Le letture di queste domeniche dopo il Martirio di san
Giovanni Battista ci stanno aiutando a rispondere alla domanda che si faceva il
re Erode nel vangelo di quattro domeniche fa, e cioè chi è Gesù. Come chi è
Gesù, diciamo noi? Noi lo sappiamo chi è, lo diciamo sempre nel Credo: Gesù è
il Figlio di Dio. Ma noi non sappiamo chi è Dio: è Gesù che ce lo dice. E la
cosa bella, se ascoltiamo quello che dice Gesù e ci crediamo, è scoprire che
Dio è molto diverso da quello che abbiamo in mente noi. Se tu squarciassi i
cieli e scendessi, diceva il profeta Isaia facendosi voce del popolo d’Israele
che tanto per cambiare stava vivendo un momento molto difficile della sua
storia, come sono difficili tanti nostri momenti della vita: Gerusalemme era
stata distrutta
dai Babilonesi e bisognava ricostruire tutto e ricominciare
tutto daccapo. Oltretutto pensavano che questi guai dipendessero dal fatto che
Dio li aveva castigati per i loro peccati. Come l’uomo del salmo che nel suo
letto si gira e rigira senza riuscire a prendere sonno perché pensa che Dio lo
abbia abbandonato a causa del suo peccato. Pensare Dio come il giudice che
premia i buoni e castiga i cattivi. Poi quando non lo fa, allora è cattivo.
Oppure pensare Dio come colui che risolve i nostri guai. Ecco perché nel
vangelo di oggi tutti cercavano Gesù. Lui aveva appena moltiplicato i pani e i
pesci e loro non avevano capito il significato di questo miracolo, e quindi
pensavano che erano iniziati i saldi: cibo gratis per tutti senza neanche fare
la spesa. Ecco chi è Dio: una macchinetta. Oppure pensare Dio come colui che
bisogna ingraziarselo per avere i benefici. Nel difficile brano della lettera
agli Ebrei si descrivono i bellissimi riti che il popolo d’Israele compiva per
ottenere le grazie da Dio, come facciamo anche noi in chiesa, ma si dice che
con Gesù le cose sono cambiate. Perché? Adesso lo vediamo. I Vangeli di queste
domeniche stanno smontando una per una le nostre false idee su Dio appunto perché
Gesù ci fa vedere che Dio è un'altra cosa. Nel vangelo di due domeniche fa,
Gesù diceva che Dio è Padre noi siamo suoi figli, quindi gli altri sono nostri
fratelli. Che è una cosa basilare, il centro della nostra fede cristiana, non
ce n’è un altro, che ha una portata, cioè delle conseguenze incredibili.
Vediamole. Se Dio è un padre, vuol dire che non è un giudice e io non devo fare
niente per ingraziarmi il suo amore, altrimenti non sarebbe un padre. Se io
sono figlio, vuol dire che tutto quello che ho è un dono, e allora non devo
pretendere niente. Se Dio è il Padre che ci ha dato la vita, vuol dire che non
vuole togliercela, sennò poteva tenersela, piuttosto è colui che vuole che
siamo felici. Infatti vuole darci la vita eterna che poi la stessa cosa. Ma
noi, come i polli rimbambiti in cerca del mangime, pensiamo che la felicità
consista nell’avere la pappa pronta, cioè avere tutte le cose che vogliamo. Per
questo ci rivolgiamo a Dio come i figli prepotenti che vogliono avere la
merendina, il cibo gratis. Questo, dice Gesù nel Vangelo di oggi, è il pane che
perisce. Infatti gli chiedono un segno come quello che aveva fatto Mosè nel
deserto per dimostrare che lui era Dio. Gesù dimostra di essere Dio. Ma non il
Dio che pensavano loro, appunto perché Dio è diverso. Ci insegna che per essere
felici abbiamo bisogno non della merendina, non del pane che perisce, ma di un
altro pane, infatti nel Padre nostro ci ha insegnato a chiedere il pane
quotidiano. Ma questo pane è Gesù stesso, noi chiediamo al Padre di darci Gesù.
Perché se abbiamo Gesù non moriamo, ma abbiamo la vita, la felicità. Perché
Gesù ci ha insegnato, e questa cosa l’ha fatta lui per primo, che per essere
felici bisogna imparare ad amare come Lui ama noi. E lui ci ama come il Padre
ama lui. E domenica scorsa ci ha fatto vedere fino a che punto ci ama. Di
fronte al nostro male, piuttosto che ucciderci, si lascia uccidere lui sulla
croce perdonandoci, affinchè anche noi facciamo la stessa cosa verso gli altri.
Per essere felici dobbiamo diventare come Gesù. Sentirci amati dal Padre come si
sentiva amato Gesù, e quindi amare il Padre come Gesù, e di conseguenza amare gli
altri, anche i peggiori che noi vorremmo eliminare dalla faccia della terra,
non perché ce lo ordina Dio, così ci premia, ma perché sono nostri fratelli,
amarli nel modo in cui Gesù, il Figlio, ama noi suoi fratelli. Cosa dobbiamo
fare per avere questo pane? gli chiedono. Credere in me. Ma cosa vuol dire
credere in Gesù e credere in Dio? Non vuol dire credere che Dio esiste. Anche
il diavolo crede che Dio esiste. Non serve niente credere che Dio esiste e poi
vivere come se lui non ci fosse. Credere in Dio vuol dire compiere l'opera di
Dio. E l'opera di Dio è vivere come Gesù, vivere col suo spirito che è lo
spirito di figlio che ama i fratelli, e affrontare la vita, con le sue prove,
le sue difficoltà e le sue croci, nel modo in cui l'ha vissuta Gesù. Questa è
la sua volontà, questo è quello che Dio ci chiede, perché è l’unico modo per
essere felici e avere la vita eterna. Dio non ha più nessun segno da darci. Sulla
croce, tutto quello che Dio aveva da dire e da fare lo ha detto e lo ha fatto.
Ci ha lasciato come segno del suo amore il pane il vino nell'Eucaristia che
diventano il suo corpo il suo sangue. Noi veniamo a Messa non per ingraziarci
il Signore o per dovere, ma per nutrirci del suo amore per poter vivere del suo
amore uscendo di chiesa. Qual è il problema?
Che siamo gnucchi, e capire queste cose non è facile, tanto è vero che
poi andiamo avanti a pensare Dio modo nostro, e così continuiamo vivere male la
nostra esistenza e a lamentarci poi con un Dio che non esiste.