domenica 5 novembre 2017

CRISTO RE ANNO A

 Non so se a Gesù questa festa sia gradita, perché a lui non piaceva essere chiamato Re. Tutte le volte che nel vangelo qualcuno voleva farlo re, Gesù si ribellava e scappava. Gesù preferirebbe essere chiamato nei modi con cui egli stesso si definiva quando parlava di sé e diceva, solo per fare alcuni esempi: io sono il pane della vita, il pane vivo, il buon pastore, la luce del mondo, la porta delle
pecore, la vera vite, la risurrezione e la vita, la via, la verità e la vita. Anche in questo vangelo, quando Pilato gli chiede: “Dunque, tu sei re?”, Gesù risponde: “Tu lo dici: io sono re”, ma la traduzione corretta è un’altra, e sarebbe questa: “Sei tu a dire che io sono re, non io”. Infatti, prima, quando Pilato gli aveva chiesto se fosse il re dei Giudei, Gesù gli rispose: “E’ una cosa che pensi tu o pensi così perché te l’hanno detto gli altri?”. E poi aggiunge: “Il mio regno non è di questo mondo”, come per dire: “Va bene, volete chiamarmi re? D’accordo, ma intendiamoci sul significato delle parole. Io non sono un re come intendete voi. Se io fossi come i re di questo mondo, non sarei certo qui davanti a te come un condannato, perché i miei servi avrebbero lottato per impedire che io venissi arrestato, in mio soccorso sarebbero venuti anche gli angeli per ristabilire la giustizia con la violenza”. Certo, perché a quei tempi, come oggi, anche se oggi i re e le regine vanno poco di moda e ce ne sono pochi, l’idea di re è sinonimo di potere. E, in fondo, ciascuno di noi cerca di essere sempre un piccolo o grande re. Noi sogniamo di vivere come dei re, di essere serviti e riveriti come dei re. Ci piace comandare sugli altri, imporre le nostre prospettive, i nostri punti di vista. E quando pensiamo a Dio cosa facciamo? Proiettiamo su di lui i nostri deliri di onnipotenza, pensando Dio come il re che comanda su tutti, che impone il suo volere ai suoi sudditi, che governa il mondo con le sue leggi, premia chi le rispetta e punisce chi le trasgredisce. Come il re Davide, lo abbiamo ascoltato nella lettura, che viveva in una reggia e progettava di costruirne una per Dio, che immagina simile ai re di questo mondo. Ma il profeta Natan avverte Davide che Dio è un re diverso, che il suo regno non poggia sul dominio: Dio vuole essere un padre per Israele. E Gesù conferma queste parole dicendo a Pilato: “il mio regno non è di questo mondo”. Dunque, in qualche modo Gesù conferma di essere un re, però dice che il suo Regno non è di questo mondo, cioè non è un regno tra quelli conosciuti. I regni sono basati sulla prepotenza, sul terrore, sulla violenza, sulla paura. Il Regno di Gesù non è basato su nulla di questo. Poco prima di venire arrestato, Gesù, che aveva chiamato amici i suoi discepoli, aveva lavato a loro i piedi. Per cui Gesù è un re che non ha servi, perché è lui a farsi servo degli altri. Poi ripete: “Il mio regno non è di quaggiù”, cioè non è un regno di questo sistema, il nostro sistema, che è quello del potere. E aggiunge: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità”. Gesù in precedenza aveva detto: io sono la verità. Gesù non dice di avere la verità, ma di essere nella verità. Quando uno ritiene di avere la verità esclude tutti quelli che non sono d’accordo, giudica tutti. Gesù è la verità perché rivela chi è veramente Dio, rivela che Dio è Padre che ama tutti i suoi figli. Ed è nella verità perché lui, il Figlio, ama gli uomini come fratelli, e dunque testimonia questa verità facendo del bene agli uomini, facendosi nostro servo. E poi aggiunge: “Chiunque è nella verità ascolta la mia voce”. Ci saremmo aspettati il contrario “chi ascolta la mia voce, si mette nella verità”. No, chi è nella verità. Vuol dire solo quelli che fanno del bene all’uomo come ha fatto lui, solo quelli che si fanno servi degli altri, che fanno del bene dell’uomo l’obiettivo della propria esistenza possono capire realmente le parole di Gesù. E allora adesso capiamo in che senso Gesù è re, che cos’è il regno di Dio e perché Gesù ci insegna a pregare dicendo al Padre: “venga il tuo regno”. Dio regna non in cielo, ma su questa terra quando gli uomini si fanno guidare da lui. Dio è un re che governa il mondo non decidendo lui gli eventi delle cose o imponendo delle leggi da rispettare. Dio è un re che governa infondendo negli uomini il suo spirito d’amore che ci fa sentire amati e ci rende capaci di amare. Quando viviamo così cosa succede? Che il regno di Dio viene, che Dio regna. Dio regna quando in mezzo al male io faccio il bene, quando divento strumento di pace, quando vivo insomma le beatitudini che abbiamo ascoltato mercoledì nella festa di tutti i santi. “Venga il tuo regno” significa: aiutaci a vivere così. “Per questo sono nato e sono venuto al mondo”, dice Gesù. Ognuno si domandi: io per cosa sono nato e sono venuto al mondo? Per fare che cosa? Non stiamo parlando del tipo di lavoro. La risposta del discepolo di Gesù è una sola: qualunque cosa io faccia nella vita, quale che sia il mio lavoro, che io mi sposi, non mi sposi, diventi prete, suora, missionario, imbianchino, studente, pensionato, disoccupato, politico, avvocato, muratore, artista, artigiano, mamma, papà, operaio, commesso, dirigente di banca, quello che volete: io sono nato e venuto al mondo per essere come Gesù, figlio amato da un Dio che è Padre e chiamato a costruire il regno di Dio imparando ad accogliere, amare, perdonare, servire chiunque mi si presenti davanti, e sono qui a Messa per ricevere da Dio la forza di vivere così. Essere nati ed essere venuti al mondo per questo: per trovare la felicità imparando a rendere felici gli altri. Avere questo come scopo dell’esistenza. Cristo è davvero re e governa la mia vita quando questo diventa il mio programma di vita.