domenica 24 maggio 2015

DOMENICA DI PENTECOSTE ANNO B

 Siamo nel capitolo 14 di Giovanni dove Gesù, dopo a ver lavato i piedi ai discepoli, si appresta a vive re la sua passione, e pronuncia diversi discorsi che sono un po’ il suo testamento dove spiega cosa significa il suo andare. Lo abbiamo già visto domenica celebrando l’ascensione dove se ne va, e dove va lui dobbiamo andare anche noi, questa è la bella e fantastica notizia. Che se percorriamo la
sua strada, se diventiamo come Lui, siamo desti nati a diventare come Dio, a vivere in modo autentico la nostra vita terrena e a vivere per sempre. Se mi amate, osserv erete i miei comandamenti, e voi sapete come io vi amo: se voi a mate me allora potrete amare gli altri come io vi h o amato perché avrete il mio stesso amore. Il cristianesimo è questo, come dice san Paolo: Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me e allora non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. E siccome Gesù vive amando il P adre e sentendosi da lui amato e così diventa uguale al Pa dre, se io vivo di Cristo mi divinizzo, divento ugu ale al Padre. E vivere di Cristo vuol dire fare i suoi comandi, che di per sé è solo uno, quello dell’amore, ma l’amor e vissuto come l’ha vissuto lui. Bene, se noi amiamo Gesù, se siam o disposti a vivere come Lui ed è ciò che Lui desid era, allora cosa otteniamo dal Padre, attraverso Gesù che è il Figli o? Io pregherò il Padre che vi darà un altro Paracl ito, un altro Consolatore che rimarrà con voi per sempre e non vi farà più sentire soli, perché questo consolatore è il suo Spirito, lo spirito di Gesù, che ci fa diventare come lui, c he ci fa sentire figli come lui di un Dio che è Pad re. Il mondo, cioè chi sta nella menzogna, nell’egoismo e nella paura, non conosce l’amore, e quindi non può riceverlo, cioè non lo può accogliere. Ma quando Gesù sarà sulla croce, anche chi vive così lo potrà riconoscere, se lo vorrà. Vo i invece conoscete questo Spirito che è stato presso di voi tutto il tempo in cui io sono stato con voi, perché è il mio spirito che mi ha guidato per tutta la vita, e ora che me n e vado questo Spirito sarà addirittura dentro di vo i, ecco perché è bene che io me ne vada, così riceverete il mio amor e dentro di voi e allora saprete amare come me perc hé avrete dentro di me la mia vita. Vado via da voi col corpo e vengo da voi con lo Spirito e allora mi vedrete, non perché farò qualche apparizione da qualche parte, ma perché vi accorgerete voi stessi di essere nuovi, di essere r isorti. Cioè, la prova dell’esistenza di Dio, che Gesù è risorto e v ivo, l’abbiamo se vivendo come Lui ci accorgiamo ch e tutto è più bello, più vero. Queste parole, vedete, ci provocan o non poco a misurare il livello della nostra fede. Quando ragioniamo dicendo: ma Gesù era Dio, per lui era fa cile, noi come facciamo? Stiamo bestemmiando, stiam o buttando nella spazzatura il dono che ci è stato fatto nel B attesimo, che è stato rinnovato nella Cresima e che in ogni celebrazione eucaristica ci viene ridato, cioè il d ono dello Spirito santo che fa abitare il Padre e i l Figlio dentro di noi per poter diventare come Dio. L’errore è dimenticar e che Gesù ha vissuto pienamente da uomo perché non ha mai perso il contatto con lo Spirito santo presente in Lui che lo ha fatto vivere da Figlio in comunione c ol Padre. La preghiera deve servire a questo: prendere contatto con lo Spirito presente in noi. Non chiedere a Dio di fare le grazie che gli chiediamo a seconda di quel che abbiamo bis ogno, ma chiedere allo Spirito di farci diventare c ome Gesù, e quindi imparare a conoscerlo ascoltando la sua Paro la perché essa penetri in noi e così impariamo a fa rla, e in questo modo vivere ogni cosa della vita, bella o brutta, f acile o difficile, come l’ha vissuta lui, e se facc iamo così risorgiamo adesso, siamo ascesi in cielo già ora perché siamo in comunione col Padre e con Gesù già ora. Noi purt roppo invece continuiamo ad essere in contatto con le nostre pau re, con i nostri deliri, con i nostri pensieri dist orti che derivano da certezze e illusioni che non provengono dalla pa rola di Dio, ma da altre parole, e così siamo frega ti. Ecco perché la Pentecoste, nel testo degli Atti che abbiamo letto prima, rappresenta il punto di arrivo di tutta la s toria della salvezza. Che senso ha la nostra storia, che senso ha la vita? Ricevere questo Spirito, cioè crescere nell’amore, altrimenti è inutile vivere. Se no si muore. E la d iscesa dello Spirito è descritta dagli Atti usando le immagini del fuoco e dei lampi per richiamare quello che accadde sul S inai quando Dio diede a Mosè i comandamenti, le sue parole, per dire: adesso, con lo Spirito, queste parole, la leg ge, il comandamento dell’amore, le possiamo fare: i comandamenti ci dicono quello che è giusto fare, lo Spirito ce l o fa fare perché ci riempie dell’amore di Dio: io m i sento amato da Dio fino alla morte e allora imparo ad amare come D io pure io, e infatti tutti comunicano con persone di altri popoli perché, pur parlando lingue diverse, usano in concr eto un linguaggio universale che tutti capiscono ch e è quello dell’amore. Anche Paolo, nell’epistola, parla dei d iversi doni che ha ciascuno, che rendono ciascuno d iverso dall’altro, e dice: se ognuno li usa lasciandosi gu idare dallo Spirito, ecco che non ci sono più invid ie e lotte, perché ognuno li mette a disposizione degli altri per il b ene di tutti. Pensate l’attualità di queste parole anche oggi all’interno di una società multietnica come la nost ra e quante applicazioni concrete ha tutto questo d iscorso, se solo capiamo però che non è un discorso o un concetto, m a prendiamo coscienza che molto più profondamente è quanto è successo a ciascuno il giorno del suo Battesimo e il motivo per il quale siamo qui anche oggi a cele brare l’eucaristia, altrimenti la fede diventa un orpello, un modo col quale dipingere di un po’ di religione la nostra vi ta sperando che Dio ce la mandi buona, e così la fede diventa magia e superstizione, quando invece Dio ce l’ha già man data buona. Si tratta di rendercene conto.