domenica 7 settembre 2014

II DOMENICA DOPO IL MARTIRIO ANNO A 2014


Ricordate domenica scorsa la domanda che faceva il re Erode riferendosi a Gesù? Si chiedeva: chi è costui? Ecco, le letture delle domeniche del tempo dopo il martirio di san Giovanni vogliono aiutarci a rispondere a questa domanda importantissima, perché tutti corriamo il rischio di pensare Dio a modo nostro, e invece Gesù è colui che ci rivela, ci fa capire chi è Dio veramente. E nel vangelo di oggi Gesù dice che Dio è Padre, che il Padre ama il Figlio e il Figlio ama il Padre e fa quel che vede fare dal Padre. Il Padre ama tutti i suoi figli e perciò Gesù ama tutti i fratelli, e così siamo chiamati a fare anche noi se vogliamo vivere in modo autentico la vita. Io non posso vivere se non sono accettato e amato. Se invece scopro di essere figlio amato come Gesù,
cambia tutto. Si realizzano così le parole del profeta Isaia ascoltate nella lettura che descrivono il sogno di Dio, un mondo dove regna l’amore e la giustizia, ma appunto, dipende da noi, se pensiamo Dio, noi stessi e gli altri nel modo di Gesù o a modo nostro. Sono parole da ricordare, da ripetere, da contemplare, che sembrano scontate e che invece non lo sono per niente. Tutte le religioni dicono che se tu fai quello che devi fare, se osservi i tuoi doveri, osservi le tue leggi, osservi tutti gli obblighi, hai la vita, hai il premio. Invece Gesù dice che la vita non è oggetto di conquista, la vita non la puoi possedere, la vita è donata: io esisto perché sono figlio di un Dio che è Padre, che quindi mi ama a prescindere da tutto. Quindi Dio non è un giudice che ci mette i bastoni tra le ruote per cui devo conquistarmi il suo amore. Solo accettando Dio come Padre e io come figlio posso accettare me stesso e i fratelli. Gesù è venuto a guarirci da quello che si chiama il peccato originale che è un po’ come il complesso di Edipo, pensare che Dio sia un padre che ci odia, che ci tiene prigionieri, e in questo modo va a finire che si vive nell’odio di Dio, di se stessi e degli altri. Invece, dice Gesù, il Padre risuscita i morti e da vita. Quali morti? Quei morti viventi che siamo tutti noi perché non conosciamo il Padre e quindi andiamo avanti a pensare di avere come destino la morte, e invece no, il nostro destino è la risurrezione, come diceva san Paolo nell’epistola. Se Dio è Padre che vuole la vita dei suoi figli perché li ama, vuol dire che noi non moriremo mai. Si, che la morte non esiste. E allora il Figlio cosa fa? Fa come il Padre, fa vivere, perché ama, perché è l’amore che da la vita. Da la vita a quelli che vuole, abbiamo letto. Una traduzione ambigua. Quelli che vuole vuol dire quelli a cui vuol bene, e il Padre ama tutti, perché tutti siamo suoi figli. Tutte le opere che Gesù ha compiuto sono per ridare all’uomo quella vita che ha perso perché ignorava l’amore del Padre, e infatti il suo comandamento sarà l’amore dei fratelli, perché è solo amando il fratello che si realizza l’amore del Padre. Noi conosciamo l’amore del Padre per il modo in cui ci ha amato Gesù. Allo stesso modo gli altri conosceranno che Dio è Padre che ci ama non perché li convinciamo con dei ragionamenti, ma amandoli come Gesù. Ecco perché nel Padre nostro diciamo sia santificato il tuo nome. Il nome di Dio è Padre, e viene santificato, riconosciuto se noi amiamo gli altri, per cui con quelle parole noi chiediamo al Padre di amare i fratelli come Gesù affinchè tutti riconoscano e credano nell’amore del Padre e così venga il suo regno, ed è questa la sua volontà. Poi aggiunge: il Padre non giudica nessuno, e questo è decisivo per chi pensa a Dio come a un giudice: Gesù dice che non è così. Giudica il male e vuole distruggere il male, non il peccatore, ed è molto diverso. Ma ha dato ogni giudizio al Figlio. Tutto dipende dal giudizio del Figlio, cioè da come il Figlio Gesù, e anche noi, giudichiamo Dio. Gesù giudica Dio come Padre, quindi accetta il suo amore e vive di conseguenza. Come vedete, il problema non è credere in Dio o non crederci, il problema è in quale Dio noi crediamo. Se tu credi in un Dio che vuole le guerre sante, vuole sterminare i nemici, io, creato a sua immagine, farò le guerre sante e sterminerò i nemici come accade in Iraq. Se tu credi in un Dio padrone, distruggerai il mondo per essere padrone del mondo. Se credi in un Dio che ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, un Dio che non giudica nessuno, un Dio che è venuto sulla terra e si fa servo di tutti, un Dio che è servo della vita e l’unica cosa che fa è suscitare libertà e vita, un Dio che è tutto in tutti, che vuole farci risorgere, che ci da la vita eterna, come dice sempre san Paolo, allora cambia tutto. Ma cambia tutto, se io credo in un Dio così, se accetto Dio come Padre.
E qui dico un’ultima cosa, forse un po’ difficile, ma interessante. Dio nessuno lo ha mai visto e lo conosce, Dio è spirito, dirà Gesù, non è maschio e non è femmina, non ha un sesso. E allora perché Gesù lo chiama Padre e ci ha insegnato a rivolgerci a lui dicendo Padre nostro e non Madre nostra? Sarebbe un errore gravissimo, e lo fanno in tanti, credere che la risposta sia: perché la nostra madre è la Madonna, perché vorrebbe dire metterla sullo stesso piano di Dio, mentre Maria non è Dio, è nostra sorella, che diventa nostra madre perché ci insegna come diventare e cosa vuol dire essere figli di Dio. Dire che Dio è Padre vuol dire sottolineare una caratteristica di Dio. Gesù, parlando di Dio, spesso ne parla più come madre che come padre: la cura, la compassione, l’accoglienza, la tenerezza, il fatto che Dio ci ha generato, sono tutte caratteristiche materne, femminili, e il Dio di Gesù è così, e dunque è anche madre. E ne parla anche con le caratteristiche dello sposo, per dire la passione con la quale Dio ci ama, è innamorato di noi, come uno Sposo. Ma allora perché ci ha insegnato a chiamarlo Padre? Perché il padre, poveretto, lo sanno bene tutti i papà, diventa tale per suo figlio solo in un rapporto di libertà, quando io lo accetto o meno. E il rapporto con Dio si basa sulla libertà e sull’amore. La madre non posso non amarla, lei mi ha generato, sono dipendente. Del padre, volendo, si. E Gesù, insegnandoci a chiamare Dio col nome di Padre, mette al primo posto il fatto che il rapporto con Dio deve essere assolutamente libero. O faccio diventare Dio Padre mio e quindi Padre nostro, , non costrittivo. Io Dio posso anche rifiutarlo. Dio vuole che il rapporto con lui sia così: libero, di accoglierlo o di rifiutarlodeve essere un rapporto di libertà, così come si giocano nella libertà i rapporti d’amore tra le persone, e per questo Dio è anche sposo che ama ciascuno di noi come la sua sposa. Dunque è per questo che Gesù privilegia il titolo di Padre, perché il rapporto con Dio non può che essere d’amore e giocarsi nella libertà.
Credo che ne abbiamo a sufficienza di cose da contemplare nella preghiera e sulle quali meditare.