Interessante! Gesù dice: se qualcuno vuol venire dietro di me. Se. Cioè, Gesù non obbliga nessuno a se
guirlo. Quindi
qualcuno vuole imporre la fede a un altro mi vien d
a ridere e dico: è meglio che mi preoccupi se davve
ro io seguo
Gesù, e seguire Gesù, aver fede in lui, significa d
argli credito, dire: ha ragione lui, quello che lui
propone è vero, e lo
capisco solo quando lo faccio, e se spesso non lo
faccio è perché, come diceva san Paolo nell’epistola
, ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, che s
ignifica, detto al contrario, che ci sembra che que
llo che Gesù dice e
propone sia stupido. Amare i nemici? Perdonare? Ser
vire? Ma siamo matti! Credere invece che questa è l
a via che
porta ad una vita autentica è scommessa della fede.
Tutto il mondo va in una direzione, Gesù ci propon
e una
direzione opposta. Che fare? Di chi mi fido? Del mo
ndo o di Gesù? Ebbene, se qualcuno vuol venire diet
ro me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Rinnegare se stessi vuol dire imparare il linguagg
io di Dio che è
diverso dal nostro. Noi parliamo il linguaggio dell
’egoismo, lui quello dell’amore. Io da che parte st
o, in che direzione
mi muovo? Se credo che quella di Dio sia stoltezza,
mi vergogno a vivere come ha detto Gesù, e non lo
faccio, perché
farei la figura dello scemo. Poi Gesù dice che la s
econda condizione per seguirlo è quella di portare
ogni giorno la
propria croce. Pensateci. Le croci ci sono. Cosa su
ccede se non impariamo a portarle? Che ci schiaccia
no. Se invece
porto il male mio e degli altri, perché nessuno è p
erfetto, lo accetto, e so che Gesù è venuto a prend
erlo su di sé,
perdonandomi, per liberarci dal male, divento liber
o. Libero di amare. E infatti Gesù aggiunge: chi vu
ol salvare la
propria vita la perde, chi la dona la riceve. Perch
é? Perché la vita è il respiro: se io trattengo il
respiro muoio, se lo
butto fuori vivo, e questo respiro è l’amore. Altri
menti, dice Gesù, sacrificate la vita per avere mol
te cose che non
contano nulla, per poi morire di stress e infelici.
E conclude con alcune parole enigmatiche che colle
gano questo
vangelo con le altre letture. Sapete che le letture
delle domeniche dopo Pentecoste sono legate da un
tema comune,
e il tema di oggi è quello della vergogna. Gesù dic
e: se volete seguirmi, non vergognatevi di me. Verg
ognarsi di Gesù
vuol dire pensare che quello che ha detto e fatto s
ia appunto stoltezza, un fallimento. Quante volte,
magari al lavoro,
se tutti fanno in un modo contrario al vangelo e io
mi comporto diversamente, provo vergogna e mi adeg
uo al modo
di fare di tutti, perché altrimenti rischio di esse
re tagliato fuori. La prima lettura ci presenta il
re Davide che durante
la grande festa in cui l’arca dell’alleanza veniva
portata a Gerusalemme, si sveste e si mette a canta
re e danzare. Sua
moglie lo rimprovera, spinta dalla gelosia, e David
e le da una risposta bellissima: non mi interessa n
iente se qualcuno
mi giudica male perché mi sono messo a danzare sves
tito davanti all’arca di Dio, l’ho fatto per manife
stare la mia
gioia e la mia riconoscenza verso il Signore per tu
tto quello che ha fatto per me e per noi, e sono pr
onto anche ad
abbassarmi di più se fosse necessario. Riflettiamo
seriamente quando molti, non solo al lavoro o in pi
azza del
mercato, ma anche in chiesa, si vergognano anche so
lo ad aprire la bocca per lodare il Signore, non di
co per cantare,
ma anche solo per rispondere con le parole. La verg
ogna è un’emozione che fa star male quando ci si ac
corge di aver
fatto o ci si trova a dover far qualcosa che può ge
nerare negli altri un giudizio negativo su di me: c
hissà cosa diranno
gli altri!!! Per cui mi vergogno magari per qualcos
a che ho fatto, per quello che sono, per quello che
ho o non ho,
perché ho fatto una brutta figura, non sono come gl
i altri si aspettano, mi sento giudicato, quindi mi
blocco, non
comunico più, provo dolore. È anche vero che siamo
in una cultura piena di paradossi: a volte ci si ve
rgogna di cose
di cui non ci si dovrebbe vergognare e altre non ci
si vergogna di cose di cui ci si dovrebbe. E’ chia
ro che se la società
decide che per essere persone vere, autentiche e re
alizzate bisogna essere ricchi, belli, sani, arrivi
sti, prepotenti,
primi in classifica, e io non lo sono, e oltretutto
mi scopro fragile e imperfetto, ne provo vergogna,
e questo genera
rabbia, invidia, gelosia, e quindi dolore e infelic
ità. Se voglio fare bella figura, mi vergogno di es
sere vestito male; se
voglio fare carriera, mi vergogno di non essere sta
to abbastanza furbo. Ma questo perché accade? Perch
é mi fido di
più dei canoni che propone il mondo invece di quell
i proposti dal Signore, il quale, tra l’altro, ci a
ma così come siamo,
per quello che siamo, con tutte le nostre imperfezi
oni. Basterebbe questo per farmi star bene e per no
n farmi
vergognare di quello che sono se scopro che non son
o come gli altri o la società hanno deciso. E’ vero
che Gesù dice
anche: chi si vergognerà di me, anch’io mi vergogne
rò di lui. Ma cosa vuol dire questa frase? Pensatec
i bene. Il
Signore, quando vede che noi ci vergogniamo di lui
e così facendo andiamo verso il baratro, si vergogn
a di noi a tal
punto da finirci lui nel baratro, per riprenderci l
ì dove siamo finiti e farci risalire, perdonandoci.
Per cui torna la
domanda: come facciamo a vergognarci di un Dio così
?