domenica 26 luglio 2015

IX DOMENICA DOPO PENTECOSTE ANNO B 2015

Interessante! Gesù dice: se qualcuno vuol venire dietro di me. Se. Cioè, Gesù non obbliga nessuno a se guirlo. Quindi qualcuno vuole imporre la fede a un altro mi vien d a ridere e dico: è meglio che mi preoccupi se davve ro io seguo Gesù, e seguire Gesù, aver fede in lui, significa d argli credito, dire: ha ragione lui, quello che lui propone è vero, e lo capisco solo quando lo faccio, e se spesso non lo
faccio è perché, come diceva san Paolo nell’epistola , ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, che s ignifica, detto al contrario, che ci sembra che que llo che Gesù dice e propone sia stupido. Amare i nemici? Perdonare? Ser vire? Ma siamo matti! Credere invece che questa è l a via che porta ad una vita autentica è scommessa della fede. Tutto il mondo va in una direzione, Gesù ci propon e una direzione opposta. Che fare? Di chi mi fido? Del mo ndo o di Gesù? Ebbene, se qualcuno vuol venire diet ro me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Rinnegare se stessi vuol dire imparare il linguagg io di Dio che è diverso dal nostro. Noi parliamo il linguaggio dell ’egoismo, lui quello dell’amore. Io da che parte st o, in che direzione mi muovo? Se credo che quella di Dio sia stoltezza, mi vergogno a vivere come ha detto Gesù, e non lo faccio, perché farei la figura dello scemo. Poi Gesù dice che la s econda condizione per seguirlo è quella di portare ogni giorno la propria croce. Pensateci. Le croci ci sono. Cosa su ccede se non impariamo a portarle? Che ci schiaccia no. Se invece porto il male mio e degli altri, perché nessuno è p erfetto, lo accetto, e so che Gesù è venuto a prend erlo su di sé, perdonandomi, per liberarci dal male, divento liber o. Libero di amare. E infatti Gesù aggiunge: chi vu ol salvare la propria vita la perde, chi la dona la riceve. Perch é? Perché la vita è il respiro: se io trattengo il respiro muoio, se lo butto fuori vivo, e questo respiro è l’amore. Altri menti, dice Gesù, sacrificate la vita per avere mol te cose che non contano nulla, per poi morire di stress e infelici. E conclude con alcune parole enigmatiche che colle gano questo vangelo con le altre letture. Sapete che le letture delle domeniche dopo Pentecoste sono legate da un tema comune, e il tema di oggi è quello della vergogna. Gesù dic e: se volete seguirmi, non vergognatevi di me. Verg ognarsi di Gesù vuol dire pensare che quello che ha detto e fatto s ia appunto stoltezza, un fallimento. Quante volte, magari al lavoro, se tutti fanno in un modo contrario al vangelo e io mi comporto diversamente, provo vergogna e mi adeg uo al modo di fare di tutti, perché altrimenti rischio di esse re tagliato fuori. La prima lettura ci presenta il re Davide che durante la grande festa in cui l’arca dell’alleanza veniva portata a Gerusalemme, si sveste e si mette a canta re e danzare. Sua moglie lo rimprovera, spinta dalla gelosia, e David e le da una risposta bellissima: non mi interessa n iente se qualcuno mi giudica male perché mi sono messo a danzare sves tito davanti all’arca di Dio, l’ho fatto per manife stare la mia gioia e la mia riconoscenza verso il Signore per tu tto quello che ha fatto per me e per noi, e sono pr onto anche ad abbassarmi di più se fosse necessario. Riflettiamo seriamente quando molti, non solo al lavoro o in pi azza del mercato, ma anche in chiesa, si vergognano anche so lo ad aprire la bocca per lodare il Signore, non di co per cantare, ma anche solo per rispondere con le parole. La verg ogna è un’emozione che fa star male quando ci si ac corge di aver fatto o ci si trova a dover far qualcosa che può ge nerare negli altri un giudizio negativo su di me: c hissà cosa diranno gli altri!!! Per cui mi vergogno magari per qualcos a che ho fatto, per quello che sono, per quello che ho o non ho, perché ho fatto una brutta figura, non sono come gl i altri si aspettano, mi sento giudicato, quindi mi blocco, non comunico più, provo dolore. È anche vero che siamo in una cultura piena di paradossi: a volte ci si ve rgogna di cose di cui non ci si dovrebbe vergognare e altre non ci si vergogna di cose di cui ci si dovrebbe. E’ chia ro che se la società decide che per essere persone vere, autentiche e re alizzate bisogna essere ricchi, belli, sani, arrivi sti, prepotenti, primi in classifica, e io non lo sono, e oltretutto mi scopro fragile e imperfetto, ne provo vergogna, e questo genera rabbia, invidia, gelosia, e quindi dolore e infelic ità. Se voglio fare bella figura, mi vergogno di es sere vestito male; se voglio fare carriera, mi vergogno di non essere sta to abbastanza furbo. Ma questo perché accade? Perch é mi fido di più dei canoni che propone il mondo invece di quell i proposti dal Signore, il quale, tra l’altro, ci a ma così come siamo, per quello che siamo, con tutte le nostre imperfezi oni. Basterebbe questo per farmi star bene e per no n farmi vergognare di quello che sono se scopro che non son o come gli altri o la società hanno deciso. E’ vero che Gesù dice anche: chi si vergognerà di me, anch’io mi vergogne rò di lui. Ma cosa vuol dire questa frase? Pensatec i bene. Il Signore, quando vede che noi ci vergogniamo di lui e così facendo andiamo verso il baratro, si vergogn a di noi a tal punto da finirci lui nel baratro, per riprenderci l ì dove siamo finiti e farci risalire, perdonandoci. Per cui torna la domanda: come facciamo a vergognarci di un Dio così ?