Voi sapete che le letture del nostro rito ambrosian
o nelle domeniche dopo Pentecoste sono legate tra l
oro
da un tema comune, ma il punto di partenza è sempre
la prima lettura che di domenica in domenica fa
passare in ordine cronologico personaggi ed eventi
dell'Antico Testamento per farci vedere poi nel Van
gelo
e nelle lettere di San Paolo in che modo Gesù ha ri
velato il vero significato
di questi avvenimenti. D
omenica
scorsa si parlava di Mosè e oggi è la volta di Gios
uè, che fu quello che poi di fatto, dopo la morte d
i Mosè,
condusse Israele nella terra promessa. E il brano d
i oggi è molto famoso. Racconta la battaglia di Isr
aele
contro gli Amorrei e contiene la celebre frase «Fé
rmati, sole, e il sole si fermò e la luna rimase im
mobile
finchè il popolo non si vendicò dei nemici». Un epi
sodio che nel corso della storia ha dato luogo a mo
lti
fraintendimenti, primo fra i quali che questa fosse
la conferma che sia il sole a ruotare intorno alla
terra e
non viceversa. A parte il fatto che se il sole si f
osse fermato vi sarebbero stati sconvolgimenti su t
utto il
pianeta, la Bibbia non è un libro di astronomia, e
nemmeno di storia in senso stretto. Voi sapete che
spesso
la durata del tempo è relativa ai nostri stati d'an
imo, e succede che purtroppo i momenti brutti sembr
ano
durare un eternità e quelli belli pochissimo tempo.
Qui invece succede il contrario, ed è questo che s
i vuol
dire con questa frase: il popolo d’Israele era così
entusiasta nel vedere che stava vincendo sugli amo
rrei che
quel giorno sembrò durare un'eternità. Ma il centro
del racconto non è questo, bensì che Dio è con il
suo
popolo, combatte con lui e per lui, e che la conqui
sta della terra è un suo dono. Cose tutte molto bel
le se
non fosse che ciò avviene a scapito di altri popoli
che vengono massacrati, una cosa che stride in mod
o
orribile col fatto che Dio, se siamo tutti suoi fig
li, possa volere la morte di alcuni e la vita di al
tri. Anche nel
salmo si diceva: il Signore da vittoria al suo cons
acrato, lo protegge e lo conduce a vittoria. E qui
nasce un
altro problema perché la realtà che è sotto i nostr
i occhi è ben diversa: infatti spesso nelle battagl
ie della
vita i giusti hanno la peggio e molti vanno in cris
i di fede nei momenti più difficili e drammatici. C
ioè, perché
Dio aiuta alcuni e non altri e perché nei momenti p
iù bui della vita invece sembra assente anziché
combattere col suo consacrato. E dunque il tema del
le letture di oggi è questo: in che modo Dio combat
te
con noi? San Paolo arriva a scrivere, nella stupend
a pagina della lettera ai Romani che abbiamo letto:
se Dio
è con noi, chi sarà contro di noi? Ma in che senso
Dio è con noi? Sempre San Paolo da la risposta. Nul
la
potrà mai separarci dal suo amore: tribolazione, sp
ada, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo
.
Anche se siamo messi a morte tutto il giorno, come
pecore da macello, noi siamo più che vincitori, e
perché? Perché il Padre che non ha risparmiato suo
Figlio, donerà anche a noi lo stesso destino di Ge
sù,
che è la risurrezione. Anche qui queste parole vann
o capite bene perché altrimenti prendiamo degli
abbagli. Il Padre che consegna suo Figlio appare un
omicida e la religione oppio dei popoli: non
preoccuparti, ora soffri le pene dell'inferno, però
avrai dopo la morte una grande ricompensa. Che, pe
r
carità, è anche una bella prospettiva, ma intanto i
o sto male adesso. Allora cosa intende San Paolo? L
a
risposta la troviamo nel Vangelo di oggi. Dio non e
limina la sofferenza, non perché non può, ma perché
fa
parte della vita, se la togliesse ci toglierebbe la
vita e toglierebbe la libertà a tutto il creato. E
allora in che
modo Dio combatte con noi mostrandoci il suo amore?
Consegnandoci se stesso nella persona del Figlio
che condivide interamente le nostre sofferenze esse
ndo entrato interamente nei nostri abissi, fin nel
sepolcro, e dandoci il suo Spirito, lo spirito dell
'amore che unisce il Padre e il Figlio e che quindi
, dentro di
noi, ci unisce a Dio, fin da adesso, non solo dopo.
Noi abbiamo davvero dentro di noi lo stesso Spirit
o di
Gesù e quindi possiamo combattere tutte le battagli
e della vita come ha fatto Gesù, se però restiamo i
n
comunione con lui. La fede è credere che Dio non mi
abbandona mai. Siamo noi che lo abbandoniamo. Chi
ci separerà dall'amore di Cristo? Notate: non dall'
amore che io ho per Cristo. Dall'amore che io ho pe
r
Cristo mi separa tutto. Dall'amore che invece Crist
o ha per me non può separarmi nulla. Dice Gesù: que
ste
cose vi dico perché abbiate pace in me. La pace la
troviamo non in noi, ma in lui, perché sappiamo che
lui è
con noi. La pace non è quando tutto va bene, quella
non ci sarà mai, se non a tratti. La pace è quando
io mi
sento amato e non abbandonato nei momenti di tribol
azione, perché avverto che Dio combatte con me,
dentro di me. E poi aggiunge: Avrete tribolazioni,
ma coraggio, io ho vinto il mondo, cioè ho vinto il
male, e
cos'è il male? È credere appunto che tutto finisce
qui, che nulla ha senso, che il bene sia debole, ch
e il male
sia più forte, che siamo soli, che Dio sia distante
. E perché non dobbiamo credere in queste fandonie?
Ecco
la risposta nelle parole conclusive del Vangelo di
oggi, ma che in realtà sono le parole iniziali del
capitolo più
bello del Vangelo di Giovanni che sviluppa tutto qu
esto tema, la grande preghiera di Gesù. Non dobbiam
o
credere nelle fandonie che ci fanno pensare a un Di
o che ci abbandona e che è lontano perché è giunta
l'ora nella quale sulla croce il Padre e il Figlio
rivelano la gloria di Dio, che è il suo amore. Cioè
, di fronte al
fatto della croce, non si può più dubitare di quest
o amore, capite? Perché sulla croce, di fatto, Dio
ci ha
fatto vedere che ci ama soffrendo con noi, non lasc
iandoci soli nel momento della sofferenza. Se non
dubito di questo amore ho già adesso la vita eterna
, la vita di Dio. Il problema qual è? Che conoscano
te,
Padre. Certo, perché fino a quando non conosciamo c
hi è veramente Dio, il vero Dio che Gesù ci ha rive
lato
sulla croce, continueremo a restare impantanati nei
nostri falsi pensieri che ci conducono non alla vi
ta
eterna, ma alla morte.