domenica 19 novembre 2017

II DOMENICA DI AVVENTO

Oggi ho deciso di non spiegare le letture perché per farlo impiegherei troppo tempo: non sono facili. Per questo ogni lunedì sera c’è per tutti la possibilità di venire ad ascoltare la spiegazione. Oppure ognuno può trovare altri sistemi. Certamente non basta la predica della domenica, almeno che durasse un’ora, ma nessuno lo vorrebbe e poi la Messa non è un momento di catechesi, ma un’altra cosa.
Resta il fatto che è troppo importante la Parola di Dio. E’ l’unico modo per scoprire il vero volto del Dio che Gesù ci ha rivelato. Altrimenti si rischia seriamente di andare avanti tutta la vita a dire di credere in un Dio che non si conosce. Per cui oggi vorrei spiegare solo tre cose che prendo soprattutto dal vangelo, che possano aiutare, spero, la nostra riflessione e la nostra preghiera in questa messa. La prima cosa. Se guardate sul foglietto della Messa vedete che il titolo che viene dato a questa II domenica di Avvento è “I figli del Regno”. Si intende del Regno di Dio. Allora per prima cosa cerchiamo di capire cos’è il Regno di Dio. Nel vangelo, Giovanni Battista dice che il regno dei cieli, cioè il regno di Dio, è vicino. Ma Giovanni pensava al regno di Dio nello stesso modo in cui lo pensava il profeta Isaia nella prima lettura, come lo pensavano tutti ai tempi di Gesù, e come magari lo continuano a pensare molti di noi. Alcuni pensano che il Regno di Dio riguarda l’aldilà. Altri pensano che il Regno di Dio è quando Dio finalmente governa il mondo mettendo le cose a posto, castigando chi fa il male e premiando chi fa il bene. Invece no. Il RdD è quando Dio regna su di me, quando io mi lascio guidare dallo Spirito santo, che è lo Spirito di Gesù, cioè quando io, come Gesù, mi sento Figlio amato da un Dio che è Padre e inizio ad amare gli altri come miei fratelli. Cioè, quando mi metto io a fare le cose che vorrei che facesse Dio al mio posto. Dio governa il mondo attraverso ciascuno di noi, a seconda che ognuno di noi sceglie di farsi guidare, governare dallo Spirito di Gesù, oppure no. Se io cambio comportamento, e imparo a vivere come Gesù, viene il Regno di Dio. Quando nel Padre nostro diciamo: Venga il tuo regno, stiamo chiedendo al Padre di farci imparare a vivere come Gesù. E Gesù cosa ha fatto? Ha servito, ha dato la vita, ha perdonato, ha guarito, non ha castigato nessuno, ha accolto i peccatori. Allora, i figli del Regno chi sono? Di per sé tutti siamo figli di questo Regno, ma di fatto lo sono quelli che se ne accorgono e cercano di vivere così. Bene, perché questo accada, cosa ci vuole? Eccoci alla seconda parolina: la conversione. “Convertitevi”, dice Giovanni Battista, “fate frutti degni di conversione”. In passato il termine convertitevi era stato tradotto, in latino, e poi in italiano, con questa frase: “fate penitenza”! Ed è stato un guaio, perché per molte persone, purtroppo, la fede è diventata qualcosa di masochistico, un invito continuo alla mortificazione: più accetto i mali della vita, più cerco la sofferenza, più penitenze faccio, più Dio mi ascolta e mi vuole bene. In tutto il vangelo, Gesù non dice mai: fate penitenza, ma dice di convertirsi, e anche Giovanni Battista diceva la stessa cosa. Ora, dovete sapere che nella lingua greca (il vangelo è scritto in greco) esistono due termini, due verbi per indicare la conversione. Il primo termine indica il ritorno a Dio, per cui convertirsi significa che se una persona non è religiosa, deve tornare a Dio, e quindi iniziare a pregare e a ubbidire alle sue leggi. L’altro termine, invece, si riferisce al cambio di mente che produce un nuovo comportamento verso gli altri. E nel vangelo, il termine usato è questo. Allora cos’è la conversione? Non è tornare a Dio, perché Gesù è il Dio-con-noi. Pensate che bella questa cosa. Non dobbiamo tornare a Dio, non dobbiamo cercarlo, perché è Lui che è venuto verso di noi. Dio va accolto, e accoglierlo vuol dire imparare a fare come lui, ad andare verso gli altri, ad amare gli altri come ha fatto Gesù, cioè a costruire il Regno di Dio. Quindi la conversione indica un cambiamento di testa e del comportamento: di testa perché dobbiamo capire che Dio è questo, quello che ci ha fatto vedere Gesù, non un’altra cosa, e se capisco questo, allora accolgo il vero Dio che è colui che è venuto in mezzo a noi, e insieme a lui, con la sua forza, col suo Spirito, e come lui, vado verso gli uomini cercando il loro bene. La terza parola è quella che riassume le prime due: Avvento. Avvento vuol dire venuta. Vuol dire imparare a convertirci, a cambiare testa, per capire che Dio viene, è il Dio con noi da accogliere, e la dimostrazione se io ho accolto o meno il Signore è se divento pian piano capace di fare sempre il bene degli altri, scoprendo in questo la gioia, scoprendo che ha davvero ragione Gesù nel dire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, che la gioia non è in quello che si ha, ma in ciò che si dà. Ma come si fa per accogliere Dio? Facendo il presepe e l’albero di Natale? Non credo. Il Papa ci suggerisce “tre P” come modalità per accogliere il Signore: l’ascolto della sua Parola, il Pane dell’eucaristia e l’accoglienza del Povero (oggi è la giornata per il Povero). Ma il punto di partenza perché impariamo ad accogliere il Signore che si manifesta anche nei Poveri che incontriamo è sempre quello che spiegavo all’inizio, la prima “P” evidenziata dal Papa. E per far questo, mi sento di suggerire una cosa. Quando uno prega normalmente cosa fa? Dice alcune formule prestabilite o rivolge a Dio le sue richieste con altre parole. In questo modo è impossibile accogliere Dio. Allora proviamo una buona volta a fare il contrario. Dio ci ha già accolti, siamo noi a dover accogliere lui. E dunque proviamo a imparare a pregare dicendogli sempre anzitutto grazie che mi hai accolto, a stare in silenzio, mettendosi a leggere la sua Parola, cioè ascoltando lui che mi parla, a memorizzare una frase del vangelo per farla entrare nella testa, così che poi mi accompagni durante tutta la giornata. Fatelo anche adesso nel momento di silenzio dopo l’omelia. Questo a livello personale. A livello comunitario dopo vi suggerisco un’altra cosa. PRIMA DELLA PREGHIERA DEI FEDELI Adesso vi propongo una seconda cosa che può aiutarci, quando preghiamo tutti insieme, ad accogliere il Signore che viene, e che sarebbe bello se si imparasse a fare sempre. Tra pochi secondi rivolgeremo al Signore le nostre richieste E cioè, tra poco, quando rivolgeremo al Signore, guarda un po’, le nostre richieste con la preghiera dei fedeli, ad ogni invocazione smettiamola di ripetere ASCOLTACI SIGNORE, perché il Signore è certo che ci ascolta, il problema siamo noi che non lo ascoltiamo. E allora preghiamo ripetendo ad ogni invocazione: FA CHE ASCOLTIAMO TE, O SIGNORE. Se gli chiediamo questo vuol dire che ci impegniamo ad ascoltarlo, e quindi a conoscerlo e a capire cosa dobbiamo chiedergli