domenica 1 maggio 2016

SESTA DOMENICA DI PASQUA

Quello che abbiamo ascoltato è uno stralcio del lun go discorso di Gesù contenuto nel vangelo di Giovan ni durante l’ultima cena, e nei versetti di oggi dice perché n on devono essere tristi del fatto che dopo la sua r isurrezione non lo vedranno più. Prima di tutto spiega che tante cose le capiranno quando riceveranno lo Spirito santo ch e li porterà a capire tutta la verità che lui ha annunciato. La ve
rità è che quello che è capitato a Gesù capiterà an che a noi perché Dio è amore e possiamo capirla perché noi riceviamo lo Spirito di Gesù che ci da gli occhi di Gesù: tu tto quello che il Padre ha dato a Gesù, lo Spirito lo da a noi. E qui ndi i discepoli devono essere contenti che Gesù se ne va, perché ricevendo lo Spirito diventano come Lui, e quindi e gli rimane dentro di noi, non dobbiamo cercare Dio chissà dove, ma dentro di noi. Lo vedranno ancora dopo la risurr ezione, ma con la sua ascensione al cielo non lo ve dranno più. Anche per noi è così. Queste parole sono dette per noi. Che abbiamo tanti motivi per essere tristi e a ncor di più quando in quei momenti sembra che anche Dio sia lon tano. Ma la vostra tristezza si cambierà in gioia. La tristezza è come quella della donna che soffre mentre partorisc e, quindi è momentanea, serve per far nascere un nu ovo uomo, e noi diventiamo donne e uomini nuovi pian piano ch e riusciamo a metabolizzare tutte queste cose, a re ndercene conto. Come accadde a san Paolo di cui parla il bra no degli Atti. Paolo è davanti ai Giudei che voglio no linciarlo perché era diventato cristiano, cioè volevano fargl i quello che lui faceva prima verso i cristiani. Ra cconta la sua storia, in che modo è diventato un uomo nuovo, come Gesù, e infatti il suo discorso di difesa è animato dall’a more verso i suoi fratelli sperando che capiscano che quando si perseguita un uomo e lo si vuole uccidere, è Dio ch e stiamo uccidendo, perché non lo riconosciamo Padre di tutt i. Questo aveva capito: che non si può uccidere in nome di Dio, che il bene non lo si può imporre con la forza perc hé sarebbe come voler far crescere un bambino tiran dogli il collo. L’amore di Dio lo si può testimoniare solo con l’am ore per i fratelli, non c’è altra strada. Paolo div enta un uomo nuovo quando capisce che perseguitando i cristiani stava perseguitando il Signore, e così è quando si perseguita qualunque uomo, perché non lo riconosciamo come nos tro fratello. Il Signore è vivo e presente col suo Spirito in ogni uomo: ogni volta che avrete fatto una di queste cos e a uno dei miei fratelli l’avrete fatta a me. Ques ta è la luce da cui viene avvolto, che però lo rende cieco. Certo, prim a credeva di vedere, poi gli viene concessa questa illuminazione che non lo fa vedere più, nel senso che capisce app unto com’era stato scemo fino a quel momento. Viene battezzato da Anania e torna a vedere. Ecco quindi il dono del Battesimo, che tutti abbiamo ricevuto. È lì che si amo diventati donne e uomini nuovi, perché siamo diventati come G esù. Non conta che uno sia stato battezzato da picc olo o da grande perché la questione è quella di fare in modo che il seme ricevuto nel battesimo possa crescere nella vita. Col Battesimo ci viene detta la verità su Dio, su noi s tessi, sugli altri: e cioè che Dio è Padre, che io sono suo figlio e fratello di Gesù, che gli altri sono miei fratelli da amare come Gesù ama me, che io sono amato come i l Padre ama Gesù, che Gesù risorto e asceso al cielo è dentro d i me col suo Spirito che mi fa diventare come Lui, unito al suo stesso destino, e così torniamo a quanto dicevamo a ll’inizio. Ma c’è una cosa in più da dire, molto be lla e forse più difficile da capire, difficile perché se ne parla f orse sempre troppo poco, ed è quello che spiega la lettera agli Ebrei. Se col Battesimo diventiamo come Cristo, il brano d i oggi sottolinea un aspetto del mistero di Cristo, il suo essere sacerdote. Quindi col battesimo diventiamo tutti sa cerdoti e sacerdotesse. Il sacerdote è colui che in tutte le religioni è quello che fa da ponte tra gli uomini e Dio, che fa da mediatore. Cristo è il vero sacerdote perché ci mette in contatto col vero Dio. E quindi col Battesimo tutti siamo sacerdoti perché diventiamo come Gesù e siam o in contatto con Dio, con questo Dio che è dentro di noi, e tutt i siamo chiamati come Gesù, come ogni sacerdote, a offrire a Dio la nostra vita come egli la offerta per noi. E gliela offriamo quando sentiamo dentro di noi il suo amore e, animati dal suo Spirito, viviamo ogni cosa della nostra esisten za guidati da Lui. Qualcuno allora potrebbe dire a cosa servono i preti, e infatti molti sostengono di non aver bisog no dei preti per entrare in contatto col Signore. I l sacerdozio dei preti che deriva dal sacramento dell’ordine non sos tituisce il sacerdozio comune che avete tutti, che abbiamo tutti, anche noi preti, ma è un sacerdozio a servizio del vostro perché serve per continuare a rendere presen te Gesù risorto per mezzo dei sacramenti. Coi sacramenti il Signore continua a rendersi presente donandoci il suo Spirito, donandoci la sua vita nell’eucaristia, appunto per farci diventare tutti sacerdoti come Lui. Secoli di storia della Chiesa hanno inculcato la falsa idea che il prete sia un c ristiano migliore e di serie A, che quindi il vero cristiano deve essere il prete, tanto è vero che quando è il prete a sgar rare, questo fa più scandalo. In realtà lo scandalo è quando preti o fedeli non viviamo le nostre diverse vocazioni seco ndo il Battesimo, non viviamo da uomini nuovi, e qu esto accade fino a quando finalmente, a un certo punto, uno cad e da cavallo!