domenica 12 luglio 2015

VII DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 Voi sapete che le letture del nostro rito ambrosian o nelle domeniche dopo Pentecoste sono legate tra l oro da un tema comune, ma il punto di partenza è sempre la prima lettura che di domenica in domenica fa passare in ordine cronologico personaggi ed eventi dell'Antico Testamento per farci vedere poi nel Van gelo e nelle lettere di San Paolo in che modo Gesù ha ri velato il vero significato
di questi avvenimenti. D omenica scorsa si parlava di Mosè e oggi è la volta di Gios uè, che fu quello che poi di fatto, dopo la morte d i Mosè, condusse Israele nella terra promessa. E il brano d i oggi è molto famoso. Racconta la battaglia di Isr aele contro gli Amorrei e contiene la celebre frase «Fé rmati, sole, e il sole si fermò e la luna rimase im mobile finchè il popolo non si vendicò dei nemici». Un epi sodio che nel corso della storia ha dato luogo a mo lti fraintendimenti, primo fra i quali che questa fosse la conferma che sia il sole a ruotare intorno alla terra e non viceversa. A parte il fatto che se il sole si f osse fermato vi sarebbero stati sconvolgimenti su t utto il pianeta, la Bibbia non è un libro di astronomia, e nemmeno di storia in senso stretto. Voi sapete che spesso la durata del tempo è relativa ai nostri stati d'an imo, e succede che purtroppo i momenti brutti sembr ano durare un eternità e quelli belli pochissimo tempo. Qui invece succede il contrario, ed è questo che s i vuol dire con questa frase: il popolo d’Israele era così entusiasta nel vedere che stava vincendo sugli amo rrei che quel giorno sembrò durare un'eternità. Ma il centro del racconto non è questo, bensì che Dio è con il suo popolo, combatte con lui e per lui, e che la conqui sta della terra è un suo dono. Cose tutte molto bel le se non fosse che ciò avviene a scapito di altri popoli che vengono massacrati, una cosa che stride in mod o orribile col fatto che Dio, se siamo tutti suoi fig li, possa volere la morte di alcuni e la vita di al tri. Anche nel salmo si diceva: il Signore da vittoria al suo cons acrato, lo protegge e lo conduce a vittoria. E qui nasce un altro problema perché la realtà che è sotto i nostr i occhi è ben diversa: infatti spesso nelle battagl ie della vita i giusti hanno la peggio e molti vanno in cris i di fede nei momenti più difficili e drammatici. C ioè, perché Dio aiuta alcuni e non altri e perché nei momenti p iù bui della vita invece sembra assente anziché combattere col suo consacrato. E dunque il tema del le letture di oggi è questo: in che modo Dio combat te con noi? San Paolo arriva a scrivere, nella stupend a pagina della lettera ai Romani che abbiamo letto: se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Ma in che senso Dio è con noi? Sempre San Paolo da la risposta. Nul la potrà mai separarci dal suo amore: tribolazione, sp ada, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo . Anche se siamo messi a morte tutto il giorno, come pecore da macello, noi siamo più che vincitori, e perché? Perché il Padre che non ha risparmiato suo Figlio, donerà anche a noi lo stesso destino di Ge sù, che è la risurrezione. Anche qui queste parole vann o capite bene perché altrimenti prendiamo degli abbagli. Il Padre che consegna suo Figlio appare un omicida e la religione oppio dei popoli: non preoccuparti, ora soffri le pene dell'inferno, però avrai dopo la morte una grande ricompensa. Che, pe r carità, è anche una bella prospettiva, ma intanto i o sto male adesso. Allora cosa intende San Paolo? L a risposta la troviamo nel Vangelo di oggi. Dio non e limina la sofferenza, non perché non può, ma perché fa parte della vita, se la togliesse ci toglierebbe la vita e toglierebbe la libertà a tutto il creato. E allora in che modo Dio combatte con noi mostrandoci il suo amore? Consegnandoci se stesso nella persona del Figlio che condivide interamente le nostre sofferenze esse ndo entrato interamente nei nostri abissi, fin nel sepolcro, e dandoci il suo Spirito, lo spirito dell 'amore che unisce il Padre e il Figlio e che quindi , dentro di noi, ci unisce a Dio, fin da adesso, non solo dopo. Noi abbiamo davvero dentro di noi lo stesso Spirit o di Gesù e quindi possiamo combattere tutte le battagli e della vita come ha fatto Gesù, se però restiamo i n comunione con lui. La fede è credere che Dio non mi abbandona mai. Siamo noi che lo abbandoniamo. Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Notate: non dall' amore che io ho per Cristo. Dall'amore che io ho pe r Cristo mi separa tutto. Dall'amore che invece Crist o ha per me non può separarmi nulla. Dice Gesù: que ste cose vi dico perché abbiate pace in me. La pace la troviamo non in noi, ma in lui, perché sappiamo che lui è con noi. La pace non è quando tutto va bene, quella non ci sarà mai, se non a tratti. La pace è quando io mi sento amato e non abbandonato nei momenti di tribol azione, perché avverto che Dio combatte con me, dentro di me. E poi aggiunge: Avrete tribolazioni, ma coraggio, io ho vinto il mondo, cioè ho vinto il male, e cos'è il male? È credere appunto che tutto finisce qui, che nulla ha senso, che il bene sia debole, ch e il male sia più forte, che siamo soli, che Dio sia distante . E perché non dobbiamo credere in queste fandonie? Ecco la risposta nelle parole conclusive del Vangelo di oggi, ma che in realtà sono le parole iniziali del capitolo più bello del Vangelo di Giovanni che sviluppa tutto qu esto tema, la grande preghiera di Gesù. Non dobbiam o credere nelle fandonie che ci fanno pensare a un Di o che ci abbandona e che è lontano perché è giunta l'ora nella quale sulla croce il Padre e il Figlio rivelano la gloria di Dio, che è il suo amore. Cioè , di fronte al fatto della croce, non si può più dubitare di quest o amore, capite? Perché sulla croce, di fatto, Dio ci ha fatto vedere che ci ama soffrendo con noi, non lasc iandoci soli nel momento della sofferenza. Se non dubito di questo amore ho già adesso la vita eterna , la vita di Dio. Il problema qual è? Che conoscano te, Padre. Certo, perché fino a quando non conosciamo c hi è veramente Dio, il vero Dio che Gesù ci ha rive lato sulla croce, continueremo a restare impantanati nei nostri falsi pensieri che ci conducono non alla vi ta eterna, ma alla morte.