domenica 21 giugno 2020

IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Domenica scorsa spiegavo che le letture che vengono lette nel rito ambrosiano nelle domeniche dopo Pentecoste sono collegate tra di loro. Per capirle bisogna partire dalla prima lettura, poi passare al vangelo e concludere con san Paolo che fa il riassunto. Il punto di partenza è la prima lettura che ogni

domenica presenta in ordine cronologico alcuni racconti dell’Antico Testamento, partendo dall’inizio. Infatti domenica scorsa leggevamo il comando di Dio che dice ad Adamo di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, oggi viene proposta una parte del racconto della storia di Noè, domenica prossima si prosegue con Abramo, poi si passerà a Mosè e così via, fino a ferragosto. Allora adesso cerchiamo di capire cosa c’entra il racconto di Noè e del diluvio col brano di vangelo e con le cose che dice san Paolo nella lettera ai Galati. Partiamo dalla lettura. I racconti dei primi undici capitoli della Genesi che parlano di Adamo, di Caino e Abele, dell’arca di Noè, della torre di Babele non sono racconti storici, di fatti realmente accaduti all’inizio della storia dell’umanità. Furono scritti nel VI secolo avanti Cristo quando gli ebrei tornarono dall’esilio a Babilonia. I Babilonesi avevano distrutto Gerusalemme, tutto era da ricostruire: per gli ebrei quell’esperienza fu analoga a quella che due millenni dopo fu la shoah. In questi testi confluirono racconti mitici di altri popoli attraverso i quali si cercava una spiegazione al dilagare del male nel mondo. Perché il mondo va male, perché c’è il male? C’è inimicizia tra gli uomini e Dio; disarmonia tra l’uomo e la donna (Adamo ed Eva); c’è lotta tra gli uomini che non si considerano fratelli (Caino e Abele); invece di essere un giardino la terra è un covo di violenza, dove l’innocente, il giusto, viene ucciso dal proprio fratello; ci sono popoli che hanno pretese totalitarie su tutti gli altri (a quel tempo erano i babilonesi, da cui il racconto della torre di Babele); la violenza cresce in modo esponenziale e tocca tutta l’umanità: perché tutto questo? Come andrà a finire, dove finiremo? Per Israele, l’esilio a Babilonia fu davvero come un diluvio dal quale solo pochi giusti sopravvissero. E così fu costruito il racconto del diluvio universale da cui solo Noè, uomo giusto, si salvò, nel quale confluirono tutte le domande e le possibili risposte a questi perché: si vede che Dio è stufo del male degli uomini e vuole distruggere quello che ha creato, lo abbiamo letto nel brano di oggi. Ma se andassimo avanti a leggere il testo, Dio dirà: no, non manderò più nessun diluvio perché è inutile, gli uomini sono corrotti fin dalla nascita, è inutile distruggerli, devono cambiare il loro cuore, il problema è questo, è il modo col quale gestiscono la loro libertà. Infatti, dopo Noè, i suoi figli ne faranno più di Bertoldo, e il testo dice che da essi nacquero poi tutti i popoli della terra. E Dio fa con Noè un’alleanza cosmica, con tutta l’umanità, simboleggiata dall’arcobaleno, come per dire: metto il mio arco di guerra sulle nubi, non lo uso più, non combatterò più contro gli uomini. Vedete? Non è che Dio prima combattesse contro gli uomini, poi abbia smesso. Questi sono racconti nei quali confluiscono le tante domande che ci facciamo anche noi, ma se non guardiamo a Gesù, resteranno sempre senza risposta. E così passiamo al vangelo. A Gesù avevano chiesto, nei versetti precedenti che non sono stati letti: quando verrà il Regno di Dio? Cioè, quando finalmente ci sarà un mondo giusto, dove gli uomini si amano? E Gesù risponde: come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’Uomo. Chi è il Figlio dell’Uomo? È l’uomo come lo ha pensato Dio, è Gesù. Noè è come Gesù. Cosa fece Noè? Niente di strano. Quello che fanno tutti gli uomini: mangiano, bevono, si sposano, comprano, vendono, piantano, edificano. È la vita quotidiana. Solo che nella vita quotidiana Noè costruì l’arca della salvezza, gli altri costruirono il diluvio. Fuor di metafora, Gesù sta dicendo: Noè ha fatto le stesse cose di tutti, ma con un altro spirito, con lo Spirito del Figlio dell’uomo, lo stesso Spirito di Gesù, lo Spirito del Figlio che si sente amato da un Dio che è Padre e che ama i fratelli, non con lo spirito della violenza e dell'egoismo. Cioè, il mondo è uguale per tutti. Ma noi possiamo vivere tutte le cose che facciamo e le nostre relazioni in modo o di ammazzarci gli uni gli altri e distruggere tutto, o vivendo con lo Spirito del Figlio dell’uomo, spirito di solidarietà, di condivisione, di amore, di fraternità, e allora si che viene il Regno di Dio. Dio interviene sempre non distruggendo, ma attraverso chi accoglie il suo Spirito di Padre. Il mondo va bene o va male: dipende da come noi gestiamo la nostra libertà. La vita spirituale non è stare tutto il giorno a pregare, ma vivere le cose materiali guidati dallo Spirito santo. A questo punto risultano chiare le parole di san Paolo come riassunto di tutto questo discorso: camminate secondo lo Spirito. La vita è un cammino, non si è mai arrivati. Ma aggiunge: non soddisfate i desideri della carne che sono contrari allo Spirito. Cosa vuol dire? La carne vuol dire la nostra fragilità, i nostri limiti, ma anche i nostri bisogni. Ci sono, siamo fatti così, va bene, e vanno soddisfatti, se no moriamo. Ma questi bisogni e desideri sono contrari allo Spirito del Figlio che ci fa sentire Dio come Padre e gli altri come fratelli quando vengono assolutizzati dal proprio egoismo: quel che conta è che sto bene io, gli altri sono funzionali ai miei bisogni, sto bene io e stan bene tutti. E no, dice Paolo, e lo ripete anche a noi: così facendo distruggo me come figlio, distruggo gli altri come fratelli, distruggo Dio come Padre, e viene il diluvio, non per colpa di Dio o mandato da lui, ma perché lo creiamo noi. Per questo Gesù ci chiama a celebrare l’eucaristia, per insegnarci e darci la forza di vivere in un modo nuovo le cose di tutti i giorni.