cui nessuno può arrogarsi il diritto di usare il potere per dominare, ma per servire. Davvero, quella di oggi è una Parola che prende il bisturi e smaschera tutte le nostre belle ipocrisie, grandi e piccole. Politiche e personali. Perché ci interroga anche sul modo in cui ciascuno di noi esercita, nella Chiesa, in famiglia, con gli amici, sul lavoro, il proprio piccolo o grande potere.