domenica 17 giugno 2018

IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Se Gesù ci ha rivelato che Dio è amore, soltanto amore, che Dio è solo e unicamente buono, come si spiegano le letture di questa domenica, dove anche Gesù sembra smentirsi? Nel vangelo dice chiaramente che il re si indignò degli invitati alle nozze che declinarono l’invito. Per non parlare della pena prevista per quel commensale che non aveva l’abito nuziale: legatelo mani e piedi e gettatelo
fuori nelle tenebre dove sarà pianto e stridore di denti. Molti sono chiamati e pochi eletti. E chi di noi, facendo seriamente un esame di coscienza, non si sentirebbe in difetto? Pensiamo solo alla lista di coloro che san Paolo indica come esclusi dal regno di Dio: immorali, adulteri, depravati, sodomiti, ladri, avari, ubriaconi, calunniatori, rapinatori. Non dico che tutti siamo così o che ciascuno di noi sia contemporaneamente tutte queste cose. Ma l’elenco potrebbe essere ampliato, come testimonia la celebre pagina del libro della Genesi. Dio vuole che Abramo obblighi tutti i suoi figli e la sua famiglia ad osservare le sue leggi, e quando ai suoi orecchi giunge il grido di tutto il male commesso dagli abitanti di Sodoma e Gomorra decide di far piovere dal cielo zolfo e fuoco per distruggere queste città, da cui si salva soltanto Lot, il nipote di Abramo. Dunque come la mettiamo? Dio è solo e unicamente buono o no? Siccome per il mio 25esimo di ordinazione presbiterale mi sono proposto di tornare ad essere breve nelle omelie, come facevo all’inizio del mio ministero, così sono contenti tutti quelli che sperano che basti la predica per approfondire la loro fede, in questo modo però non riesco ad entrare nei dettagli delle letture per spiegarle, e quindi lascio queste domande irrisolte, così questo magari diventa di stimolo, per chi è interessato ad approfondire, di trovare le modalità per farlo. Mi limito solo ad abbozzare qualche risposta a partire dalla pagina di san Paolo, quando dice che chi fa il male non può ereditare il Regno di Dio. Il Regno di Dio è quando sento che Dio è Padre, che io sono figlio amato e dunque imparo a trattare gli altri amandoli come fratelli. Quindi è un dono, lo ricevo in eredità, non è un merito, è un diritto che mi spetta, perché per Dio io sono suo figlio, sempre. Se Dio fosse cattivo io dovrei meritarmi il suo amore, e così vivrei nell’angoscia perché non ce la farei mai. Quando si vive un rapporto con Dio pieno di angosce e paure, il problema non è Dio, ma sono io che non ho capito chi è Dio, che penso a Dio in modo sbagliato, perché la sua Parola e il suo agire sono sempre finalizzati alla nostra gioia. Dio ci giustifica tutti, dice Paolo, che non è come la giustificazione a scuola, ma vuol dire che il suo amore ci rende giusti, capaci di amare come siamo amati. Se io accetto questo amore, questo amore mi trasforma, se no, non è vero che ho accettato questo amore. Se non accetto l’amore di Dio, la mia vita è pianto e stridore di denti, la mia vita viene distrutta (non la distrugge Dio), perché noi siamo fatti per essere amati e per amare, e se facciamo il contrario è la nostra fine, è come ingoiare cibi velenosi, è come mettere la Coca Cola invece della benzina nel serbatoio della macchina. Non tutto giova, dice sempre Paolo. Ma quando compiamo il male (questa è la bella notizia, vangelo vuol dire bella notizia, e tutto il vangelo parla di questo) non dobbiamo angosciarci, ma prenderne atto. La trasformazione di ciascuno di noi è progressiva, come ogni cammino è progressivo, però per quanto progressivo, un conto è se vado in una direzione e un conto se vado in quella opposta: non importa a che punto sono del cammino, ma in che direzione vado. E il Signore continua a venirci incontro col suo amore anche se stiamo andando nella direzione sbagliata (quella che ci porta alla distruzione): proprio quando siamo di-sgraziati, cioè senza grazia, egli ci infonde la sua grazia, il suo amore, e questo è il motivo per il quale non dobbiamo avere motivi per cui angosciarci. Mai.