domenica 25 ottobre 2020

I DOMENICA DOPO DEDICAZIONE (Giornata missionaria mondiale)

Ancora oggi, quando si parla di missione, il pensiero va immediatamente ai missionari sparsi nel mondo per i quali, in particolare in questa giornata, siamo chiamati a pregare e a sostenere con le nostre offerte. Pregare perché, siccome molti di loro operano in paesi nei quali rischiano la vita, possano sempre

essere animati dalla forza dello Spirito santo. Sostegno economico per aiutarli nella realizzazione di tutti quei progetti di promozione umana che cercano di attuare. Purtroppo, vedendo come vanno le cose in molti paesi poveri nel mondo, viene da pensare che l’azione dei missionari abbia avuto finora ben poco successo: guerre civili, assassini, miseria, fame, migrazioni. Dopodichè, se apriamo meglio gli occhi, ci accorgiamo che in tutto il resto del mondo, diciamo quello occidentale in cui viviamo noi o comunque nelle cosiddette nazioni più ricche, non è che le cose vadano meglio, anzi, e sotto tutti i punti di vista. Se dovessimo fare l’elenco di tutti i problemi e i drammi che attraversano i nostri paesi, drammi economici, politici, morali, sociali, civili, ambientali, non la finiremmo più. Ma siccome parliamo di paesi dove la presenza cristiana nella storia, dall’Europa all’America fino alle nazioni dell’Asia più vicine all’Europa, è sempre stata massiccia e dominante, cosa dovremmo concludere? La stessa cosa: che evidentemente l’azione missionaria di tutti i cristiani, cattolici e non, ha avuto anche qui ben poco successo. E qui, attenzione, missionari siamo tutti, in particolare noi che siamo qui a Messa, e allora come la mettiamo? Non siamo meglio dei missionari sparsi nel mondo. E quel che è peggio è poi il fatto che a fare il male o a creare tutti i disastri di ogni ordine e grado, quindi a non vivere in coerenza col Vangelo, sono proprio coloro che si professano cristiani, o comunque, persone cresciute in una civiltà e in una cultura che dal cristianesimo è nata e si è sviluppata. Cristiani sono stati nella storia e sono ancora la maggior parte dei capi di governo, dei politici e agli industriali. Cristiani si professano anche i mafiosi che uccidono invocando la protezione della Madonna, anche i genitori che hanno fatto battezzare i figli e che quando i figli giocano a pallone li esortano a spaccare le gambe agli avversari; penso pure a tutte le forme di violenza a cui assistiamo (omicidi, stupri, femminicidi, atti di bullismo di tanti ragazzi), oppure al proliferare di forme di maleducazione, cattiveria, egoismo, indifferenza, razzismo che si insidiano striscianti tra di noi. Non lo si dice mai, ma chi sono i soggetti protagonisti di tutte queste brutture che capitano nei nostri paesi? Al 98% sono cristiani, non extraterrestri o extracomunitari. Cosa ne deduco da questi semplici dati? Che la missione non è qualcosa che riguarda solo alcune persone che vanno a portare senza successo il vangelo nei paesi dove il vangelo non è ancora arrivato, ma è qualcosa che riguarda tutti, ciascuno di noi e, visto come vanno le cose, vuol dire che quest’opera missionaria anche da noi non ha avuto molto successo. Missione vuol dire, letteralmente, essere mandati, non a quel paese, ma a svolgere un compito. La stessa parola “Messa” vuol dire questo: noi partecipiamo all’Eucaristia, e alla fine siamo mandati (andiamo in pace) a svolgere questo compito: vivere fuori di chiesa quello che qui abbiamo celebrato. Questa è la missione, questo è il compito affidato a noi, il compito della Chiesa. E cosa siamo chiamati ad annunciare e a testimoniare con la vita? Un modo di pensare, di vivere la vita, di vivere le relazioni, una visione del mondo, una cultura che nascano dal Vangelo. Ma questo è possibile man mano che la Parola del Signore fiorisce non negli altri, ma almeno dentro ciascuno di noi presenti qui a celebrare l’Eucaristia. Il cambiamento di una società comincia da ciascuno di noi. Sarà sempre come una goccia nel mare o, come diceva Gesù, come un piccolo granello di senape o un poco di lievito nella pasta, ma è da qui che bisogna partire. Gesù stesso, col suo insegnamento, con la sua passione, morte e risurrezione, non ha cambiato l’andamento del mondo, perché gli uomini prima di lui e dopo di lui sono sempre andati avanti non solo a compiere il bene, ma a fare del male, anche i suoi discepoli. Però c’è un però. “Ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso”: erano le parole finali del vangelo di oggi. Non commento le letture che abbiamo ascoltato, lo farò lunedì sera. Basti però questa promessa di Gesù. Lo Spirito santo che Gesù ha mandato è la potenza di Dio capace di far crescere questo seme quando uno lo accoglie, perché Dio agisce attraverso di noi, e siccome la sua forza è superiore a tutte le forze del male che le si oppongono, noi siamo chiamati ad accoglierlo. Se non noi, chi altri? Per esempio, in questo tempo segnato dalle sofferenze e dalle sfide procurate dalla pandemia del Covid che rischiano di portarci tutti ad entrare in una visione paranoica della realtà, diffondendo timori che possono portare a una corrosione profonda della salute mentale ed emotiva, cosa potremmo fare? Ce lo ha detto il Papa nella meditazione che fece nella deserta piazza san Pietro il 27 marzo, parole riprese nel suo messaggio in occasione di questa giornata missionaria mondiale: imparare ad andare avanti insieme, non ciascuno per conto suo, uscendo da sé stessi preoccupandoci dei bisogni del prossimo, vincendo la diffidenza e l’indifferenza, consapevoli che Dio non ci abbandona, che siamo pellegrini su questa terra, che la vita non finisce con la morte del corpo, perché Cristo è risorto, e dunque non esiste situazione nella quale non si possa sempre compiere il bene. Questo possiamo sempre farlo tutti. Invece di guardare le nostre paure, guardiamo Cristo e attingiamo dall’Eucaristia la forza per guardare a tutto il bene che ognuno di noi, uscendo di chiesa, può compiere ogni giorno, in casa e fuori casa. E così sia.