domenica 7 giugno 2020

SANTISSIMA TRINITA'

La festa di oggi vuole aiutarci a riflettere sul nome di Dio, il nostro Dio, quello che noi diciamo essere l’unico Dio, il Dio nel quale crediamo. Il nome indica l’identità di una persona. Se io mi chiamo Marco e tu da lontano chiami Giuseppe, io non mi volto, non ti ascolto e non ti rispondo.



Un conto è chiamare Dio col nome di Jahve, col nome di Allah, coi nomi delle divinità induiste, del taoismo, del confucianesimo, dello scintoismo, coi nomi degli dei di tutte le altre religioni del mondo, un altro è chiamarlo Padre e Figlio e Spirito santo, cioè santissima Trinità, come è per noi cristiani. Qualcuno dice: Dio è uno solo, tutti lo chiamano in un modo diverso e hanno la loro religione, non facciamo prima a metterci d’accordo e a chiamarlo tutti allo stesso modo? No, perché dietro il nome che viene dato a Dio c’è un modo ben preciso di pensare Dio. Ma è anche vero che, di riffa o di raffa, quel Dio che nessuno hai mai visto e conosciuto, tutti gli uomini alla fine lo pensano in modo simile: un essere infinito, staccato dal mondo, in cielo, che ha molti poteri, che a volte li usa a volte no, a seconda di come ci comportiamo o di come lo preghiamo, quindi un Dio che governa il mondo, un Dio legislatore e giudice, e spesso ci arrabbiamo con lui e lo bestemmiamo quando vediamo che non interviene come vorremmo noi. Ma la ragione è quella che dicevo prima: se mi chiami Giuseppe e io mi chiamo Marco, è normale che io non ti risponda. Il guaio è quando anche noi cristiani pensiamo Dio nello stesso modo in cui lo pensano tutti, dimenticando che tutto quello che noi sappiamo di Dio è quello che di Dio ci ha detto Gesù, e Gesù ci ha detto che Dio non è quello che immaginano tutti. “Dio” è dunque un termine troppo generico. Dovremmo smetterla di usarlo. Il Dio di Gesù noi lo chiamiamo col nome di Padre, di Figlio e di Spirito santo, e questo cambia tutto il nostro modo di pensare a Dio. Anzitutto, Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio col nome di Padre, non perché Dio sia un maschio anziano con la barba e i capelli bianchi, ma per indicare che Dio è la sorgente della vita, che infonde la sua vita immortale a coloro che accolgono liberamente la sua forza. Quindi, se Dio è Padre, non è un assassino, per cui quando si pensa che Dio possa mandare flagelli o pandemie, fossero anche come castighi che però uccidono milioni di innocenti, sta prendendo degli abbagli. Dio è un Padre che manifesta il suo amore lasciando il mondo libero di formarsi e noi uomini liberi di agire, perché non può esistere l’amore se non c’è la libertà, e di fatto il mondo è libero: solo se i suoi figli sono liberi possono corrispondere all’amore di Dio e amarsi tra loro. E noi diventiamo suoi figli quando accogliamo il suo amore e lo manifestiamo. Di conseguenza, non è Dio a governare il mondo e a decidere come vanno le cose. Il Padre, dunque, agisce attraverso di noi. Come? Attraverso il dono del suo Spirito, lo Spirito santo. Se noi accogliamo il suo Spirito e lo seguiamo cosa succede? Che diventiamo suoi figli, che abbiamo in noi la stessa vita di Dio. Succede che diventiamo pian piano figli come Gesù, che è il Figlio. Dio si è fatto uomo in Gesù di Nazaret restando Dio per insegnare a noi uomini a diventare come Dio restando uomini. Non solo per insegnarci con la sua Parola e il suo esempio come fare, ma infondendo in noi lo stesso Spirito del Padre che ha ricevuto lui e che ci rende suoi fratelli e dunque figli dello stesso Padre. Questo è dunque il Dio uno e trino, la santissima Trinità, il nome col quale noi chiamiamo Dio. Capite allora che credere in un Dio così cambia radicalmente il nostro modo di rapportarci a Dio, a noi stessi, agli altri, alla vita, alla morte. Per questo Gesù ripeteva: convertitevi e credete al Vangelo. Convertitevi, cambiate modo di pensare e dunque di agire, e credete a quello che io vi ho detto. Se Dio è quello che ha rivelato Gesù, io non pregherò più Dio per chiedergli di cambiare le cose che non vanno, ma per cambiare me e il mio modo di pensare e di affrontare le cose nel modo in cui pensava e agiva Gesù, per cui non sarò più io a chiedere a Dio di ascoltare me, ma sarò io ad imparare ad ascoltare quello che ha detto Gesù, meditando sulla sua Parola. Non tratterò più Dio come un mago, non mi arrabbierò più con lui quando le cose vanno male, perché ho capito che l’unico dono che Dio mi fa è proprio il suo Spirito che vuole trasformare me. Non vivrò più la fede con senso di angoscia come se Dio fosse un legislatore a cui obbedire, ma la vivrò con gratitudine, accogliendo il suo amore che mi da la forza di assomigliargli praticando verso gli altri un amore simile al suo. Capirò che Dio è più grande di me, certo, ma nel contempo che è dentro di me con il suo Spirito, e che più assomiglio a lui nell’amore, più mi trasformo a sua immagine, divento divino, e quando sopraggiunge l’inevitabile morte del mio corpo, la mia persona non cessa di esistere, ma continua a vivere, come dimostra la risurrezione di Gesù. Quindi, e concludo, vedete come la festa della Trinità che oggi celebriamo, facendoci riflettere sul nome del Dio in cui diciamo di credere, come ripeteremo tra poco recitando il Credo, aiuta a sbarazzarci di tanti modi sbagliati di pensare Dio e ci aiuta a contemplare la bellezza del volto di quel Dio che nessuno ha mai visto, ma che Gesù ci ha fatto conoscere, e che ci rende grati di essere cristiani.