Ci stiamo avviando alla conclusione dell’anno litur
gico: domenica prossima sarà la solennità di Cristo
Re e poi inizierà
l’Avvento. Il nostro rito ambrosiano ha messo al ce
ntro delle liturgie di queste ultime domeniche il m
istero della
Chiesa: siamo partiti due domeniche fa contemplando
la dedicazione del Duomo di Milano per riscoprire
che tutti
noi facciamo parte della Chiesa e siamo
dedicati, c
onsacrati al Signore dal giorno del nostro Battesim
o; domenica
scorsa era la giornata missionaria mondiale che ci
ricordava che tutta la Chiesa, e quindi ciascuno di
noi, è chiamato
ad essere missionario, e cioè a testimoniare la sua
fede in Cristo a tutti quelli che incontra, con le
parole e con la vita;
la solennità dei santi che celebreremo tra poco ci
mostra come la Chiesa non è fatta solo da noi viven
ti, ma anche dai
morti che sono in Paradiso, cioè i santi; e oggi è
la domenica nella quale ci viene detto che la Chies
a è chiamata ad
annunciare che Dio vuole la salvezza di tutti i pop
oli della terra, nessuno escluso. Lo spiegano bene
le letture che
abbiamo ascoltato. Ma anzitutto cos’è la salvezza?
Isaia, nella lettura, paragona la salvezza ad un ba
nchetto di grasse
vivande, di vini eccellenti e raffinati, di cibi su
cculenti. Nel vangelo Gesù, con la parabola che abb
iamo letto, riprende
questa immagine parlando della salvezza come di una
festa di nozze in cui il Figlio è lo sposo e tutti
noi siamo gli
invitati. Della sposa non si parla, perché in realt
à siamo sempre noi, invitati ad essere la sposa. Le
nozze sono la più
bella immagine del nostro rapporto con Dio: in Gesù
, vero Dio e vero uomo, si celebrano le nozze tra c
ielo e terra: la
nostra unione con Cristo mediante lo Spirito ci ren
de una cosa sola col Padre. Dunque la salvezza è la
nostra unione
con Dio, ed è qualcosa che riguarda il mio presente
, non solo il futuro quando sarò morto. L’unione co
n Dio mi salva
perché mi fido della Parola del Signore (questa è l
a fede) e non delle mie paure, per cui sono salvo,
libero dalle mie
paure: so che il mio destino è la vita eterna, che
la vita non muore, che io sono amato per quello che
sono così come
sono da un Dio che è Padre, che non sono solo in me
zzo alle croci della vita e che esse sono temporane
e, e che lo
scopo della vita, ciò che rende bella la vita, è am
are senza misura gli altri nel modo in cui Dio ama
me. I servi mandati
dal re a portare a tutti l’invito alle nozze rappre
sentano i profeti fino a Gesù, che annunciano la Pa
rola di Dio. E
l’invito di questi servi viene rifiutato, addirittu
ra essi vengono uccisi. Dunque i servi simboleggian
o appunto la Parola
di Dio che ci annuncia la salvezza, ma che noi poss
iamo rifiutare o accogliere. Per mille motivi. Su t
utti quello di
credere che la salvezza stia da un’altra parte, se
i miei affari vanno bene, se ho la salute e i soldi
, e così rifiuto l’invito
a nozze del Signore, come i protagonisti della para
bola. Non è forse così che ragioniamo anche noi? Po
i, chissà
perché, siamo sempre in crisi di fronte a qualunque
problema, da quelli più gravi a quelli da poco. La
cosa grave è
quando ad andare in crisi siamo noi che pur apparen
temente, non fosse che per il fatto che siamo batte
zzati e siamo
qui in chiesa, abbiamo accolto l’invito a queste no
zze. Invece non è così. Perché? Perché siamo al ban
chetto senza la
veste nuziale. La veste nuziale è quella del Figlio
, che compie la volontà del Padre. Noi possiamo ess
ere qui senza
renderci conto di cosa vuol dire, e infatti poi viv
iamo la vita lontani dall’unione col Signore. Potre
bbero spaventarci le
parole che il re pronuncia al termine della parabol
a verso quel tale trovato senza veste: legatelo e g
ettatelo fuori
nelle tenebre! In realtà non sono parole fatte per
spaventarci, ma per farci convertire. Infatti il re
si rivolge a quel
tale chiamandolo “amico”, come Gesù aveva chiamato
amico Giuda mentre lo stava tradendo, come Gesù chi
ama
ciascuno di noi: amici. Cosa vuol dire? Che la salv
ezza è possibile e nasce proprio quando mi accorgo
di essere nudo,
indegno, non meritevole di nulla, eppure mi scopro
graziato, misericordiato, come continua a ripetere
il Papa. La
salvezza non è quando mi sento giusto, ma quando ca
pisco e ammetto di essere peccatore, e dunque bisog
noso di
un Dio che mi salvi, perché lontano da lui sono nel
le tenebre. Molti sono i chiamati, cioè tutti siamo
chiamati alle
nozze, Dio chiama tutti i suoi figli all’unione con
lui, perché li ama. Ma pochi sono gli eletti, perc
hé gli eletti non sono
i giusti o coloro che si credono tali, ma proprio q
uei chiamati che sanno di aver rifiutato, di essere
fuori, di non avere
la veste nuziale: per questo scelgono di convertirs
i e di rispondere alla misericordia di Dio, usando
a loro volta
misericordia verso gli uomini. Quindi davvero c’è s
alvezza per tutti. A tutti è data la possibilità di
vivere la pace del
cuore in mezzo alle tempeste della vita, di sperime
ntare un angolo di Paradiso in questa vita di infer
no che ci
costruiamo quando invece di accogliere la Parola di
Dio e di viverla, la rifiutiamo. E il primo modo p
er riuscirci è
accorgerci che siamo senza veste, che non siamo arr
ivati, che non ci basta essere qui. E la missione d
ella Chiesa è
precisamente quella di credere che l’amore che Dio
ha per noi che abbiamo creduto nel suo amore di Pad
re, è
l’amore che Dio ha per tutti gli uomini del pianeta
, e questa fede la Chiesa, cioè io, la manifesta e
la annuncia
prendendosi cura degli altri come Gesù, diventando
misericordiosi come lui che è stato misericordioso
come il Padre.
Io non mi permetto di giudicare nessuno perché altr
imenti condannerei me stesso. Ma mi chiedo ad esemp
io con
che coraggio celebreranno la messa, se ci andranno,
quei cristiani cattolici di quel paese della Romag
na che hanno
aderito alla manifestazione contro l’accoglienza di
quelle 12 donne rifugiate? Solo se si renderanno c
onto di essere
senza veste nuziale, non giusti, nudi, potrà esserc
i speranza che cambino idea, altrimenti resteranno
nelle tenebre. E
questo potrebbe valere anche per me e per ciascuno
di noi.