domenica 20 ottobre 2019

DEDICAZIONE DELLA CHIESA CATTEDRALE

La festa della Dedicazione del Duomo di Milano che come ogni anno si celebra in questa terza domenica di ottobre è sempre un’occasione molto bella per riflettere sulla Chiesa, quella Chiesa Santa Cattolica e apostolica nella quale diciamo di credere ogni volta che facciamo la nostra professione di fede, quella Chiesa alla quale tutti noi apparteniamo in forza del Battesimo, fatta non di pietre, ma di
persone, che siamo noi, una comunità costituita da coloro che hanno aderito a Gesù. Del resto, non dimentichiamo mai che il messaggio di Gesù non è mai per un singolo individuo, ma è rivolto sempre a una comunità, a un gruppo di persone che lo accetta. Quando Gesù proclama le beatitudini non dice: beato te o beato l’altro. Ma dice: beati voi. Una persona che accolga il messaggio di Gesù potrà anche diventare un santo, ma santi si diventa solo vivendo rapporti con gli altri. Chi anche oggi dice: Cristo si, la Chiesa no, ha capito niente del cristianesimo. I cristiani non sono degli individui isolati, dove ognuno vive il proprio rapporto con Dio. Gesù è venuto a chiedere a una comunità di mettere in pratica il suo messaggio. Solo una comunità può incidere in maniera forte nella società. Il cristiano è colui che proclamando Gesù il Figlio di Dio, riconosce che Dio è Padre, si riconosce figlio e considera gli altri come fratelli, e quindi può vivere la sua fede solo creando rapporti fraterni con gli altri, anzitutto con coloro che hanno la sua medesima fede, ovvero con quelli che appartengono alla medesima comunità, che è appunto la Chiesa. Questi sono i frutti buoni a cui Gesù si riferisce nel brano di vangelo che abbiamo appena ascoltato e che i suoi discepoli, dal papa all’ultimo dei fedeli, sono chiamati a produrre, anzitutto tra di loro. Nel Credo noi proclamiamo la Chiesa come Cattolica. Cattolica vuol dire universale, aperta a tutti, chiamata non a portare le persone a se stessa, ma chiamata a portare Dio alle persone, a tutti, nel rispetto delle differenze di ogni uomo, questa è la sua missione, alla quale Papa Francesco, col suo esempio e le sue parole, continua a richiamarci. Sono purtroppo molti nella Chiesa, anche cardinali, vescovi, preti e fedeli, che lo accusano di essere un traditore che sta portando la Chiesa alla rovina perché, secondo loro, non difenderebbe Cristo, la Chiesa e le sue tradizioni. Chi sono costoro? Sono quelli che non hanno capito cosa vuol dire essere cattolici e che cos’è la Chiesa Cattolica. Che non hanno capito che Cristo non ha bisogno di essere difeso da nessuno, perché neanche lui si è difeso, ma si è consegnato nelle mani di tutti. Per cui la Chiesa ha come missione non quella di difendersi, ma di difendere la dignità di ogni uomo, secondo l’insegnamento di Gesù. E che la tradizione che siamo inviati a trasmettere a tutti non è fatta da simboli religiosi da tenere in mano o da appendere a una parete, ma quella di vivere verso tutti l’amore del Signore che celebriamo nell’Eucaristia. Nel Credo proclamiamo la Chiesa come Santa, eppure sappiamo che non è una comunità fatta da persone perfette, ma da peccatori che però sono consapevoli dell’amore del Signore che li ha raggiunti: è accogliendo questo amore che ci permette di diventare santi come Cristo, quando cerchiamo di vivere anzitutto tra noi il suo amore affinchè tutti gli altri, vedendo come si amano tra loro i cristiani, ne siano attratti. Attirerò tutti a me, dirà Gesù. E questa attrazione, Gesù continua ad esercitarla attraverso la testimonianza dei suoi discepoli, inviati da Gesù a compiere questa missione verso tutti. “Inviato”, in greco, si dice “apostolo”. Quando nel Credo diciamo che la Chiesa è Apostolica vuol dire che tutti noi siamo inviati a testimoniare il vangelo, quello stesso vangelo che i primi apostoli che conobbero Gesù, dopo la sua risurrezione, cominciarono a diffondere. E quando, sempre nel Credo, diciamo che la Chiesa è Una, è perché la Chiesa è il corpo di Cristo, di cui Cristo è il capo, e noi le membra di questo corpo, e il corpo è uno: se viene diviso, muore: basta che un solo membro del corpo non funzioni perché tutto il corpo stia male. E un corpo per vivere e crescere bene ha bisogno di respirare, di nutrirsi, di venire curato quando si ammala, di muoversi, se no si rattrappisce. Ecco perché il Signore ha dato a ciascuno il suo Spirito, il suo respiro, il suo amore; nutre la nostra coscienza con la sua Parola e col pane eucaristico per farci diventare come Lui, perché dal nostro cuore, cioè dalla nostra coscienza, come dice il vangelo di oggi, esca il bene, altrimenti uscirà solo il male; ci cura col sacramento della Riconciliazione; e, infine, la Cresima, che tutti noi battezzati, immersi nell’amore della Trinità, abbiamo ricevuto, è il dono dello Spirito che ci abilita per la missione, che ci invia, che permette al corpo appunto di muoversi. Dire queste cose proprio in questa domenica dove nelle comunità della nostra diocesi di Milano si eleggono i nuovi membri dei Consigli pastorali è particolarmente significativo. Sono ancora troppi i cristiani che vivono l’appartenenza al corpo della Chiesa come spettatori, invece che da protagonisti, come membra staccate dal corpo. Questo è un guaio. E non mi riferisco tanto a quelli che vengono a messa ogni tanto, che si rivolgono al prete solo per chiedere un certificato o che pensano alla parrocchia non come a una comunità di persone che vogliono vivere insieme il vangelo, ma come a una struttura che offre servizi di parcheggio per i figli durante l’oratorio feriale o per organizzare cene e feste di compleanno, ma mi riferisco prima di tutto a chi viene a messa tutte le domeniche. Ognuno deve sentirsi parte della sua comunità e dare il suo contributo svolgendo dei compiti o dei servizi, proprio perché siamo cresimati, e la Cresima serve per questo, non dimentichiamolo. In particolare, i membri del Consiglio pastorale svolgono il compito importantissimo di consigliare e aiutare noi preti a guidare le comunità. Obbedire ai vostri capi e siate loro sottomessi, dice l’autore della lettera agli Ebrei. Certo, perché essi sono chiamati nella Chiesa ad essere guide. Ma le guide, papa, vescovi, e noi preti, occorre che per primi non smettiamo mai di sottometterci e a convertirci alla Parola di Dio, altrimenti, direbbe Gesù, diventiamo ciechi che guidano altri ciechi. Lo stesso vale per i membri di un Consiglio pastorale chiamati ad aiutare noi preti in questo difficile compito.