lunedì 21 settembre 2020

IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO

Le letture delle domeniche dopo il Martirio di san Giovanni sono scelte per aiutarci a guardare ad alcuni aspetti del mistero di Gesù, e quindi a rispondere alla domanda: chi è Gesù? Domenica scorsa l’attenzione era rivolta al significato di uno dei titoli coi quali chiamiamo Gesù, ovvero il Cristo. 

Questa domenica è più difficile capire cosa tiene insieme queste letture bellissime e molto difficili, che parlano ciascuna di cose diverse e sulle quali potremmo rimanere molto tempo per spiegarle. Ma non è questo lo scopo di un’omelia, infatti ripeto sempre che è un guaio quando un cristiano esaurisce l’approfondimento della Parola di Dio accontentandosi dell’omelia. E allora, senza entrare nella spiegazione di ogni singola lettura, il filo rosso che le unisce è il tema del sacerdozio. Chi è Gesù? L’autore della lettera agli Ebrei, nel brano che abbiamo ascoltato, definisce Gesù “sommo sacerdote dei beni futuri”. Onestamente non è facile individuare questo tema anche nella prima lettura e nel vangelo che, in effetti, parlano d’altro, però non ho scelto io queste letture. Il testo di Isaia è struggente, implacabile, emozionante: un’accorata lamentazione del popolo di Israele in esilio che si rivolge al Signore riconoscendo le proprie iniquità e chiedendogli di ricordarsi di lui, facendo leva sul fatto che Dio lo aveva scelto come suo popolo, vale a dire, come si legge nel libro dell’Esodo, come regno di sacerdoti. Chi sono i sacerdoti? In ogni popolo, in ogni religione, i sacerdoti sono quelli che mettono in contatto gli uomini con Dio, perché sono in contatto col sacro, da cui la parola sacerdote. Israele è un regno di sacerdoti perché Dio si era rivelato loro, ma dai tempi di Mosè vi erano tra il popolo alcuni uomini deputati proprio a svolgere questo servizio, e qui ci colleghiamo con le parole della lettera agli Ebrei che descrivono i riti che svolgevano i sacerdoti nel Tempio di Gerusalemme. Essi entravano nella parte più interna del tempio, nel Santo dei Santi, dove era conservato quel che restava dell’Arca dell’Alleanza, e lo aspergeva col sangue degli animali per ottenere da Dio la remissione dei peccati ed entrare in comunione con lui. Ma questi riti, dice la lettera agli Ebrei, in realtà potevano esprimere solo il desiderio di entrare in comunione con Dio, ma erano inefficaci. Erano pratiche pie che servivano per preparare il popolo ad accogliere colui che solo avrebbe realizzato questo desiderio, cioè Gesù. In Gesù, nella sua umanità, Dio si è fatto carne: Dio non abita in un tempo, ma nella persona di Gesù, quindi è entrando in contatto con Gesù che entriamo in contatto con Dio, e questo è possibile non solo per Israele, ma per ogni uomo. Con Gesù, il cielo si è unito alla terra e la terra al cielo, per questo Gesù viene chiamato dall’autore della lettera agli Ebrei “sommo sacerdote dei beni futuri”, dove i beni futuri indicano il momento in cui gli uomini vivranno la piena comunione con Dio. Però, attenzione, Gesù di Nazaret era un laico, non era un sacerdote, non faceva parte della casta sacerdotale, anzi: proprio i sacerdoti furono tra i suoi acerrimi nemici, e questo perché, se la gente avesse creduto in lui, sarebbero finiti in cassa integrazione. Infatti, secondo Gesù, non c’era più bisogno di loro per entrare in comunione con Dio: per entrare in comunione con Dio bisogna passare attraverso di lui. Ecco allora perché Gesù viene definito sommo, eterno, vero, unico sacerdote, pontefice, dove la parola “pontefice” significa colui che fa da ponte tra il cielo e la terra. Il suo sacerdozio è una cosa completamente nuova. E così passiamo al vangelo dove Gesù afferma appunto che per entrare in comunione con Dio bisogna passare attraverso di lui, credere in lui, e credere in lui significa mangiare la sua carne e bere il suo sangue, quello che noi concretamente facciamo nel sacramento dell’eucaristia che stiamo celebrando. Ma non dimentichiamo che mangiare il suo corpo non si esaurisce nel cibarci dell’ostia consacrata, ma vuol dire assimilare il suo pensiero, la sua Parola, essere trasformati in lui, cioè vivere verso i fratelli il medesimo amore del Padre col quale ci ha amato Gesù, e bere il suo sangue vuol dire lasciarci guidare dal suo Spirito che ci dà la forza per diventare come lui, e quindi per entrare in comunione con Dio. Capite bene quali ripercussioni molto concrete abbia questo discorso, troppo spesso dimenticate, e che si riassumono nel fatto che col Battesimo Cristo ci reso tutti partecipi del suo sacerdozio, per cui siamo tutti sacerdoti e sacerdotesse, non solo i preti: per questo è meglio chiamare i preti non sacerdoti, semmai sacerdoti ordinati, perché sacerdoti lo siamo tutti. Tutti, uniti a Cristo, possiamo entrare in contatto con Dio. Nella Messa, il prete è colui che rende presente l’unico sacerdote, Gesù, perché tutti voi, me compreso, possiamo entrare in comunione col Padre attraverso Gesù, mettendo in pratica la sua Parola grazie alla forza dello Spirito santo. Vuol dire allora che la Messa non la celebra il prete, ma tutti, anche quelli che dormono o stanno dietro le colonne o nelle ultime file solitari per non essere disturbati o non farsi vedere. Vuol dire che se Gesù è sacerdote perché offre sè stesso al Padre con una vita di figlio che ama i fratelli, allora tutti i battezzati sono sacerdoti quando vivono l’amore verso i fratelli in ogni ambito dell’esistenza, facendo diventare tutta la propria vita un’offerta d’amore. Vuol dire che la comunione con Dio che una volta si credeva fosse possibile se, attraverso i sacerdoti, si offrivano sacrifici e si compivano certi rituali, con Gesù si realizza non con pratiche religiose o devozionali, ma accogliendo l’amore del Padre e riversandolo su coloro che incontriamo nel nostro cammino. Vedete come con Gesù cambia radicalmente il modo di vivere il rapporto con Dio. Il mio timore, accostando tanti battezzati e il loro modo di pensare, è che queste cose non siano per nulla chiare e che si viva il rapporto col Signore non da cristiani, ma nello stesso modo con cui lo vive ogni uomo non cristiano, ma che crede in Dio, e questo è un grosso guaio. Per questo la domanda chi è Gesù e se davvero io credo nel Dio che Gesù ha rivelato resta sempre attuale e ognuno deve porsela seriamente.