domenica 26 novembre 2017

III DOMENICA DI AVVENTO

Immaginatevi la scena. Un’aula di tribunale, il giudice che è Dio (e immaginatelo col volto coperto, poi vi spiego perché), da una parte gli accusatori (i farisei), in mezzo l’imputato, che è Gesù. È il vangelo di oggi che abbiamo appena letto. C’è Gesù che si sta difendendo dalle accuse dei farisei. Chi erano i farisei? I farisei erano dei laici molto pii, che oggi chiameremmo bigotti, che si ritenevano
superiori e più bravi di tutti perché rispettavano tutte le leggi della religione ebraica. Perché le rispettavano? Perché per loro Dio era un giudice che aveva dato delle Leggi, e chi le rispettava veniva premiato e chi le trasgrediva veniva punito. Non si domandavano perché Dio avesse dato quelle leggi, le rispettavano per paura, come quando uno studente non fa i compiti per imparare, ma per avere un bel voto e così essere premiato dai genitori e sentirsi più bravo degli altri. Anzi, se deve fare 10 esercizi, ne fa 20, ma non perché ci ha preso gusto, ma per fare bella figura davanti al professore e ai compagni. Ecco, questi erano i farisei. Una delle leggi più importanti era quella del riposo del sabato, il terzo comandamento, quello che noi abbiamo tradotto con “ricordati di santificare le feste”. Il comandamento giusto dice così: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Sei giorni lavorerai, ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, tu e nessun altro”. E perché non bisognava fare nessun lavoro? I motivi erano due: primo perché anche Dio, dopo aver lavorato sei giorni per creare il mondo, il settimo si era riposato, e quindi se Dio per primo si è riposato, devono farlo anche gli uomini e gli animali; secondo perché se Dio aveva liberato gli ebrei dalla schiavitù del Faraone, riposarsi il sabato doveva servire per imparare a non essere schiavi del lavoro, per capire che noi valiamo non per quello che abbiamo prodotto, ma perché Dio ci ama. Bene, ai farisei non interessava il motivo per cui Dio aveva comandato di riposarsi, ma erano talmente ossessionati e scrupolosi che dicevano: Dio ha detto che bisogna riposarsi, non fare nessun lavoro, ma se io per esempio apro una porta, questo è un lavoro? E così si erano inventati 1521 lavori che di sabato non si potevano fare: anche preparare da mangiare era proibito, bisognava prepararlo il giorno prima; anche curare e guarire una persona. Un comandamento che serviva per rendere gli uomini liberi, li aveva fatti diventare ancora più schiavi. Ebbene, cosa accadde? Che Gesù faceva apposta a non rispettare questo comandamento: se doveva guarire qualcuno, quando lo faceva? Di sabato. E perché Gesù faceva così? Perché voleva far capire il vero valore del riposo del sabato. Infatti diceva: il sabato è per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Cioè: Dio non può dare delle Leggi che vanno contro il bene degli uomini. Quindi di sabato si deve fare il bene. C’è un lavoro che non bisogna mai smettere di fare, il lavoro che anche Dio continua a fare, sempre, anche di sabato, e cioè fare il bene. Il sabato è il giorno in cui riposarsi nell’amore di Dio: fare rifornimento del suo amore per poterlo trasmettere agli altri. Per questo i cristiani hanno fatto diventare il giorno del riposo settimanale quello in cui ritrovarsi per celebrare l’eucaristia, e hanno scelto la domenica, non il sabato, perché la domenica era il giorno in cui Gesù è risorto. Abbiamo ridotto questo comandamento a un “ricordati di andare a messa”, facendo diventare la messa un dovere, invece di viverla come il momento in cui essere riempiti dell’amore di Dio, e dunque facendo lo stesso errore dei farisei che Gesù condannava. Ebbene, all’inizio del capitolo 5 di Giovanni, Gesù aveva guarito un uomo paralitico ai bordi di una piscina proprio il giorno di sabato. E allora cosa fanno i farisei? Lo accusano di essere un bestemmiatore. Bestemmiatore non vuol dire, come qualcuno potrebbe intendere, uno che insultava Dio dicendogli delle parolacce, ma uno che volutamente si ribellava alle leggi di Dio. E allora Gesù deve difendersi, e pronuncia le parole che abbiamo letto oggi. All’inizio dicevo: immaginatevi l’aula di tribunale dove ci sono gli accusatori (i farisei), l’imputato (Gesù), e Dio come giudice, ma Dio immaginatelo col volto coperto. Perché? Perché Dio nessuno lo ha mai visto. Solo Gesù ha tolto il velo dal volto di Dio, cioè solo Gesù ci ha fatto vedere chi è Dio. Infatti dice ai farisei: “Voi non avete mai ascoltato la voce di Dio e non avete mai visto il suo volto, e dunque la sua parola non rimane in voi, perché vi fermate in superficie, leggete le Scritture, quello che c’è scritto nella Bibbia, ma non conoscete chi è veramente il Dio che ha detto queste cose. Se voi pensate a Dio come un giudice cattivo, pensate che vi ha dato delle leggi perché vuole vedere chi è bravo e chi è cattivo, e allora cercate di metterle in pratica solo per paura, per dovere, come lo scolaro di cui parlavo prima che fa i compiti non per imparare cose importanti che gli servono nella vita, ma per avere un altro premio. Io, invece, dice Gesù, vi faccio vedere che Dio è un Padre, per cui se deve giudicare, vi giudica tutti come suoi figli amati, dà la vita, dà l’amore, non dà delle leggi, non vuole che i suoi figli gli obbediscano per paura di essere puniti, ma che i suoi figli si sentano amati da lui e diventino come lui, e per diventare come lui devono fare come lui, dare vita agli altri, dare amore. E sono proprio le opere che io faccio a testimoniare che Dio è amore perché io, se uno ha bisogno, lo aiuto, se uno è malato, lo guarisco, non importa il giorno della settimana”. San Paolo, nell’epistola, invece di usare la parola “testimonianza” ripetuta diverse volte nel vangelo di oggi, usa la parola “profumo”. Il profumo è universale: lo possono sentire tutti e distinguerlo da un cattivo odore. Così come dire “ti amo” a una persona dona gioia a chi se lo sente dire, mentre dire “ti odio” produce angoscia. Così come dare una carezza o un pugno. Siamo chiamati anche noi ad essere il buon profumo di Cristo, chiamati cioè a testimoniare con tutto il nostro essere l’unica verità dell’amore di Dio che Gesù ci ha testimoniato e per la quale fu condannato a morte. Infatti sappiamo tutti come finirà questo processo: che proprio di sabato, i farisei decisero di uccidere Gesù, perché nella loro ipocrisia di sabato non era permesso fare il bene, ma il male si. In nome di Dio. Del loro Dio, però.