domenica 12 novembre 2017

I DOMENICA DI AVVENTO

Oggi, prima domenica di Avvento, la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico. Avvento sappiamo che significa venuta, e dunque l’Avvento è il tempo dell’attesa. L’attesa, se ci pensiamo, è una dimensione che attraversa l’esistenza di ciascuno di noi, in mille situazioni, da quelle più piccole e banali fino alle più importanti, che ci coinvolgono totalmente e nel profondo. Pensiamo, tra queste, a due sposi che
attendono la nascita di un figlio; l’attesa di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano; un giovane che attende l’esito di un esame decisivo o un colloquio di lavoro; un malato che attende con ansia l’esito di un referto medico; chi è innamorato e attende l’incontro con la persona amata o la risposta a una sua lettera o a un suo messaggio. Si potrebbe dire che l’uomo è vivo finché attende, finché nel suo cuore è viva la speranza. Quindi l’avvento richiama una cosa molto reale: che tutta la vita è un’attesa, noi viviamo pieni di speranze, e la speranza più grande è quella della gioia, che venga la gioia, finalmente. Perché finalmente? Perché di fatto, mentre attendiamo che avvenga qualcosa di bello, intanto siamo immersi negli scenari spaventosi di cui parla il profeta Isaia nella prima lettura e ripresi da Gesù nel vangelo: il tempio di Gerusalemme che viene distrutto, guerre, terremoti, carestie, omicidi, persecuzioni. Non mi metto a spiegare nei dettagli queste letture perché diventa lungo e complicato: lo farò con quelli che verranno all’incontro settimanale del lunedì sera. Eppure, in mezzo a tutte queste cose negative che avvengono, Gesù ripete: non allarmatevi, non preoccupatevi. Lo aveva già detto altre volte. Interessante questa parola “preoccuparsi”, che vuol dire occuparsi prima di qualcosa che ancora non è accaduta. Noi spesso passiamo la vita a star male prima del tempo: è come mettersi a lavare i piatti prima che si sporchino. Cioè, in mezzo al male noi possiamo deprimerci, star male e farne dell’altro. Gli avevano chiesto se tutte queste cose fossero il segno della fine del mondo. Capita anche noi, assistendo magari impotenti a certi disastri, di dire: “adesso viene la fine del mondo, salta tutto per aria, dove andremo a finire?”. No, Gesù dice di non preoccuparsi perché questo male non è il segno della fine del mondo. Non c’è la fine del mondo, perché Dio ha creato il mondo mica per distruggerlo. Siamo noi ad essere bravissimi a distruggere tutto e a distruggerci tra di noi. Dio opera col suo amore proprio per evitare questo. In che modo? Infondendo in tutti il suo Spirito d’amore che ci rende capaci, in mezzo al male, di compiere il bene. Il problema è accorgerci di questo, rendercene conto. Cosa succede se me ne rendo conto e vivo così? Succede che è davvero la fine del mondo: finisce finalmente il mondo vecchio, del male e dell’egoismo, e comincia il mondo nuovo, quello voluto da Dio. Cioè, succede che Dio viene, adesso. Ma c’è di più. Noi nel Credo diciamo che Gesù «verrà nella gloria a giudicare i vivi e i morti e il suo Regno non avrà fine». Anche nella messa noi ripetiamo sempre, quando il prete dice “mistero della fede”, che annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta. E la frase finale del vangelo di oggi dice così: “Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi, con grande potenza e gloria”. Cosa vogliono dire queste frasi? Tra le tante cose che noi attendiamo ce n’è una che vorremmo non venisse mai, ma sappiamo che prima o poi accade: l’ora della nostra morte e quella delle persone che amiamo. E ci preoccupiamo anche di questo. Perché? Perché non abbiamo capito che Gesù ha distrutto la morte. Che con Gesù la morte non esiste perché quando moriamo continuiamo a vivere e incontriamo lui. Ma queste frasi sembrerebbero dire: non è un bell’incontro, perché Gesù ritorna per giudicare tutti e decidere chi va in paradiso e chi va all’inferno. Invece è il contrario. Sulla croce, Gesù ci ha fatto vedere che Dio ci giudica tutti come suoi figli amati. La gloria di Dio è il suo amore per noi. Dio non vuole distruggere il mondo e nemmeno chi fa il male, vuole distruggere il male. Dio non perdona il peccato, il peccato lo odia: Dio perdona i peccatori, Dio vuole salvarci da noi stessi che ci facciamo del male da soli e lo facciamo agli altri. Dio ci giudica bene. Siamo noi che se giudichiamo Dio male, non lo giudichiamo Padre e non giudichiamo gli altri come fratelli da amare, ci autocondanniamo da soli, perché Dio rispetta la nostra libertà: se spegniamo la luce restiamo al buio, adesso e dopo la morte, perché dopo la morte c’è solo luce, c’è solo l’amore di Dio, e solo l’amore ci unisce a Dio. E dunque, in conclusione. Noi, quando comincia l’Avvento, ci ostiniamo a ripetere una frase secondo me stupida, falsa e inutile: «In Avvento aspettiamo che nasca Gesù bambino… Ci prepariamo alla nascita di Gesù… Gesù sta per nascere: venite, adoriamo!». Perché è una frase per me stupida e inutile? Perché Gesù è nato una volta per sempre a Betlemme, da Maria di Nazaret, dunque non si deve più attendere la sua nascita. Gesù è già nato, è morto ed è risorto. Se è risorto vuol dire che è vivo, è qui, dentro di me col suo Spirito. È Lui che aspetta che ce ne accorgiamo, che aspetta di nascere dentro di noi per cambiarci la vita. Un grande mistico del 1600, Angelo Silesio, diceva: «Nascesse mille volte Gesù a Betlemme, se non nasce in te… tutto è inutile». L’Avvento non serve per prepararci alla nascita di Gesù e per preparare il presepe, ma serve per alimentare il desiderio che egli nasca dentro di me, e Gesù nasce in me se io vivo nella legge dell’amore, e così imparo a vivere nell’attesa della sua venuta definitiva che sarà il giorno della mia morte, aspettando quel momento non con angoscia, perché so che egli mi giudicherà come suo fratello e mi accoglierà con lui nell’abbraccio del Padre. A questo serve l’Avvento.