domenica 13 settembre 2020

III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI

Come spiegavo già le scorse domeniche, i vangeli di questo tempo dopo il martirio di san Giovanni sono scelti per aiutarci a rispondere alla domanda: chi è Gesù? Una domanda che emerge in modo evidente nel brano di oggi. Gesù aveva mandato i suoi discepoli ad annunciare alle folle quello che lui

aveva insegnato loro, e quando tornano, per capire se avevano insegnato bene, chiede loro cosa aveva capito la gente di lui: la gente chi dice che io sia? Se la gente ha capito vuol dire che voi avete spiegato bene e se avete spiegato bene vuol dire che anche voi avete capito chi sono io. E invece il risultato è così deludente da far cadere le braccia. Essi risposero: alcuni dicono che sei Giovanni il Battista, altri che sei Elia, altri che sei uno degli antichi profeti che è risorto. Tutti questi erano personaggi del passato, anche il Battista, che però parlavano di Dio in un modo ben diverso da come ne aveva parlato Gesù fino a quel momento. Come mai allora la folla pensava questo di Gesù? Lo scopriamo subito dopo, quando Gesù chiede ai suoi discepoli “ma voi chi dite che io sia?” e, a nome di tutti, risponde Pietro. Questo discepolo, lo sappiamo, si chiama Simone, e tutte le volte che dice delle stupidate, gli evangelisti lo chiamano Pietro, cioè crapone. Pietro risponde: tu sei il Cristo di Dio! Che, di per sé, non è una risposta sbagliata, almeno per noi, altrimenti non ci chiameremmo cristiani se non riconoscessimo che Gesù è il Cristo. Cristo è la traduzione in greco del termine ebraico Messia, e Messia vuol dire unto, consacrato, scelto da Dio come suo rappresentante. Il punto è che all’epoca di Gesù tutti aspettavano questo Messia, ma le sue caratteristiche erano quelle che avevano in mente Giovanni Battista, Elia e altri profeti. Il Messia rappresenta l’immagine di Dio che tutti hanno in mente quando pensano Dio: quell’essere superiore che governa il mondo, che può tutto, a cui ubbidire, che protegge, punisce o castiga a seconda di come ci comportiamo, a cui dover rendere conto. Che poi, lo ripeto sempre, è il Dio che si bestemmia o a cui si smette di credere quando ci si accorge che non fa quello che dovrebbe, perché, anche se può tutto, poi non interviene per fermare il male, e infatti tragedie, dolore, malattie e morte colpiscono tutti, buoni o cattivi. Per cui, anche gli ebrei, e anche Pietro e gli altri apostoli, vedendo Gesù, si aspettavano che egli fosse il Cristo rappresentante di un Dio fatto così. Di più, il Cristo di Dio, vale a dire quel figlio di Davide che avrebbe dovuto ripristinare il Regno di Israele con la forza di Elia cacciando i romani invasori. Questo è l’errore di Pietro che purtroppo, dopo più di 2000 anni, continuiamo a fare anche noi: attribuire a Gesù le caratteristiche che Dio, secondo noi, dovrebbe avere. Invece è il contrario: solo guardando e conoscendo Gesù noi possiamo capire chi è Dio. Per questo, quando Pietro gli dice: Tu sei il Cristo di Dio, Gesù letteralmente lo sgrida severamente e ordina a tutti di non dirlo a nessuno, non perché egli non fosse il Cristo, ma perché non è il Cristo che tutti aspettavano. Ecco spiegato il motivo per il quale la folla pensava che Gesù fosse uno dei profeti tornati in vita: perché Pietro e gli altri erano andati in giro a parlare di Gesù senza aver capito chi fosse veramente, creando dunque false aspettative. Per capire chi è Dio bisogna conoscere Gesù, e per conoscere Gesù non basta stare semplicemente con lui, come si dice all’inizio di questo brano: i discepoli erano con lui. No, per essere discepoli di Gesù non basta stare con lui, ma occorre mettersi dietro di lui e seguirlo. E sarà sulla croce che Gesù rivelerà il vero volto di Dio. Infatti Gesù conclude dicendo a Pietro e agli altri quello che gli sarebbe accaduto a Gerusalemme. Non sarebbe andato a Gerusalemme per riconquistarla, come tutti pensavano che avrebbe fatto il Cristo di Dio, ma per soffrire, essere ucciso e risorgere, mostrando così che Dio non è uno che comanda, che può tutto, che premia o castiga a seconda di come ci comportiamo o al quale rivolgerci per chiedergli di farci andar bene le cose come vorremmo noi, ma è uno che si mette nelle nostre mani, che accoglie, che perdona, che infonde il suo Spirito d’amore a tutti e chiede solo di essere accolto per trasformare il nostro modo di pensare e di vivere la vita, perchè se impariamo a pensare, a vivere e ad agire come Gesù realizziamo la nostra vita di uomini, diventiamo come Dio e siamo destinati a risorgere, a vivere per sempre. E’ questa la meravigliosa scoperta che porterà san Paolo (lo abbiamo ascoltato nell’epistola) a passare dall’essere un persecutore dei cristiani al riconoscimento che davvero Gesù era il Cristo, come disse Pietro, ma non il Cristo che tutti si aspettavano. Spesso noi usiamo il termine Cristo per parlare di Gesù facendo diventare questo termine, Cristo, come se fosse il cognome di Gesù, e andiamo avanti a dirci cristiani, cioè seguaci di questo Cristo, però la Parola del Signore di questa domenica ci provoca a chiederci, appunto, se abbiamo veramente capito cosa significa che Gesù è il Cristo, qual è il Dio nel quale diciamo di credere, e quindi cosa vuol dire essere cristiani.